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Scrivere prima che il tè si raffreddi

La scrittura come centro del pensiero e delle attività di lavoro: il mio flusso flusso e la mia strategia

L'arte di organizzare la scrittura online

(Quello che segue è il saggio che ho scritto per il libro L'arte di organizzare la scrittura online (opens new window) di Debora Montoli)


Introduzione

Cerco di scrivere prima che il tè si raffreddi. Non saprei come altro dirlo e soprattutto non ho in mente una sintesi migliore per quello che faccio praticamente da sempre. Perché il problema è che scrivere è il mio lavoro, al punto che mi definisco (anche sul mio biglietto da visita) come una persona che "perlopiù scrive".

Qui serve una rapida premessa: per me scrivere è un modo per pensare. Come dice Paul Graham nel suo saggio Writing, Briefly, «Tieni presente che l'80% delle idee in un saggio nascono dopo che hai iniziato a scriverlo e il 50% delle idee con cui inizi sarà sbagliato». Ecco, mi specchio perfettamente in questo approccio. Tutte le attività che svolgo, siano esse di tipo giornalistico, di ricerca, di didattica o di pura creatività, passano attraverso la scrittura. Sono abbastanza vecchio da aver scritto un po’ anche con la macchina per scrivere e ho ancora centinaia di fogli dattiloscritti, oltre a un consistente numero di quadernini, pieni di pensieri, racconti, riflessioni, scritti con la biro, la penna a sfera o la stilografica. Tutta roba inutile, intendiamoci, ma è per dire che scrivo da molto tempo e che da trent’anni mi ci mantengo: pago l'affitto, faccio la spesa e mi compro i vestiti grazie a quello che scrivo.

Tutto questo potrebbe indurre però all'erronea conclusione che io abbia sviluppato un metodo coerente. Non è così. Il massimo che ho imparato è che bisogna scrivere prima che il tè si raffreddi. Cerco di spiegarlo meglio nelle righe che seguono.


Prima le decisioni, poi gli strumenti

Nel corso degli anni ho scoperto che molti strumenti digitali per la scrittura sono inutili e tendono anzi a mettersi di traverso tra me e quello che scrivo. Alcuni sono farraginosi, altri costosi, altri ancora introducono distrazioni, errori, perdite di tempo. Negli ultimi dodici anni ho smesso di scrivere su carta, anche se conservo uno scatolone pieno di taccuini. Oggi tutto quello che scrivo si trova sul mio computer e deve essere archiviato e cercabile. C’è un motivo, però.

Prima di decidere ho fatto un’analisi di come lavoro. Sono nella particolare situazione di scrivere sempre, molto, e da solo. Sono un battitore libero, il mio computer non è aziendale, e quindi mi è facile dividere il mondo in due: il mio computer e tutti gli altri. Ho deciso che quello che scrivo deve essere sui miei dispositivi. Ho scelto di usare il formato del testo semplice con un linguaggio di marcatura leggero (il markdown di John Gruber) e ho cominciato a dire molti no. Non voglio essere legato a uno standard o a un formato (Word, OpenOffice, Pages, WordPress) neanche per la gestione dei documenti (Dropbox, iCloud, Google Cloud, OneCloud, Box). Invece, voglio avere il controllo del contenuto e della struttura di quello che scrivo e voglio poter cambiare strategia, strumenti, flusso di lavoro, sistemi di archiviazione e gestore cloud. Riesco a farlo grazie al markdown.

Il vantaggio del markdown, nell'era di Unicode, è che si può fare praticamente tutto senza problemi di portabilità

In rete esistono infiniti tutorial su come funziona il markdown, per me il vantaggio è che si tratta sostanzialmente di documenti di testo semplice che, in questa che è l’era di Unicode, sono ottimi per quasi tutto. Se posso e se serve aggiungo le marcature strutturali (livello dei titoli, grassetto o corsivo, note e link) senza altre distrazioni. Il risultato è esportabile in tutti gli altri formati (Docx, Rtf, Odt, Pdf, Html, LaTex). In ogni caso, un file txt è sempre leggibile e comprensibile, anche se ha qualche asterisco e qualche hashtag qua e là.


Il flusso

Non ho sposato il markdown con leggerezza: come dicevo ci ho pensato parecchio. L'evoluzione del mio lavoro e la richiesta costante di produrre contenuti per siti online oltre che per altre pubblicazioni, nelle quali comunque non ho responsabilità stilistiche di impaginazione, mi hanno portato a selezionare strumenti di scrittura che mi dessero compatibilità ma anche libertà. Il 99% delle funzionalità di Word per me è perfettamente inutile. Una volta fatta la scelta è iniziato un periodo sorprendente di creatività che non è ancora terminato e che, spero, non terminerà mai. Anzi, è il vero punto di forza: poter cambiare modo di lavorare in maniera molto rapida.

L'approccio di flusso prevede che i dispositivi che utilizzo (iPhone, iPad, MacBook Pro, ma ci sono anche quelli di cui faccio le recensioni e i server sui quali ho degli spazi di lavoro) siano sincronizzabili e che i contenuti siano cercabili. Inoltre, ho scelto che deve essere il file system a fare da database. Poiché i documenti sono tutti file di testo, è facile ricercare qualsiasi informazione e non serve utilizzare software complessi o pesanti. Bisogna essere però ordinati e avere voglia di tornare spesso a rimettere a posto le cose. A me piace annidare le cartelle, distinguendo gli ambiti e facendo transitare i documenti da un contesto all'altro man mano che i lavori procedono. Poi dipende cosa faccio: la newsletter settimanale, il canale Telegram, gli articoli per il web (più veloci) o per la carta (più approfonditi), le raccolte di materiali senza un obiettivo immediato, gli appunti per scritture future, la pianificazione di progetti di medio e lungo periodo e la loro realizzazione.


Things, WorkFlowy e to-do-today

Raccolgo informazioni più che altro dal web e dalla posta elettronica (le mille newsletter che seguo). L’email mi fa anche da rubrica: ho molti contatti salvati nella mia rubrica ma la dark matter relazionale è contenuta nella mia casella di posta. Prendo appunti in modo molto disordinato, usando editor diversi. L’unica regola è che il file txt con gli appunti stia dentro la cartella del progetto a cui appartiene: una conferenza stampa, un viaggio, una riunione di dipartimento. Cerco di tenere un minimo di ordine usando delle bussole. Sono due: Things e WorkFlowy, che mi servono per salvare tipi diversi di cose da fare (il primo) o per organizzare lo scheletro di un particolare lavoro (il secondo); ma uso molto anche una sorta di canovaccio quotidiano con una lunghissima to-do list solo testuale: un file txt che ho chiamato (anni fa) “to-do-today”.

Lascio talmente tante pagine web aperte che quando devo recensire un computer questo è il mio stress-test preferito

Il mio mondo è visivo ma fatto di parole, non di immagini o di mappe mentali. Salvo tonnellate di link in documenti di testo raggruppandoli con vari titoletti che poi regolarmente mi dimentico, e lascio un numero imbarazzante di pagine web aperte. Seriamente imbarazzante, tanto che quando devo recensire un computer quello è il mio stress-test preferito (e tendenzialmente definitivo) per vedere se la macchina riesce ancora a funzionare. Invece, non produco o salvo immagini o disegni.

Mi ritrovo quindi con due o tre bussole: WorkFlowy, dove organizzo soprattutto la didattica universitaria e la scrittura long form, Things per gli impegni e le cose da fare a 360 gradi, la to-do-today list testuale per tenere alte le priorità e le scadenze (ad esempio, la scrittura di questo breve saggio). Invece, la mia agenda è fatta di ampi spazi vuoti interrotti da meno impegni possibile e con tempi delimitati (appuntamenti, interviste, lezioni, riunioni, cose di famiglia). Le pagine vuote dell'agenda sono gli spazi in cui mi faccio il tè e comincio a leggere (attività per me propedeutica a qualsiasi scrittura) e poi a scrivere.


Leggere per scrivere

Per arrivare a scrivere devo prima eliminare il rumore e creare uno spazio vuoto in cui pensare. Ho una routine per far fuori la posta il più velocemente possibile: prendo appunti su vari fogli di testo o apro link con Safari. L'inbox non deve avere mai un numero elevato di messaggi non letti. Guardo raramente l’icona della posta, ma quando lo faccio il numero che vedo deve dirmi qualcosa: se fosse in tripla o quadrupla cifra semplicemente non avrebbe senso.

Considero i gruppi su WhatsApp il male assoluto e, se potessi, ne farei volentieri a meno, preferendogli di gran lunga Telegram. Ma non sono un luddista

Guadagno tempo anche perché frequento pochissimo i social (non sono su Facebook, TikTok o Clubhouse, ad esempio) e, con il passare degli anni, finisce che scrivo per qualche ora di fila senza neanche guardare la posta. Per ottenere questo risultato ho una politica ferrea di zero notifiche; non fanno ping neanche gli sms. Se qualcuno mi vuole dire qualcosa aspetta che guardi i messaggi oppure mi telefona (e così succede). Considero i gruppi su WhatsApp il male assoluto e, se potessi, ne farei volentieri a meno, preferendogli di gran lunga Telegram; ma non sono un luddista e mi tengo anche WhatsApp. Non ho momenti specifici dedicati alla lettura di libri o saggi perché cerco di leggere sostanzialmente quando ho voglia: è l'unico modo per non ingolfarmi; tanto i libri li compro lo stesso e molti (tra i saggi) non li leggo mai per intero.

Scrivere mi richiede tempo anche perché devo lavorare per tornate successive. Ci sono tre tipi di cose diverse che scrivo: cose lunghe, cose brevi, cose frammentate. Per scrivere cose frammentate, come la mia newsletter (opens new window) che è un mosaico di piccole tesserine, la cosa migliore è non procrastinare: ogni volta che trovo una cosa che penso sia utile per la newsletter la salvo su un file di testo che si chiama Proxyma. Salvo un link, una frase da citare e un mio commento. Può finire indifferentemente sul canale Telegram (Mostly, I Write (opens new window)) o sulla newsletter (Mostly Weekly (opens new window)). Il sabato mattina mi riservo un paio d'ore per mettere assieme dentro il template della newsletter (un semplice file txt, ovviamente) i pezzetti raccolti durante la settimana e assemblo la newsletter in markdown che poi esporto (seleziono e copio come html) per inserirla nel cms di Tinyletter e spedirla la domenica mattina. Da Proxyma pesco anche le cose da programmare per la settimana entrante sul canale Telegram. Spunti e idee possono diventare proposte o idee per articoli, passaggi di saggi e cose del genere ma molto spesso quando finiscono sul canale o nella newsletter se ne vanno e mi lasciano la mente più leggera. La cosa che amo di più è togliermeli tutti dai piedi. Per farlo me ne occupo un pochino quasi ogni giorno e lo trovo liberatorio anziché essere faticoso.

Le cose brevi per me si fanno in apnea: il tè non è neanche pronto, figuriamoci se si fredda

Poi, scrivo cose brevi come gli articoli. Per questo tipo di scrittura di solito l’obiettivo è relativamente semplice: c’è una notizia relativa a temi sui quali scrivo da anni. Se c’è una intervista o una conferenza, appena finito scrivo l’articolo: mantengo sempre gli appunti in un file separato da quello dell’articolo e li conservo perché possono tornami utili in un altro momento (e spesso succede). Le cose brevi, comunque, per me si fanno in apnea: il tè non è neanche pronto, figuriamoci se si fredda.

Infine, per le cose lunghe, l’approccio è diverso. Ho scoperto che, almeno per me, non funziona archiviare materiale utili per il lungo periodo. Se si tratta di lezioni universitarie o progetti strutturati il lavoro può essere adattato e riutilizzato, certamente. Ma se si tratta di articoli e saggi, opero sulle idee pure e, quando ne trovo una che mi piace, parto per una full immersion di creatività cercando di buttare giù più veloce che posso la prima versione e poi comincio subito a sbozzarla. Cerco, leggo, prendo appunti.

In passato per i miei libri ho usato Scrivener, ma l'ho abbandonato quando la versione iPad è arrivata con cinque anni di ritardo

Se è un argomento breve lo scrivo direttamente (la scaletta per quello che devo scrivere se c’è è in fondo al file txt), se è una cosa più lunga la strutturo magari passando da WorkFlowy, che mi permette di gestire oltre alla didattica anche il long form. In passato per i libri ho usato Scrivener (a dire il vero anche per la gestione degli articoli) ma l'ho praticamente abbandonato quando lo sviluppatore ha mancato di cinque anni (!) la consegna della versione per iPad. Volevo usare l'iPad per la scrittura, Scrivener non è arrivato e il markdown si è rivelato la scelta perfetta per quello e molto altro, come ho scoperto dopo.

Non ho strumenti di scrittura tassativi (amo molto iA Writer, ma ce ne sono vari) perché il testo semplice e il markdown rendono liberi. Amo un certo tipo di impostazione “vuota” della pagina, se serve so configurare e usare Vim, utilizzo git per sincronizzare i file di testo e mantenere copie di sicurezza, storico delle versioni e gestire eventuali conflitti con diff.


Il bisogno aguzza l’ingegno

Mentre scrivo queste righe, mi rendo conto che sto suggerendo che il mio sia un approccio minimalista e un po’ hipster. L’iPad “a prova di distrazione”, i file txt, il sito web statico che si sincronizza via git senza un cms o un database, iA Writer e Vim. L’approccio “artigianale” alla newsletter. In realtà, sono troppo vecchio per tutte queste cose. Da un lato ho solo cercato di tenermi aggiornato e dall’altro di eliminare più confusione e distrazioni che potevo. Ho cercato di lavorare in prospettiva, scegliendo formati e tecnologie per il lungo periodo. La realtà però è che le scelte che ho fatto sono state dettate dai miei bisogni più che da un ideale astratto di minimalismo.

Prima della pandemia, per venti anni ho viaggiato molto per lavoro, tra Europa, Asia e America. L’iPad e la sincronizzazione rapida rispondono a esigenze molto ben individuate: batteria di lunga durata, apparecchiatura resiliente e sincronizzazione dei dati con il minimo di banda per abbattere i costi di trasmissione, magari evitando di essere filtrati dal Grande firewall cinese (che blocca i cloud occidentali più diffusi ma di solito non git). E tutti i documenti devono poter essere aperti ed editati da qualsiasi mio strumento, anche di fortuna: basta che si connetta alla rete e possa accedere al repository.

La parziale mancanza di social e soprattutto l’azzeramento delle notifiche è la strategia con la quale faccio spazio ai tempi fisiologici delle scritture

Ho deciso di non voler restare prigioniero di servizi a pagamento che impongono un lockdown tecnologico e al tempo stesso essere libero di cambiare il mio flusso di lavoro se entra una nuova opportunità. Mi diverte e mi stimola. L’organizzazione lean basata su una struttura di cartelle direttamente sul file system per l’archiviazione di tutti i documenti, la posta nel cloud e i contenuti prodotti e conservati in formato txt sono la mia terapia. La parziale mancanza di social e soprattutto l’azzeramento delle notifiche è la strategia con la quale faccio spazio ai tempi fisiologici delle scritture: uso il termine al plurale perché, come dicevo, sono diverse tra loro.


In futuro

Negli ultimi anni ho iniziato a lavorare al progetto del mio digital garden, organizzando nel mio sito personale antoniodini.com saggi e articoli, idee e progetti vecchi e nuovi. Non voglio usare uno strumento come Roam Research o Notion o un wiki, neanche se è open source, per non rimanere bloccato all’interno di un formato o una struttura dei dati (e metadati) che poi sia difficile (o impossibile) da abbandonare. Preferisco usare file txt scritti in markdown con poche righe di frontmatter per definire il tipo di pagina e le relazioni.

In futuro, voglio integrare ancora di più i miei appunti, la scrittura della newsletter e del canale Telegram assieme all’arricchimento delle sezioni del sito in modo tale che il mio ambiente di scrittura sia sempre più essenziale e pulito: una pagina grigio-chiaro, come quella che ho davanti in questo momento sull’iPad, in cui sia importante solo quello che scrivo. Un testo liquido che esce di getto, in maniera grezza, che poi pulisco e rifinisco sino a quando sono soddisfatto, cioè sino a che non si è cominciato a freddare il tè: a quel punto lo pubblico con un singolo comando e poi posso pensare ad altro: a bere il tè, per esempio.

(scritto ad agosto 2021)