[Mostly Weekly ~95]

Meditate, gente, meditate...


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A cura di Antonio Dini
Numero 95 ~ 27 dicembre 2020

I always believed that if we only have this one life, then let's experiment with it
-- David Bowie


Ci siamo, ecco l'ultimo numero di Mostly Weekly per il 2020. Io sono Antonio Dini e voi vi siete davvero iscritti a questa newsletter. Mostly è aperta a tutti, senza pubblicità o affiliazioni: una donazione via PayPal (opens new window)) tuttavia è molto apprezzata. Ci sono già alcune decine di lettori che lo fanno (grazie!) pagando un caffè alla settimana o giù di lì, e questo permettete a tutti di leggere Mostly Weekly gratuitamente. Per favore, supportate il mio progetto! Intanto, buona lettura a tutti.


Consigli per le vacanze
Anime sofferenti e tormentate (voi sapete chi siete), vi avverto: bisogna vivere nel momento presente. Ve lo dice uno che ha vissuto quasi tutta la sua vita nel presente sì, ma di un'altra realtà, a cavallo tra passato e futuro; lo so che è più facile dirlo che farlo, ma qualcuno deve pur dirlo, no? Ecco perciò cinque consigli per me stesso e magari anche per qualcuno di voi: 1) praticare una delle tante forme di meditazione possibili, che può anche essere la preghiera cattolica (perché no), con l'obiettivo di diventare consapevoli del vostro pensiero come elemento a se stante, cioè per trascendere guardandolo da fuori; 2) praticare il "memento mori", ricordarsi cioè che tutti moriremo, per accettare la morte e spegnere così il fuoco dell'ansia; 3) praticare la gratitudine, perché ci sono cose piccole ma estremamente importanti nella nostra vita che dovremmo ricordare e di cui essere sempre grati; 4) praticare il minimalismo, per ridurre le distrazioni e usare solo quel che serve nel momento presente; 5) "essere nella zona", perché quando si fa qualcosa bisogna "entrare nel flusso" per cancellare l'ego e vivere nell'attimo presente, inconsapevoli del tempo che passa. Finito, facile no?


La brutta malattia di Google e AWS
La cultura aziendale e le scelte di base creano conseguenze che possono essere travolgenti. Prima Google e adesso AWS, ad esempio, hanno sposato una cultura interna in cui viene promosso chi produce qualcosa di nuovo ed eccitante. Cioè, un giovane ingegnere software che viene assunto fa carriera se progetta e propone nuovi prodotti e nuove funzionalità, a prescindere dal fatto che nel medio periodo funzionino. Questo approccio, viene spiegato (opens new window), fa leva sull'avidità delle persone (farsi notare, fare carriera) per spingerle a generare più innovazione monetizzabile. È un po' la fase due di quello che faceva Google 15 anni fa, quando assumeva tutta gente con il dottorato di ricerca e gli dava il 20% del tempo lavorativo (opens new window) per progetti personali. Il banco, cioè l'azienda, vince in ogni caso, perché se poi l'innovazione non funziona, la si soffoca nella culla (la tradizione di Google) o la si lascia deperire in un angolino (AWS non stacca mai la spina a niente). Se invece l'innovazione funziona, a vincere è sommamente l'azienda. Tuttavia, ci sono due problemi: il primo è che così facendo si accumulano idee del piffero, per niente produttive, destinate solo a fare rumore e rendere l'offerta commerciale un delirio; il secondo è che nessuno (soprattutto se bravo) vuole occuparsi di migliorare i prodotti software esistenti, perché non viene promosso e non fa carriera, cioè in ultima analisi non guadagna di più e quindi non diventa ricco. Inutile tirarla per le lunghe: secondo me questa è una spiegazione credibile del perché la qualità complessiva di software e servizi dei big del cloud tenda a declinare. Ed è un vero problema.

Fan Ho de noantri
Il Fan Ho de noantri -- Foto © Antonio Dini

Errata-corrigeologica

Buongiorno sig. Dini, Sono un affezionato lettore della sua newsletter, le scrivo perché credo vi sia un errore quando parla degli anioni: penso che lei faccia riferimento alle particelle che in italiano si chiamano "qualunquoni (opens new window)". Gli anioni esistono, ma sono gli ioni con carica negativa, opposto dei cationi.

vero, sorry


Antonio, il link al video della teiera non porta dove dici. porta ad un sito che traccia la posizione del cursore sulla finestra del browser per poi piazzare un foto nella quale il dito delle varie persone che appaiono (opens new window) corrisponde alla posizione del cursore.

vero (opens new window)


Grazie per questo nuovo, delizioso numero. Trovo che la tua newsletter sia un unicum in Italia perché unisce cultura tecnologica, sapere enciclopedico e visione internazionale, in maniera originale e mai stucchevole. Avrei solo un piccolo desiderio per le prossime uscite: l'uso di un corpo carattere un po' più grande, essendomi reso conto che da smartphone la lettura diventa presto faticosa per me 😦 Ho pensato che la dimensione del carattere possa essere legata alla lunghezza dei testi, ma probabilmente c'è qualche altra ragione che mi sfugge 😉


Sono vivo e lotto assieme a voi contro i template microscopici di tinyletter: quando trovo qualcosa che mi piace migro a un altro sistema di email che sia ottimizzato tra le altre cose anche per la lettura su smartphone. Siate pazienti e perdonatemi.


Importantologica

How you can mend a broken heart
Il film del mio pomeriggio di Natale è stato un documentario notevole: The Bee Gees: How Can You Mend a Broken Heart (opens new window) prodotto da HBO. È la storia dei Bee Gees, gruppo del quale sapevo in effetti poco, e diretto da Frank Marshall, che è un peso massimo della generazione di Steven Spielberg (assieme al quale, e alla moglie Kathleen Kennedy, ha fondato la Amblin Entertainment, roba grossa insomma). Il documentario è costruito attorno alle interviste fatte all'unico fratello sopravvissuto, Barry Gibb, e a materiale di archivio con Maurice e Robin, oltre al fratello solista più giovane Andy, più tutti i collaboratori dei fratelli Gibb, pezzi di storia (come l'Atlantic, fondata da Ahmet Ertegun) e ospiti che spaziano da Eric Clapton a Chris Martin, Noel Gallagher e Justin Timberlake. Se devo portare via una frase dal documentario, è quella del produttore Robert Stigwood, che li gestiva: "Non puoi negare il talento. E nel loro caso era così ovvio". Stigwood era l'uomo che ha gestito anche Eric Clapton, responsabile a sua volta di aver dato l'idea ai Bee Gees per rilanciare la loro carriera anni dopo, suggerendo loro di fare R&B, che poi (assieme alle produzioni Soul fatte da Arif Mardin, che è anche il creatore delle armonie in falsetto dei Bee Gees) è diventata Disco Music (opens new window) e quindi il principale motivo per cui i tre fratelli così bravi ad armonizzare le loro voci sono in realtà famosi. Una nota per il loro più grande successo, cioè la colonna sonora della Febbre del sabato sera, il film di John Travolta ispirato da un articolo del New York Magazine del 1976, cioè Tribal Rites of the New Saturday Night (opens new window) (da leggere), scritto dal giornalista-icona britannico Nik Cohn. La nota è questa, vent'anni dopo, nel 1996, Cohn ha allegramente ammesso di essersi completamente inventato la storia del suo scritto. Un articolo che (opens new window) "in nessun modo oggi potrebbe sfuggire ai controlli" e che invece un tempo ce l'avrebbe fatta perché all'epoca, "negli anni '60 e '70, il confine tra realtà e finzione era sfocato". Solo su questa spigolatura ci starebbe un bel discorso sull'evoluzione dell'informazione e sul peso di quel giornalismo "gonzo" e letterario praticato nel dopoguerra da colossi come Tom Wolfe, Gay Talese, Truman Capote, Hunter S. Thompson e Norman Mailer di cui Cohn è l'ultima ipostasi: da noi di quel mondo ce n'è poca o nessuna traccia.

Il documentario: quasi due ore di visione ritmo, di musica, di storia ben scritta, divertente e triste, come ogni storia che si rispetti. Mancano certamente molte cose (soprattutto gli eccessi e gli abusi) e su altre si sorvola, ma c'è intensità e un fondo di verità: è un viaggio nella memoria per consentire al regista di raccontare una narrazione che interamente pochi sapevano, e rimettere così a posto un pezzettino di storia della musica e della cultura popolare.

Jeff Bezos (di nuovo) contro Elon Musk
Il progetto Kuiper (opens new window) di Amazon ha completato lo sviluppo iniziale della sua antenna phased-array in banda Ka per i suoi terminali. L'antenna si basa su una nuova architettura e può fornire una banda larga ad alta velocità e bassa latenza in un fattore di forma più piccolo e leggero rispetto agli attuali modelli di antenna. È in grado di fornire velocità fino a 400 Mbps, con Amazon che promette prestazioni migliori nelle versioni future. L'antenna è stata difficile da sviluppare a causa dell'ampia gamma di frequenze che deve coprire. Amazon prevede di investire oltre 10 miliardi di dollari nel Progetto Kuiper. A luglio ha ricevuto l'approvazione dalla FCC per il lancio di 3.236 satelliti in orbita terrestre bassa. È il più serio avversario del progetto di cui qui si parla sovente, StarLink di Elon Musk.

Che fece per viltade il gran rifiuto?
Secondo Elon Musk, Tim Cook si è rifiutato di acquistare Tesla quando, a suo tempo (nel 2017) Elon Musk ha cercato di vendergliela. Era il momento del lancio della Model 3, l'azienda valeva molto meno di oggi (circa un decimo) ed era anche sull'orlo della bancarotta, tipo con tre mesi di liquidità prima di portare i libri in tribunale. Però Cook avrebbe rifiutato di ricevere Musk (opens new window) per discutere l'accordo e allora niente, non se n'è neanche parlato. Se la storia è vera, a parte che ci sono probabilmente molte altre cose da sapere prima di farsi un'opinione, vale la pena sottolineare che il discorso salta fuori ad arte in un momento particolare. Cioè dopo che alcune indiscrezioni riportano i progressi di Apple nella produzione di una auto elettrica, o almeno di parte di essa. Apple avrebbe anche sviluppato una batteria al litio ferro fosfato più compatta, con maggiore autonomia e più veloce da caricare. Tesla da pochi mesi ne usa una dello stesso tipo nella sua fabbrica di auto in Cina. Negli ultimi dieci anni un sacco di dirigenti e ricercatori di entrambe le aziende sono passati dall'una all'altra.

L'elettrizzante vendetta della Volkswagen richiede tempo
La batteria di QuantumScape (opens new window) può caricarsi fino all'80% della capacità in soli 15 minuti, ha quasi il doppio della densità di energia delle celle agli ioni di litio commerciali migliori, conserva oltre l'80% della sua capacità dopo 800 cicli e non prende fuoco. L'aumentata densità energetica consente di realizzare veicoli elettrici con autonomia simili a quelli a benzina, ma potrebbe anche essere utilizzata anche per alimentare aerei elettrici. QuantumScape ha più di 1 miliardo di dollari di fondi per portare la nuova tecnologia in produzione, con 300 milioni di dollari messi sul piatto da Volkswagen, che prevede di iniziare a utilizzare le batterie delle sue auto entro il 2025. I dirigenti tedeschi pare abbiano una foto di Elon Musk come bersaglio per giocare a freccette sul retro della porta della sala del consiglio di amministrazione.

Tutta colpa del computer, versione old school
Ci stiamo preparando a dare la colpa al cervellone artificiale in quanto portatore malsano di intelligenza parimenti artificiale. Ma la colpa non è del computer, poiché è una macchina, e invece questa strategia a me fa sempre più arrabbiare. È una strategia manipolativa e lo dimostra un po' di conoscenza storica: racconta la Bbc (opens new window) di quando, nel 1999, la Royal Mail, l'ente postale del Regno Unito, ha implementato un sistema software difettoso nelle sue filiali che ha portato a quasi mille persone ingiustamente accusate e condannate per furto. Ce ne siamo accorti molto dopo e gli strascichi legali sono arrivati sino ai giorni nostri. Quando parliamo di etica dell'AI bisognerebbe tenere anche conto che non c'è nulla di nuovo riguardo al fatto che un software dannoso possa causare danni. Risolvere questo tipo di situazioni è in parte un problema tecnico, ma è anche un problema di processo, cultura e consapevolezza. Ci saranno sempre degli errori e il vero fallimento sta nel rifiuto di ammetterlo e di fare domande. Il "computer" può sbagliare, certo, perché "è sbagliato": la responsabilità è di chi lo progetta e lo programma .


Yamatologica

Lamù, la ragazza dello spazio (うる星やつら, Urusei Yatsura)
La frase di questa settimana per il nostro corso tematico di giapponese è Lamù, la ragazza dello spazio, che in realtà ha un nome più fine e interessante in originale: Urusei Yatsura (うる星やつら) basato su un gioco di parole. Infatti, Urusei è una parola colloquiale che vuol dire "chiassoso" mentre Yatsura è un altro termine sempre colloquiale per dire "gente" e si traduce quindi come "gentaglia", "tizi". Messe assieme queste due parole vogliono dire più o meno "quei tizi chiassosi". Però, siccome "sei" di Urusei viene scritto con il kanji "星" che significa stella (o pianeta), la stessa frase può significare "Quei tizi del pianeta Uru". Oppure, per meglio dire, "Quei rompiscatole rumorosi del pianeta Uru". Si tratta del primo manga scritto e disegnato nel 1978 dalla mangaka Rumiko Takahashi per lo Shonen Sunday (una delle principali pubblicazioni a fumetti giapponesi), diventando un successo planetario, con una serie di anime, OAV e varie declinazioni. Se non conoscete la storia, il manga viene ripubblicato in questi mesi in formato tankōbon. Invece, per approfondire il lavoro della Takahashi, ci sono da leggere anche Ranma 1/2 e soprattutto Maison Ikkoku, secondo alcuni il suo lavoro più bello. Due generazioni e mezzo sono però legate all'anime di Lamù, che anche secondo me rimane un classico dell'escapismo nipponico e un divertente parterre di miti, luoghi comuni e divinità minori giapponesi.

Post scriptum: la sigla italiana della prima messa in onda, avvenuta su Telecapri nel 1983, è un mistero (non l'unico, ce ne sono anche altre così) durato quasi quarant'anni: una canzone senza titolo o autore, interrotta bruscamente a metà probabilmente perché andava fuori tema. Finalmente, all'inizio del 2020, gli appassionati riescono a ricostruire la vicenda (opens new window) e si scopre che il cantante è Ciro Dammicco (opens new window), cofondatore di Videomusic e di Eagle Pictures, assieme a Noam Kaniel (opens new window) Comunque, leggete questa indagine (opens new window) perché è una delle storie underground più gustose degli ultimi anni.


Variologica ed eventualogica

Quei tizi chiassosi del pianeta Uru
Ne hanno parlato in molti nei giorni scorsi è quasi sicuramente è un falso allarme. Perché, se scoprissimo gli alieni, di allarme si tratterebbe che diventerebbe la causa della nostra estinzione se loro scoprissero noi, ma questo è un altro discorso. Cos'è successo: abbiamo registrato un fascio ristretto di onde radio (opens new window) che sembrano provenire da Proxima Centauri. Tutte le altre onde radio rilevate finora che sembravano provenire dallo spazio esterno sono invece state attribuite a interferenze artificiali o fonti naturali, ma gli scienziati devono ancora trovare una fonte "nostra" per quest'ultimo segnale. Un cambiamento nella sua frequenza era coerente con il movimento di un pianeta, aggiungendo profondità, per così dire, al mistero della scoperta. Ci sono almeno due pianeti che orbitano attorno a Proxima Centauri, uno che si crede sia un mondo roccioso dove la temperatura è giusta perché ci sia acqua e magari vita. Se poi hanno anche una radio potente è un altro discorso.

Il cimitero della Via Lattea
Un recente studio sulla nostra galassia (opens new window) ha concluso che probabilmente è piena di civiltà morte. Lo studio ha utilizzato l'astronomia moderna e la modellazione statistica per mappare l'emergere e la morte della vita intelligente lungo la Via Lattea in quattro dimensioni (cioè anche lungo l'arco di tempo di tutta la sua esistenza). C'è una premessa importante che sta alla base dello studio, e cioè che gli esseri intelligenti tendono all'autoannientamento. Seguendo l'evoluzione della galassia, molte delle civiltà più antiche se sono esistite erano probabilmente raggruppate in una fascia a circa 13mila anni luce dal centro della galassia, dove si trovano le stelle più simili al nostro Sole. Tutte morte da tempo. La ricerca è partita dal lavoro di un liceale ed è stata sviluppata da un gruppo di scienziati. Cosa non si farebbe per andare sul giornale o, sic transit gloria mundi, in una newsletter.

Bella foto, vero?
Avete presente quelle belle foto di interni, da rivista di arredamento o di architettura? Ecco, Aynur Baghirova (opens new window) ha trasformato il rendering di interni in qualcosa di più di una forma d'arte: in una pratica fenomenale e convincente. Il suo profilo Instagram dimostra che il software, in questo campo, permette tutto sostanzialmente perché è alla portata di tutti.

Sfuggire al resto del mondo
Probabilmente è la boiata del secolo o forse non l'ho capita io. Comunque, Jupe è una startup che crea rifugi portatili (opens new window) ispirati alla letteratura di tipo fantascientifico. Piccoli habitat. Il suo team è composto da designer che vengono da Tesla, SpaceX e Airbnb. I rifugi ("shelter", in originale) prefabbricati sono progettati per venire installati ovunque, con pannelli solari e batterie per fornire energia quando sono fuori dalle aree civilizzate o quando salta il collegamento alla rete elettrica. Sono spaziosi, con abbastanza spazio per un letto matrimoniale, una scrivania, una sedia, una ottomana e 12 metri cubi di spazio di storage sotto il pavimento. I rifugi sono disponibili per il preordine e costano 14.200 dollari. Nell'articolo è disponibile una galleria di immagini che mostra le diverse caratteristiche degli shelter e che ti fanno pensare che stai pagando un botto per una tenda Decathlon arredata e con il pannellino solare avvitato sopra.

Milionario a nove anni grazie a YouTube
Nel mondo surreale della ricchezza di rete, una specie di esca per gonzi che continua a spostare l'attenzione di milioni di pecorelle-follower, emergono raramente nuovi protagonisti. La classifica (opens new window), mossa ovviamente dall'avidità totale di chi partecipa la legge o la compila, registra lo stesso vincitore assoluto anche per il 2020: Ryan Kaji, un bambino di nove anni che fa unboxing e recensisce video su YouTube. È lui che ha mantenuto il titolo di YouTuber più pagato per il terzo anno consecutivo. Kaji ha guadagnato 29,5 milioni di dollari dal suo canale YouTube e ulteriori 200 milioni di dollari stimati da giocattoli e vestiti di marca. La sua famiglia gestisce nove canali YouTube, con Ryan's World che è il più popolare avendo 41,7 milioni di abbonati. Kaji e la sua famiglia rischiano un'indagine della Ftc statunitense in seguito a delle accuse secondo cui gli sponsor dei loro video non sono stati adeguatamente dichiarati. Le prime dieci star di YouTube con i maggiori guadagni hanno messo assieme un totale di 211 milioni di dollari nel 2020. Alla fine dell'articolo è disponibile un elenco dei primi dieci per quantità di soldi guadagnati.

Teletrasporto. Internet. Fisica quantistica. Oh yeah
Un team di scienziati è riuscito a teletrasportare (opens new window) delle unità di base di informazioni quantistiche attraverso 22 chilometri di fibra utilizzando apparecchiature compatibili sia con l'infrastruttura di telecomunicazioni esistente che con le tecnologie quantistiche emergenti. La ricerca fornisce una base realistica per un Internet quantistica semplicemente rivoluzionaria. I precedenti tentativi di teletrasporto quantistico si sono dimostrati instabili su lunghe distanze. L'obiettivo del team è creare reti quantistiche che utilizzino l'entanglement e la sovrapposizione per aumentare notevolmente la velocità, la potenza e la sicurezza dei computer. Una spiegazione più dettagliata del teletrasporto quantistico è disponibile nell'articolo (ma non ci capirete niente lo stesso, non temete).


Audiologica

Miroslav Tadić & Yvette Holzwarth - living room concert - Niksic Guitar Festival 2020 (opens new window) - che dire? Bravi bravi bravi. Un'ora di pura goduria.

Guilty - Barbra Streisand & Barry Gibb (opens new window) oppure Bee Gees - Acoustic Medley (opens new window) per chiudere il cerchio sui Bee Gees.

David Gilmour - 3 D (opens new window) - I Pink Floyd non sono solo musica, sono anche una filosofia ma soprattutto sono una medicina per l'anima. Da ascoltare attentamente e spesso.


Ludologica

Aere perennius
Il circuito arcobaleno lo adoro, è uno dei pezzi forte di Mario Kart versione Nintendo 64, secondo me. C'è chi ha costruito monumenti perenni, più duraturi del bronzo, e chi ha fatto in cantina un circuito di Mario Kart (opens new window) lungo trenta metri.


Tsundoku-logica

Qualche lettura sparsa

Si conquista uno spazio tra i libri da leggere questo I am Still the Greatest Says Johnny Angelo (opens new window) di Nik Cohn, il giornalista di creative non-fiction che si è inventato la storia della Febbre del sabato sera (vedi sopra). Questo libro invece è l'inno al rock come mito, in tutto il suo eccesso folle, assurdo e glorioso. Basato in parte sul leggendario rocker P.J. Proby, Johnny Angelo è la pop star che ha messo fine a tutte le pop star: narcisista, finto eroico e massicciamente distruttivo. Il romanzo segue la sua traiettoria dall'infanzia deformata all'esplosione messianica finale. È una lettura importante, felliniana se mi permettete l'immagine, pubblicata all'inizio del 1970, che una volta David Bowie ha affermato essere la base dalla quale si è ispirato per il suo Ziggy Stardust.


Algoritmologica

Newsletter, why not?
Non si vive di soli podcast: il mondo è incendiato di newsletter perché costano poco da un punto di vista infrastrutturale e hanno un modello di business comprensibile (abbonamenti) oltre ad avere bersagli più chiari da capire e misurare (gli indirizzi di posta. Rafat Ali (opens new window), fondatore di Paidcontent e Skift, riflette su tutto questo, ed è l'ennesimo giornalista che si mette in proprio e fonda blog, newsletter e (spera di campare di) pubblicità.

Newsletter, altro giro, altra cosa
Dopo il giornalista-cercatore d'oro che cerca di sopravvivere e magari far fortuna, ecco il venditore di piccozze, setacci e carriole delle newsletter che invece diventa proprio ricco: intervista al fondatore di Substack (opens new window) che parla di modelli di business, flussi di fatturato, moderazione dei contenuti e loro valorizzazione.

Il nome della cosa
C'è invece anche chi, come hobby, si diverte ancora (opens new window) a commerciare nomi di dominio, cioè i nomi dei siti web. Ed è un hobby da un milione di dollari.

Nomadi digitali
Negli ultimi dieci anni i giovani programmatori avevano abbandonato la Silicon Valley e volevano vivere a San Francisco, che è diventata una delle città più costose del pianeta. Adesso, dopo la pandemia, tutti hanno riscoperto la campagna. Le aziende si spostano e ci si chiede: c'è davvero una migrazione all'incontrario? Il mondo sta seriamente invertendo la tendenza alla metropolizzazione del pianeta, iniziata migliaia di anni fa? Ci sono dei numeri che permettono di capire qualcosa di più, ad esempio le estrapolazioni fatte su LinkedIn e che rispondono alla domanda: dove vanno i programmatori? (opens new window) È un inizio.

Coffee break
Mostly Weekly è una newsletter libera e gratuita per tutti. Se volete supportare il tempo che passo a raccogliere e scrivere le notizie, potete farlo magari offrendomi un caffè alla settimana (opens new window) oppure mandandomi dei soldi direttamente su PayPal (opens new window) (che detto così sembra quasi un "in alto le mani, questa è una rapina", però vabbè ci siamo capiti).

Outliers
Non mi piacciono le statistiche di fine anno. Questa però mi pare adatta a Mostly Weekly. L'anno del lockdown, cioè il 2020, visto dalla prospettiva delle vendite dell'App Store (opens new window): cosa sale, cosa scende, cosa scompare, cosa impera.

Il nuovo iPad mini?
È sempre con me o quasi: secondo me l'iPad mini è geniale. Ha una dimensione quasi perfetta, se avesse anche Whatsapp sarebbe una rivoluzione (maledetti). Comunque, sta per cambiare, sostengono i soliti bene informati (opens new window). È improbabile che prenda il cavetto Usb-C come iPad Pro e iPad Air, ma è probabile che diventi "borderless", cioè che nello stesso fattore di forma riesca ad avere uno schermo più grande e a perdere il pulsante Home (guadagnando in compenso la tacca frontale).

Ripartire dall'Html
Hotwire (opens new window) propone un nuovo approccio alla creazione di applicazioni web inviando "Html via cavo". Questo approccio rende veloci le pagine fin dal primo caricamento, mantiene il rendering dei modelli sul server e consente una migliore esperienza di sviluppo senza sacrificare la reattività. Hotwire utilizza Turbo, un insieme di tecniche per fornire app efficienti senza scrivere JavaScript. Gli approfondimenti nel sito dimostrano che si tratta, oltre che di una tecnologia, di una filosofia di approccio "nuova".

Facile facile, come no?
ZenML (opens new window) è un framework MLOps per l'utilizzo di pipeline di Machine Learning pronte per la produzione. È dotato di riproducibilità garantita degli esperimenti di addestramento, comparabilità garantita tra esperimenti, astrazioni integrate ed estensibili per tutte le esigenze di MLOps e altro ancora. ZenML è incentrato su interfacce estensibili per adattarsi a scenari di pipeline complessi in modo semplice.

Addestra l'arte e mettila da parte
ArtLine (opens new window) è un progetto basato sull'apprendimento profondo per la creazione di ritratti artistici. Sono disponibili molti esempi. C'è anche un video esplicativo da otto minuti che spiega tutto o quasi.

Il coltellino svizzero del JavaScript
Il JavaScript è uno dei linguaggi di programmazione più popolari. Questo articolo (opens new window) contiene 10 hack JavaScript per scrivere codice più pulito, risparmiare risorse e ottimizzare l'efficienza. Ogni suggerimento include frammenti di codice di esempio.


Le magnifiche e progressive sorti
Le magnifiche e progressive sorti -- Foto © Antonio Dini

L'ultima bustina (di Minerva)

Trattare bene le cose
Non sono bravo con la batteria dei miei apparecchi: computer, tablet e telefoni tendono ad avere batterie che si esauriscono rapidamente, soprattutto a casa mia. C'è questo tizio, però, che spiega (opens new window) come si fa a gestire al meglio una moderna batteria agli ioni di litio e si presenta dicendo che il suo portatile, dopo quattro anni, ha ancora il 97,7% della capacità originaria della batteria. Il mio MacBook 12 del 2017 è invece arrivato -ahimè- al 71% della capacità. Il trucco? Non caricarle mai fino al massimo, e non scaricarle mai completamente. Vivere da malati per morire sani, insomma. E voi, come vi prendete cura delle vostre batterie?



I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.

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“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END

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