[Mostly Weekly ~141]
The Link Edition (part one)
A cura di Antonio Dini
Numero 141 ~ 14 novembre 2021
Benvenuti a The Link Edition (part one) di Mostly Weekly, la newsletter settimanale che esce quando è pronta.
Dunque, questo numero di Mostly Weekly è particolare perché è stato un periodo intenso e complicato da un lato, e dall'altro si è accumulato un enorme arretrato di cose più o meno lette da ridistribuire. I motivi di questo ingorgo sono due: il formato di Mostly Weekly con pochi ragionamenti lunghi anziché tante piccole news, che richiedono più tempo per essere composti e non aiutano a distillare e filtrare i contenuti arretrati in tempi rapidi, più il casino di altre cose da fare (ma anche a voi questo settembre-ottobre-novembre sembra una combinazione tipo gancio, gancio, montante, gancio, gancio, montante?). Quindi, questa domenica e penso anche per qualche altra che seguirà si torna a una forma più snella e veloce (per me ma anche per voi, spero) così smaltisco l'arretrato e la notte coltivo uno dei miei hobby preferiti: dormire.
Ricordo che Mostly Weekly è aperta a tutti, senza pubblicità o affiliazioni. Volete contribuire? Mandatela a un amico, iscrivetevi al canale Mostly, I Write (opens new window) ma soprattutto, rendetemi un uomo spropositatamente ricco con una donazione epica qui su PayPal (opens new window).
Intanto, buona lettura.
Ah: gli scacchi, come non li avete mai letti (opens new window).
A developed country is not a place where the poor have cars. It’s where the rich use public transportation
-- Gustavo Petro
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Editorialogica
E che dire di Paolo Marini, animatore della galleria l’Indiano, fondata da Ottone Rosai e Piero Santi, scrittore e critico d’arte gay? Carlo Lapucci nel suo Busti equestri (opens new window) lo definisce «uno scorbellato» che a differenza dello scoglionato può essere educato e colto ma nel contempo capace di invettive e parolacce. Amareggiato per l’indifferenza della città nei confronti delle iniziative anche geniali della sua galleria, frequentata tra gli altri da Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia, Marini ogni sera «scendeva dalla galleria fin sul portone che dava in piazza dell’Olio e ripeteva il suo rito: guardando la gente che passava, diceva con quanta voce aveva: “Che città di merda”». Devo procurarmi 'sto libro, come self help. Perché quando sostengo che Firenze è “culla dell’arte e tomba degli artisti” (che è un famoso modo di dire che qualcuno attribuisce a Ottone Rosai, ma non ho ancora trovato il passo a conferma) ho il fuoco di sbarramento.
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Importante
Dovrebbe essere evidente per tutti, ma ripetiamolo: forse è stata la pandemia (opens new window), forse sono i lavori del cavolo (opens new window) o sottopagati (opens new window), forse la grande ondata di dimissioni (opens new window), forse l'idea di lavorare da casa trasferendosi in campagna o in posti fuori mano (opens new window) soprattutto per attività che lo consentono (queste (opens new window)), ma nell'arena mondiale mai come adesso ci sono nazioni con alta qualità della vita e fusi orari favorevoli che possono sfruttare il crollo del centralismo statunitense: si può lavorare anche da altri posti, insomma. Uno studio serio (opens new window).
Credo in un tipo di economia in rete che si basa sulle donazioni, non sulla monetizzazione degli utenti. Per questo pago ad esempio Wikipedia, che uso molto spesso. La loro politica per ottenere finanziamenti è semplicemente oscena (opens new window). Però mi hanno fatto imparare un po' di cose sui trucchi scorretti che vanno evitati. Buuu.
La velocità con la quale le piattaforme vincono tutto è proporzionale alla velocità con la quale possono perdere se non tutto almeno molto. Il caso di YouTube, che domina ma viene messo fuori gioco da Patreon, che sta costruendo la sua piattaforma video per fare da sé (opens new window) è quasi da manuale.
Ho un rapporto di amore odio con Pinterest. Da un lato lo trovo un'idea geniale, semplice, efficace, che permette di trovare tante immagini e farle proprie. Dall'altro, sembra che vogliano mettere tutto l'attrito possibile nell'uso del servizio (opens new window): le immagini si vedono solo come vuole Pinterest, scaricarle è un casino, l'interfaccia del sito e delle app è demenziale, le email estremamente push, i suggerimenti al limite del pornografico (declinato a seconda dell'oggetto cercato) e adesso anche i risultati delle ricerche popolati di immagini prese da Pinterest tanto che c'è gente che scarica il plugin per Chrome (opens new window) che lo filtra completamente. Che strana storia.
Suggerimenti per un migliore posto di lavoro (e non solo). Ad esempio, cercate di mettere del contesto nelle vostre richieste (opens new window) altrimenti la gente chiamata dal capo senza sapere il perché va in paranoia.
Interviste di lavoro e soft skill: sono da preferire quelle fatte in modo conversazionale (opens new window) e non a domande secche, e ricordando che i colleghi migliori del futuro gruppo di lavoro non sono necessariamente quelli bravi ma quelli che sono più affidabili e amichevoli (opens new window). L'idea che il lavoro non debba essere una corsa super-competitiva si sta forse facendo largo nella testa della gente?
Un po' di tempo fa, intervistando alcuni giovani candidati per un master dove insegno, salta fuori che non sanno usare una struttura organizzata per distribuire i propri dati tra cartelle e documenti: è qualcosa che ha a che fare con le crescenti astrazioni e la semplificazione estrema nell'organizzazione dei contenuti. Qui però c'è un lungo excursus (opens new window) sul perché si possa creare una migliore organizzazione dei documenti usando le etichette e non la struttura ad albero. È tecnico ma comprensibile e una lettura interessante.
Yamato
Shōji (障子)
Questa settimana per il nostro dizionario tematico di giapponese la parola viene dal lessico dell'architettura: shōji (障子), cioè il divisorio scorrevole che si trova nelle case tradizionali giapponesi. Può essere una porta, una finestra, un tramezzo che divide una stanza. Non va sbagliato con il byōbu (屏風) letteralmente "parete del vento" che sarebbe poi il nostro "paravento", sottolineando così che l'etimologia è la stessa, oppure con il fusuma (襖) vale a dire il pannello verticale che scorre per ridefinire la struttura delle stanze ed ha dimensioni complementari al tatami (畳), la stuoia di paglia che sta sul pavimento e che ha una larghezza di 90 centimetri e una lunghezza di 180 (che nel caso del fusuma diventa altezza).
Sia lo shōji che il fusuma sono sottili divisori di carta traslucida di riso ed entrambi possono essere decorati con dipinti o disegni naturalistici o astratti, oppure stampe stilizzate. La differenza tra i due è nelle dimensioni e soprattutto nella funzione, perché il meccanismo di attuazione (cioè due binari di legno posti sul pavimento e sulla trave che li ospita e che permette loro di scorrere: il binario superiore si chiama "architrave", kamoi (鴨居, letteralmente "luogo delle anatre selvatiche"), mentre il binario inferiore si chiama shikii (敷居, soglia) e sono trattati con cera per facilitare lo scorrimento del telaio anche se oggi si utilizza di solito una striscia lubrificante in vinile.
La stanza tradizionale giapponese, che si chiama washitsu (和室) è definita da questi elementi: i tatami sul pavimento e le porte, finestre e pareti scorrevoli che servono a ridefinire gli spazi a seconda della funzione. La stanza giapponese è creata anche con pochi altri elementi funzionali e stilistici: dalla nicchia con il tempietto o l'alcova rialzata chiamata tokonoma, (床の間) al futon (布団) sul quale riposare e da far scomparire nell'armadio (creato con un'altra shōji). È un ambiente semplice, ha però regole complesse sia di etichetta che funzionali per consentirne il "multi-uso". L'idea è in fatti quella di poter cambiare, a seconda dell'ora, la destinazione della stanza in maniera ordinata e al tempo stesso pragmatica.
Eventuali
Parliamo di Tokyo. Com'è strutturata la metropoli giapponese (opens new window), quali sono le conseguenze e i vantaggi delle scelte che sono state fatte come ad esempio privilegiare il trasporto pubblico su ferro alle automobili o autobus. (in più, i posti belli (opens new window) a Tokyo e perché i grattacieli stanno passando di moda (opens new window)).
Due fotografi negli anni Quaranta hanno creato una specie di capsula del tempo con le immagini di come erano le grotte buddiste dell'epoca, ancora oggi esistenti: sono le Mogao Caves. James e Lucy Lo hanno catturato però un ambiente antico e sconosciuto ai più in tremila immagini che stanno venendo per la prima volta pubblicate (opens new window).
La proprietà intellettuale, aka i brevetti. Che cosa strana. Questo sito (opens new window) racconta la storia e mostra gli indicatori principali delle più grandi aziende internazionali relativamente alla loro strategia per i loro pacchetti di intellectual property.
Il meccanismo di funzionamento delle carte di credito è tutt'altro che ignoto, ma le nuances, i trucchetti e le novità sono sempre affascinanti: come fanno a fare i soldi (opens new window) le carte di credito.
Intelligenza artificiale: attualmente sembra che tutto quel che succede sia fatto da GPT-3 di OpenAi ma in realtà non è così: la competizione dei cinesi (CPM), coreani (HyperCLOVA), israeliani (Jurassic-1) e della coppia Nvidia-Microsoft (Megatron-Turing NLG) si è fatta dura e forse ha superato GPT-3. Qui il racconto di questa fase del mercato (opens new window).
Detto in modo estremamente breve: l'impero romano è crollato, le newsletter no. Dave Pell, che si definisce modestamente il direttore di Internet, spiega sull'Atlantic perché le newsletter sono la vera kill application (opens new window).
Vi siete mai chiesti perché gli articoli del Post non sono firmati? Beh, c'è una spiegazione (opens new window), e non è che non vogliono dire chi sono a fare il Post perché c'è la lista online (opens new window).
In Canada si parla molto in questi giorni di Marjorie Stetson (opens new window), 97 anni, durante la guerra sergente dei servizi di radioascolto, che per la prima volta ha spiegato quali fossero le sue mansioni top secret durante il conflitto: intercettare le comunicazioni dei giapponesi.
Multimedia
Una lezione di fenomenologia musicale (opens new window) tenuta da Sergiu Celibidiache. La pensavamo perduta ma è fondamentale, molto bella, e soprattutto a partire dal ventiquattresimo minuto espone la tesi della non registrabilità della musica. Ogni registrazione, di qualsiasi tipo, è una artefazione. Quindi inutile cercare la verità ma casomai la maggiore adeguatezza allo scopo. Il resto è solo hispterismo e polemica fine a se stessa. “Ascoltare un disco è come andare a letto con una foto di Brigitte Bardot”.
Tom Petty era una macchina per le hit. In questo documentario gratuito su YouTube (opens new window), reso possibile dal fatto che l'anno scorso sono state ritrovate un po' di bobine di film 16mm nell'archivio dell'artista scomparso il 2 ottobre 2017, si vede il processo creativo di Tom Petty durante la registrazione di Wildflowers. Petty è la chitarra acustica e la voce di questa versione di While My Guitar Gently Weeps (opens new window) che è la canzone live con uno dei solo di chitarra più belli che abbia visto e sentito: mi riferisco a quello leggendario di Prince ovviamente.
La straordinaria esperienza di come si facevamo le mappe una volta (opens new window): meglio che veder girare un'auto a guida autonoma con le telecamere sul tetto.
La storia dello Unix di Apple, cioè A/UX, nato più di trent'anni fa, raccontata da This Does Not Computer (opens new window), che è uno dei canali su vecchie cose Apple (e non solo) che mi piacciono di più. È frustrante che da noi non ci siano cose paragonabili se non pochissime come MVVblog (opens new window) (non scherzo eh).
Tsundoku
Desperate Characters (opens new window) del 1970 cioè da noi Quello che rimane (opens new window) è un gran libro di Paula Fox. È il libro che Jonathan Franzen ha riportato all'attenzione pubblica negli anni '90 (l'introduzione all'ultima edizione è stata scritta da lui). È un libro aspro, esilarante e soprattutto non si legge come un libro di cinquanta anni fa. E poi, ritrovare la Brooklyn degli anni '70 è delizioso, anche e soprattutto avendo una buona idea di in che cosa si è trasformata oggi. Paula Fox, in generale, è una scrittrice grandiosa. Dovrebbe essere tradotta e finire sui vostri scaffali.
Train Dreams (opens new window) di Denis Johnson è un romanzo notevolissimo, di quelli che veramente fai fatica a dimenticare. Per qualche motivo mi ero completamente perso i suoi primi romanzi. Forse erano difficili da trovare dieci anni fa, o io leggevo solo altre cose, non so. Di recente è riemerso anche Angels (opens new window), del 1983, e cavolo se Johnson non è uno colpisce duro. Voglio dire, è il primo romanzo ed è totalmente a se stante, ma fa impressione vedere quanto del Johnson più maturo sia già presente. Noto per i suoi ritratti dei diseredati d'America, Johnson mette in scena fuochi d'artificio letterari, giochi pirotecnici, un'idea completamente sballata di viaggio "on the road" e una arguzia e una metafisica personale che sfidano il mondo.
Le autobiografie, anzi i memoirs, questo genere abusato e spesso inutile, costruito per vanità e narcisismo. Invece The View from Breast Pocket Mountain (opens new window) ha una storia da raccontare: è la vita di Karen Hill Anton, una donna nera di Harlem che è partita e ha fatto l'autostop in giro per tutta l'Europa quando aveva venti anni e con un bambino al seguito in quanto madre single. Poi si ferma a Londra, si stabilizza per alcuni anni, ma poi decide di ripartire in auto, con il compagno, e parte per una traiettoria incredibile sempre in auto da Londra attraverso l'Europa, l'Europa orientale, l'Afghanistan. Da qui in aereo fino al Giappone, dove va a vivere in campagna, senza passare da nessuna grande città, e dove è rimasta crescendo i suoi quattro figli negli ultimi quattro decenni. Karen è una grande scrittrice e una persona estremamente sensibile, piena di compassione per il prossimo (pietas, letteralmente) e spirituale, per quanto sia anche forte e piena di risorse: la sua storia di vita è incredibile e benedetta, nel senso letterale della parola. Sembra infatti che ci sia una serie di interventi dall'alto che aggiustano le cose, indicano le direzioni, cambiano la traiettoria, danno un senso. Strano, molto strano. Anche la Paula Fox di cui sopra ha scritto un memoir notevole, anche se legato a una vita "più convenzionale" (ma anche no, dai). Si intitola The Coldest Winter (opens new window) e racconta i viaggi della Fox subito dopo la guerra nell'Europa appena liberata, passando da Londra, a Varsavia, a Parigi, a Praga e a Madrid. Scritto nel 2005, non so se sia stato tradotto.
Coffee break
Mostly Weekly è una newsletter libera e gratuita per tutti. Se volete supportare il tempo che passo a raccogliere e scrivere le notizie, potete farlo mandandomi proprio dei soldi direttamente su PayPal (opens new window) (che detto così sembra quasi un "in alto le mani, questa è una rapina", però vabbè ci siamo capiti).
Al-Khwarizmi
Anni fa, prima di prendere un aereo per San Francisco, parlavo con un amico programmatore che mi diceva: perché non facciamo un'app assieme? Fatti venire un'idea, ad esempio, quello che vorresti usare per te. Ecco, questo ragazzo sta per avere un figlio e ovviamente ha fatto un'app gratuita per la scelta del nome del nascituro: Nom de Bébé (opens new window) però è molto furba perché usa la metafora dell'incontro (dopotutto il padre e la madre vogliono incontrare il nascituro grazie al parto) giocando sugli swap e l'interfaccia alla Tinder. Fico. Ma si sa, la gente ha buone idee. In passato aveva scritto quest'articolo interessante (opens new window) su come costruirsi un generatore di siti statici minimale.
Dai facciamolo, costruiamo questo maledetto sito web a bassissimo consumo: low-tech alla grande (opens new window). Ci sono così tante cose che potremmo dire, a partire dal fatto che bisogna cominciare a scrivere siti e codice migliori, più leggeri, più pensati e più deliberati. Lo sapete no che i siti hanno pagine fin troppo pesanti (opens new window) (pesate la vostra qui (opens new window)) e che un processore consuma un sacco di energia (opens new window)?
Non resisto, ci sono ricascato e perdo tempo: ma mi sto divertendo molto a scrivere via SSH direttamente dal terminale usando micro (opens new window) una connessione remota che punta a uno dei Raspberry Pi che ho in casa da dove sincronizzo con git tutto, anche Mostly Weekly. Ora mi metto a studiare qualche automazione: ci sono cose interessanti a disposizione a partire da questo W86 (opens new window) o soluzioni per la configurazione automatica di server (mi piace l'idea di provare Ansible (opens new window) giocando su piccoli cluster di Raspberry Pi ad esempio). Più in generale, se astraiamo un attimo, il tema della configurazione automatica dei dispositivi è interessante: lo sta affrontando in questo Apple che ha appena lanciato la sua offerta cloud per le piccole e medie imprese Apple Business Essentials (opens new window).
Perché, anziché twittare, non scrivete qualcosa su una pagina web (opens new window)? Magari un blog? Sto evitando di scrivere di Facebook & C. più che posso, ma mi pare evidente che stiamo andando nella direzione di una forte discontinuità rispetto agli ultimi quindici anni di "onlife" (opens new window) (c'è chi dice (opens new window) che dovremmo anche far fuori l'html), e questa discontinuità che Mark Zuckerberg sta cercando di cavalcare con il metaverso e il cambio di nome potrebbe essere la fine di tutti i social (opens new window) per come li conosciamo. Forse (opens new window).
Secondo me l'idea di metaverso così come sta iniziando a prendere forma è sbagliata, destinata al fallimento e pure antipatica (non sono l'unico a pensare: guardate qui (opens new window)). Ce ne sono altri che già vivono e lottano assieme a noi, fatti sempre da colossi: un esempio è Minecraft (opens new window).
Una app iOS open source per viaggiare: Hewell (opens new window) raccoglie le cose interessanti attorno a noi man mano che ci spostiamo attingendo a Wikipedia e WikiData. Una specie di guida virtuale in sedicesimo.
Nomi sbagliati. Così come "serverless" non vuol dire che funziona senza un server, così "no-code" non vuol dire che non si scrive più codice. O che i container non siano macchine virtuali. O che l'intelligenza artificiale in realtà non sia altro che un sistema esperto. Tanto per saperlo, eh.
Permettetemi un rantolo: i due Mac che uso (mini e portatile) hanno entrambi Monterey. Che ha cambiato una delle scorciatoie di tastiera che usavo più spesso: mela-shift-;
, ora diventata mela-è
. Sto lottando contro quasi trent'anni di memoria muscolare. Maledizione. E scusatemi i refusi.
Una modesta proposta
Per il mio sito (Mostly Here) non uso cookie o altri meccanismi per spiare i visitatori, ma raccolgo comunque dati anonimi in maniera corretta (lo spiego qui). Lo faccio in maniera saltuaria usando Plausible, che a quanto pare è stata una buona scelta perché i ragazzi stanno esplodendo (opens new window). Ironicamente, tuttavia, il mio Pi-hole (opens new window) di default blocca il loro sito.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.
“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
END
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