[Mostly Weekly ~289]
Pomodori, riviste ed Europa
A cura di Antonio Dini
Numero 289 ~ 15 settembre 2024
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Grazie per aver aperto questa mail! Mostly Weekly è un lavoro collettivo: io scrivo la newsletter settimanale che esce quando è pronta tutto da solo: è realizzata a mano, piena di refusi ma priva di algoritmi (almeno quello). E voi la leggete. Cos'altro può servire?
Una notizia triste: forse non sapeva che le tavole originali di Carl Barks sono andate quasi tutte perdute (opens new window).
Poco più avanti parlo di magazine indipendenti. Ho partecipato a un evento davvero interessante. Ho trovato una scena vivace e ho comprato tre magazine, sia per gusto personale che per dare una mano a supportare il settore indie. Se anche voi avete pensato di contribuire a qualche progetto, qualsiasi progetto, vi consiglio di farlo perché là fuori c'è veramente tanta roba interessante. Se poi decidete di prendere in considerazione il mio progetto, potete fare una donazione qui su PayPal (opens new window) in modalità Amici (è una donazione, dopotutto, non una compravendita). In ogni caso, grazie!
Intanto, buona lettura.
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Don't watch the clock; do what it does. Keep going
– Sam Levenson
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Editoriale
Le riviste indi(e)pendenti
Sono stato alla prima mattinata di Mag to Mag (opens new window), il festival delle riviste indipendenti organizzato da Frab's, il negozio solo di riviste che si è “duplicato” da Forlì a Milano un po' di tempo fa. Mag to Mag si sta tenendo questo sabato e domenica in uno spazio industriale riorganizzato: lo Spazio Lampo allo Scalo Farini di Milano. Si entra in quest'area ex industriale e c'è un percorso interno singolarmente lungo per arrivare infine all'evento dei magazine di nicchia (opens new window).
Dentro ho trovato una trentina o forse quaranta magazine un po' da tutte le parti del mondo: Italia, Europa, Regno Unito, Stati Uniti, Medio Oriente, Africa e via dicendo. Ma soprattutto Italia. Riviste di poesia per bambini (Junior Poetry Magazine), riviste di cinema (Cineforum Nuova Serie), riviste sul corpo delle donne (Damé), riviste di viaggi (Desired Landscapes), di grafica (Graphic Magazine), di paesi (Lodestars), di tendenza (Noia), di psicologia sesso e società (Marlè). E ancora: Viscose Journal, Carnale, Yogurt Flavour, Emergent Magazine e parecchi altri: la lista è qui (opens new window).
Dietro ognuno di questi progetti ci sono storie diverse: un'architetto greca, una coppia fratello-sorella, due ragazze di Bologna e Vicenza, una ragazza di Sydney che presto ci ritornerà, un milanese finito a Londra passando dalla Danimarca, un ragazzo tedesco che vive in Olanda. La cosa che mi ha fatto piacere, oltre a vedere più riviste (costose!) di quante non si possa pensare, è stato incontrare chi le fa e chi le va a comprare: ragazze e ragazzi fra in venti e i trent'anni. Ero nel posto giusto.
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Importante
Malviste
Il bias delle intelligenze artificiali sembra che ce lo siamo dimenticato. Però chi prova a fare deepfake con Donald Trump e Kamala Harris arriva a dei risultati piuttosto chiari: le donne nere di origine giamaicana e indiana vengono malissimo (opens new window), le varianti delle persone bianche (i vari tipi europei) invece vengono tutte molto bene (opens new window).
Cugini d'Oltralpe
In Francia da domani arrivano le multe (opens new window) (da 50 a 150 euro) sui bagagli fuori misura sui treni veloci. Il 15 febbraio di quest'anno la SNCF aveva modificato le regole sui bagagli per i treni TGV e Intercités, imponendo un massimo di due bagagli grandi e un bagaglio a mano per persona. I passeggeri che in precedenza dovevano “essere in grado di trasportare da soli tutti i bagagli” possono ora portare due valigie o borse di dimensioni non superiori a 70 cm × 90 cm × 50 cm e una borsa più piccola di 30 cm × 40 cm × 15 cm. Occhio che secondo me questo presto arriva anche da noi.
Nuove apnee
Si scoprono sempre nuovi e sorprendenti modi in cui la tecnologia fa male. I problemi alla vista e ai ritmi circadiani dati dalla luminosità artificiale, la postura scorretta, i mal di testa, i muscolo degli occhi che collassano. Eccone un altro (opens new window): probabilmente avrete già sentito parlare di “apnea del sonno”, ma ce n'è un'altra: Quella chiamata "apnea da schermo". Infatti, molte persone trattengono inconsapevolmente il respiro o respirano in modo superficiale mentre stanno davanti al computer. È facile capire come mai: se si è ingobbiti, non si può estendere la pancia. Non si può fare un respiro morbido, lento e profondo. Questo porta a una respirazione toracica poco profonda, il che significa che finiamo per inviare segnali di stress al cervello.
Long form
Craig Mod (opens new window), che per me è uno straordinario modello su come costruire una professionalità online basata su foto e parole, racconta non senza qualche piccola punzecchiatura il grande terremoto del Kantō nel 1923. È interessante, si appoggia a un articolo dell'epoca dell'Atlantic (opens new window) e fra le mille cose c'è un particolare appena accennato tra parentesi e assolutamente marginale rispetto alla storia che mi è rimasto nell'orecchio: "Il giornalista/scrittore Henry W. Kinney (un uomo curiosamente senza una pagina Wikipedia) era presente durante il terremoto". E un altro particolare, molto più centrale perché parla fra le altre cose del giornalismo americano di allora e di oggi, mi è balzato agli occhi: "Le ricerche di Kinney per questa storia sembrano scarse, per usare un eufemismo".
Italiana
Ablare buono
Il prestito linguistico che l'Arabo ha fatto all'italiano (e alle altre lingue del mediterraneo) è notevole (opens new window). E alle volte insospettabile. Tamarro. Alcol. Divano. Dogana. Assicurazione. Tutte parole che vengono dall'arabo. Notevole, vero?
Non era un insulto, anzi
Un interessante caso di cronaca: assolto Carlo De Benedetti (opens new window) per aver detto “Salvini antisemita” e la Corte di Appello adesso conferma (opens new window). Per il Tribunale di Cuneo non fu diffamazione. E meno male.
Scrivere gialli in Giappone
Seishi Yokomizo è tanta roba. Il massimo giallista nipponico ha scritto libri che hanno al centro detective impacciati, killer mossi da ragioni imperscrutabili, un fondale fatto di aree rurali in cui si sfogano oscure ossessioni. Un bell'articolo di Giorgia Sallusti (opens new window) lo racconta.
Lino Jannuzzi Story
Se poi avete una mezz'oretta e volete leggere una storia fantastica a puntate, una biografia in forma di intervista, questo lavoro di Mattia Feltri per il Foglio di alcuni anni fa (opens new window) è meraviglioso: è il racconto di un giornalista e politico incredibile, Lino Jannuzzi, purtroppo scomparso pochi mesi fa, costruito con una serie di interviste nel 1998. Se il Foglio lo ripubblicasse tra i suoi "libri grandi come uno smartphone (opens new window)" farebbe solo un'opera di bene.
Altre storie
Il Corriere la butta sul dilettantesco: un ragioniere che da 50 anni fa gli scoop dei grandi inviati (opens new window). In realtà è commercialista (e di buon successo economico, e poi anche sindaco del suo paese e poi tante altre cose) ma la storia di Giorgio Fornoni detta così sa di poco, diventa pura aneddotica. Il suo sito racconta un'altra storia (opens new window) e se si vanno a scrutare i particolari, a guardare i video (opens new window), è un caso incredibile, marginalizzato a livelli impensabili, eppure al tempo stesso presente e costantemente ascoltato e guardato, senza mai essere riconosciuto.
Già Visti
I muri attorno all'Europa
Dal 2025 per entrare o passare dal Regno Unito sarà necessario pagare e avere un documento di autorizzazione. Così come noi lo chiediamo ai cittadini del Regno Unito e agli americani. I quali, a loro volta, ne richiedono uno anche a noi. Stiamo rimettendo delle barriere, una sopra all'altra, per controllare, filtrare, bloccare.
Da quando ero bambino mio padre mi ha sempre raccontato del suo viaggio in Lambretta su su fino all'Olanda passando per Svizzera e Belgio, e poi in Francia, sino a Parigi, dove si era fermato per quasi un anno. Era l'inizio degli anni Sessanta, l'Europa delle prime comunità (Energia Atomica, Carbone e Acciaio) aveva appena fatto un passo in avanti con il Trattato di Roma del 1957 e la creazione della Comunità Economica Europea (CEE). Grazie a quello, con la carta di identità si poteva andare ovunque, in Europa, senza più visti e blocchi.
Invece, la mia traiettoria per caso si è sovrapposta a quella di una sempre più forte integrazione europea. Ho vissuto per tutta la mia vita adulta dei progressi costanti nell'Unione: a diciassette anni sono andato a Berlino, all'epoca ancora divisa in due da un muro, con la parte occidentale circondata dalla Repubblica democratica tedesca.
Il muro di Berlino poi è venuto giù, e quando mi sono laureato ho fatto una tesi di diritto comunitario sugli Accordi di Schengen: l'abolizione dei controlli alle frontiere interne (e la cooperazione su quelle esterne).
Ho visto nascere il programma Erasmus, cambiare il modo con il quale ci si poteva spostare per studiare, lavorare, risiedere, addirittura votare. E poi ho visto arrivare cambiamenti ancora più radicali, come le compagnie aeree low cost, nate grazie liberalizzazione del mercato aereo voluto dalla Commissione europea con tre pacchetti normativi (introdotti nel 1987, 1990, 1992). Loro, più le tecnologie di connessione (email, chat e voip), hanno cambiato completamente il volto dell'Europa.
Poi le guerre e l'allargamento, poi l'Euro, gli anni di difficoltà e aggiustamenti culminati nel ritorno dei populismi e nella Brexit. E oggi facciamo due piccoli passi indietro: da un lato, dal 2025, entrerà in vigore l’European Travel Information and Authorisation System (opens new window) per i cittadini extraeuropei che entrano in Europa: sette euro da pagare per gli Americani, ad esempio, che a loro volta richiedono un Esta per andare negli Usa (costa 21 dollari (opens new window)).
Dall'altro lato, da aprile 2025, scatterà l'obbligo di autorizzazione a pagamento anche per i cittadini Ue che vogliono andare nel Regno Unito: l'Eta (Electronic Travel Authorisation) che costerà 10 sterline (opens new window). Si paga per entrare (ci sono esenzioni per chi ci lavora) o anche solo per un volo in coincidenza.
Non sono tragedie, sono inciampi che entreranno a far parte della nostra vita. Divisioni minori, ma divisioni ulteriori. Però avevo visto un'altra Europa. Scusate lo sfogo.
Multimedia
MiniDisc
Non lo faccio perché sono una persona anziana e matura. E poi perché ho un quintale di Cd che adoro. Ma aprire il capitolo "MiniDisc", che avevo usato brevemente a cavallo del 2000 sia per lavoro che per diletto, per me rimane sempre un "unfinished business". Mannaggia: sono proprio belli (opens new window).
Apologia del Cinema Teatro Sole di Bibbiena
Sembra un film di qualche regista tedesco di prima della guerra, con una scelta di inquadratura e composizione davvero singolare e involontariamente potente: ammetto che ha un suo fascino. In realtà è l'intervento di Marta Raggi (opens new window), deliziosamente colorato dal suo accento aretino, che pochi giorni fa ha spiegato come si potrebbe immaginare di recuperare uno spazio abbandonato nel cuore di Bibbiena, un bel paese medioevale in una valle alle pendici dell'Appennino tosco-romagnolo, già ricco di sorprese (opens new window).
L'eleganza è nei particolari
Una breve inchiesta video per rispondere a questa domanda: non è solo Shein (opens new window), ecco perché ora tutti i vestiti sono peggiori. Il cambiamento della qualità dei vestiti in generale dipende da un cambiamento e conseguente calo della qualità della produzione dagli anni '90 e 2000 a causa dell'ascesa della fast fashion, che privilegia i bassi costi rispetto all'artigianalità. Quasi tutte le grandi aziende di moda, da Zara a H&M e Shein, producono abiti in modo rapido ed economico, spesso utilizzando materiali sintetici e chimici non buoni.
Usa Forever
A che punto sono le armi prodotte in casa usando le stampanti 3D? A quanto pare a un ottimo punto (opens new window): abbastanza da fare quello che fa un'arma "vera". Sono le "ghost arms". Non è una sorpresa ma è una cosa tutta americana (opens new window), dove oltretutto la prima causa di morte (opens new window) per i giovani (opens new window) sono le armi da fuoco (sul serio?).
Rimozioni
L'avevo già vista qualche anno fa ma è ancora estremamente attuale. Eric Pickersgill ha realizzato una serie di foto semplici ma molto efficaci (opens new window), che evidenziano l'onnipresenza dei nostri dispositivi e il modo in cui essi modellano il nostro comportamento.
Tsundoku
Il mezzo und il messaggio
The Gutenberg Parenthesis (opens new window) di Jeff Jarvis è una storia dettagliata della stampa in Occidente e del modo in cui la tecnologia influenza le storie che raccontiamo. Jarvis prova a stimare anche le varie possibilità per il futuro dei media.
Una coltura sotterranea
The Hidden Life of Trees (opens new window) è un libro notevole (opens new window) del naturalista (opens new window) tedesco Peter Wohlleben: rivela i modi intricati e sorprendenti in cui gli alberi interagiscono fra loro, si sostengono a vicenda e formano comunità complesse, sfidando la nostra comprensione della natura. Non hanno emozioni o coscienza, ma non sono neanche "macchine vegetali" inerti.
Scappo dalla città
Non è solo durante il lockdown che la vita di campagna ha esercitato un gran fascino su molti abitanti delle città. In City Quitters (opens new window), Karen Rosenkranz (qui (opens new window) un suo TedX a Bergamo) condivide una raccolta di saggi di creativi che hanno lasciato la città per la campagna, esplorando le sfide e i vantaggi di una vita rurale.
Mercificare i problemi
Il titolo è tutto un programma: Exercised (opens new window). Il tema è semplice: la palestra è una patologia, oltre che una aberrazione, ma anche una necessità. Ci voleva un paleontologo per ricostruire l'assurdità dell'esercizio fine a se stesso e il bisogno estremo che ne abbiamo oggi. Il paleoantropologo è Daniel E. Lieberman (opens new window), che esplora il paradosso dell'esercizio fisico, spiegando come l'attività fisica, sebbene innaturale per gli esseri umani in termini evolutivi, sia essenziale per la salute moderna. Lieberman approfondisce la scienza che sta alla base del motivo per cui resistiamo all'esercizio fisico e di come questo porti in realtà notevoli benefici fisici e mentali. Ma non con la cultura alla TechnoGym o con gli smartwatch che ci contano tutto, o con la filosofia dei bro da palestra. Invece, dato che i nostri stili di vita sempre più sedentari hanno contribuito all'aumento vertiginoso dei tassi di obesità e di malattie come il diabete, Lieberman sostiene che per diventare più attivi dobbiamo fare di più che medicalizzare e mercificare l'esercizio fisico. Dobbiamo avere una vita più sana e più attiva.
Coffee break
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Brainrot
Brainrot I
Ho imparato una parola nuova, terribile, che non conoscevo: Brainrot (opens new window) (archivio (opens new window)). È la parola che in questo momento è maggiormente associata alla Generazione Alpha (quelli piccoli, nati dopo la Generazione Zeta, tra il 2010 e il 2024). Vuol dire “marciume cerebrale”. Secondo liste infinite di articoli e innumerevoli TikTok, i ragazzi di questa generazione hanno presumibilmente fatto “marcire” il loro cervello facendo scroll in continuazione sui loro dispositivi. Questo articolo di Vox (opens new window) è molto interessante perché è fatto di interviste e dichiarazione dei ragazzi della GenAlpha. O meglio, degli "iPad Kids".
Brainrot II
“Uno dei modi più semplici per capire se il cervello di una persona è stato distrutto dai social media – ha postato di recente l'influencer Joel Cave in un TikTok – è notare quanto spesso fa riferimento al gergo di internet. Il fatto che Internet possa infiltrarsi nel nostro cervello a tal punto che le persone non hanno nemmeno il controllo di ciò che dicono – sputano fuori solo qualsiasi meme che hanno visto più spesso e basta – per me è pazzesco”.
Braintor III
Secondo un sondaggio (opens new window) condotto dal gruppo di ricerca di mercato YPulse, negli Usa (opens new window) e in Europa Occidentale (opens new window) il 65% dei ragazzi tra gli 8 e i 12 anni possiede un iPhone e la stessa percentuale ha un iPad. Il 92% dei ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 12 anni è presente sui social media e i ragazzi di questa età tendono a preferire i video di breve durata sulle piattaforme sociali rispetto ai film o agli spettacoli più lunghi.
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Al-Khwarizmi
See you
A margine della presentazione degli iPhone 16, degli Apple Watch Series 10 (nel giorno del decimo anniversario (opens new window) dal lancio) e delle varie altre cose, Apple ha portato gli invitati a Cupertino in un nuovo ambiente costruito nei mesi scorsi: l'Apple Park Observatory (opens new window).
Celebre a sua insaputa
Una donna sconosciuta al mondo è diventata nota su Reddit come Celebrità Numero Sei (opens new window) (archivio (opens new window)). Ha dichiarato che non sapeva che la stessero cercando. È una ex modella che si è ritirata a vivere Tenerife con i figli e il marito. Mentre lei non sa come comportarsi di fronte all'improvvisa ondata di attenzioni, quel che fa paura è un'altra cosa. Internet ha passato anni a cercarla. E l'ha trovata. Esiste ancora la possibilità di vivere fuori dall'occhio del Grande Fratello collettivo?
Colpo d'occhio
È un po' che non si sente più parlare degli Apple Vision Pro. Forse avranno una iniezione di novità più avanti, ma per adesso l'unica notizia che circola la riporta Wired USA (opens new window) (archivio (opens new window)): sono stati hackerati. Il Vision Pro utilizza avatar 3D durante le chiamate e per lo streaming. I ricercatori etici di sicurezza (gli hacker buoni, insomma) hanno utilizzato il tracciamento oculare per individuare le password e i PIN digitati dalle persone con i loro avatar. È una vulnerabilità strutturale, non deriva da un bug del codice. Per toglierla vanno cambiate parecchie cose.
Addio X
Paolo Attivissimo non ce la fa più. Ha anche attivato X a pagamento per vedere se cambiava qualcosa in meglio. Niente. E allora ha scritto (opens new window): "Non ce la faccio più a turarmi il naso. Ho mollato X/Twitter, passo a Instagram (e resto su Mastodon)". La goccia che ha fatto traboccare il vaso è il tweet di Elon Musk (opens new window) che dichiara di voler far fare un figlio a forza a Taylor Swift per renderla non più "childless" (e punirla per il suo endorsement a Kamala Harris). Musk è uno veramente malato.
Il paradiso della brugola
Quelli di iFixit hanno fatto a pezzi il Pixel 9 Pro Fold (opens new window) e hanno scoperto che è super riparabile. Come se poi qualcuno riuscisse veramente a ripararli. A me sembra che l'interesse sia la vivisezione del dispositivo, con il piacere sadico di veder rovinare un esemplare di un oggetto molto costoso. Una variazione sul tema di Will it blend (opens new window), ricordate?
Il nome della rosa
OpenAI avrebbe fatto meglio (opens new window) a chiamare "o1" con il suo nome in codice "Strawberry", sia perché è un nome migliore, sia per evitare confusioni con "GPT-4o". Questi sono peggio delle aziende asiatiche nel dare i nomi ai prodotti. Intanto, siamo ancora tutti qui che cerchiamo di dare un senso economico alle AI (opens new window) (archivio (opens new window)).
La coda lunga
Bastardella e ancora di più
L'italiano è una lingua sicuramente pucciosa ma anche un po' vezzosa, e un po' ribelle. Alle volte ha le sue idiosincrasie. Prendete ad esempio il "pomodoro", che chi ha studiato la mitologia greca sghignazza ogni volta che ci ripensa perché gli viene in mente il pomo, cioè la mela, della discordia.
Il pomo della discordia era una mela d'oro con sopra scritto "Alla più bella", che la dea Eris, la dea della discordia, esclusa dalle nozze di Peleo e Teti, nascose sul tavolo del banchetto degli dei per seminare zizzania. Zeus, furbo come una faina, anziché farsi incastrare e assegnarla a una delle tre dee furibonde che già si menavano per poterla avere, la diede a Paride, principe di Troia. Le dee gli fecero promesse e minacce varie. Paride scelse Afrodite, che in cambio gli diede l'amore della bellissima mortale Elena. Che però era già sposata con Menelao, re di Sparta, e da qui viene fuori tutto il casino della guerra di Troia e poi Ulisse e poi Enea e poi eccetera eccetera.
Comunque, quello era il "pomo d'oro", che a noi studenti (come a milioni di altri prima di noi) faceva ridere perché suonava proprio come "pomodoro". C'era un motivo: voleva dire proprio quello: un pomo di colore giallo. La maggior parte dei primi pomodori di provenienza americana non solo erano considerati quasi velenosi (alcuni in effetti lo erano) e al massimo "frutta da arredamento" (erano tenuti a scopo decorativo, come facevano i Medici), ma erano considerati anche di color giallo-dorato in quasi tutte le varianti, perché quello è il colore che generalmente hanno prima di maturare.
Così, noi italiani siamo rimasti impelagati con questa idea del frutto. Perché il pomodoro è sì un ortaggio, nel senso che viene coltivato nell'orto, ma è un frutto, non una verdura, dato che nasce dal fiore e continua a maturare (opens new window) anche dopo che è stato colto.
Un frutto, dicevo, ma dorato, mettendo insieme cioè il nome della mela ("pomo") con quello del suo colore (un "pomo giallo"). È merito (o colpa) di un certo Pietro Andrea Mattioli che per primo documentò il frutto in Italia nel suo Medici Senensis Commentarii del 1544, dove lo definì "mala aurea", pomo d'oro, appunto. I pomi a dirla proprio tutta, sarebbero anche le pere e le nespole, ma nel parlare comune è sempre la mela.
Tutto bene sin qui, se non fosse che il resto del mondo lo chiama in un altro modo. La parola è "tomato". E, a prescindere da come uno lo pronuncia (opens new window), c'è una ragione se lo chiamano così.
Il pomodoro viene infatti dalla Mesoamerica (l'America centrale e la parte meridionale del Messico). Le popolazioni indigene lo chiamavano così. Gli aztechi lo chiamavano "xitomatl" (pomodori rossi) o "tomatl" (pomodori verdi) e poi ne avevano a decine di altre varietà di pomodori. Nei mercati, raccontano le cronache spagnole cinque minuti prima che li facessero fuori tutti, ce n'era decine e decine di varianti: un vero spettacolo. Gli aztechi li usavano per fare di tutto (salse, fritti, crudi, schiacciati, marinati eccetera) e creare decine di piatti diversi. La storia del tomatl è ricca, complessa e poi diventa travagliata quando sbarca in Europa e non piace più. Almeno, all'inizio.
Però, per dire, una chicca: il pomodoro appartiene si alla famiglia delle Solanacee (ci sono anche le melanzane, e infatti in Europa e in Cina è stato considerato anche un tipo di melanzana "straniera"), ma per gli anglosassoni è un "berry", cioè un frutto di tipo bacca. Dentro la categoria delle "bacche" ci sono, oltre a fragole e mirtilli, anche i kiwi e l'uva, le banane e le melanzane. Sono "bacche" tutti i frutti carnosi in cui tutti gli strati sono di consistenza morbida e acquosa. Sono invece delle "drupe" quelli che hanno al loro interno una parte legnosa, il nocciolo, che contiene il seme: pesche, albicocche, prugne, susine, ciliegie, ma anche pistacchi, ulive, caffè. Che delirio la vita del botanico.
Tornando al nome: ho chiesto a ChatGPT di farmi la lista di quali paesi occidentali lo chiamano a partire da "pomo d'oro" e quali a partire da "tomatl". La riposta è apparentemente facile: dicono pomodoro (con la variante linguistica appropriata) francesi, italiani, polacchi e albanesi. Tutti gli altri lo chiamano tomato: gli stessi francesi (che possono dire anche tomate), gli spagnoli (e quindi tutte le loro colonie dell'epoca), i portoghesi (idem), gli inglesi (idem), gli olandesi (idem), i tedeschi, gli svedesi, i danesi, i norvegesi, i finlandesi, i russi, i greci e i rumeni. Non è chiaro come facciano i belgi (che hanno tre lingue "divise" dal cleavage pomodoro/tomato).
Invece, gli ungheresi (hanno una lingua che va tutta per i fatti suoi, come i finlandesi) lo chiamano paradicsom, cioè "frutto del paradiso", scelta dotta e originale che potrebbe essere un bel riferimento al mito del pomo della discordia oltre che a quello della mela di Adamo ed Eva (il solito pomo aureo). Ah, e fanno anche la "zuppa di frutta", dove mettono dentro i "berry", ovviamente. Sembra una macedonia e forse lo è.
“Un uomo deve amare molto una cosa se la pratica senza alcuna speranza di fama o di denaro, ma anche se la pratica senza alcuna speranza di farla bene. Un uomo del genere deve amare le fatiche del lavoro più di quanto qualsiasi altro uomo possa amare le ricompense che ne derivano”
– G.K. Chesterton
END
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