[Mostly Weekly ~258]

Tastiere, turbocapitalismo e la svolta digitale di Salerno


A cura di Antonio Dini
Numero 258 ~ 11 febbraio 2024

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Un assaggio di copertine da vedere (opens new window): l'editoria pulp e l'amore vietato negli anni Cinquanta.

Intanto, buona lettura.


I tend to think that most fears about AI are best understood as fears about capitalism
– Ted Chiang



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Editoriale

Grave sempre, acuto qualche volta
Ho cambiato tastiera (ogni tanto lo faccio, ne ho quattro o cinque in rotazione) e adesso mi arrabatto con una deliziosa ed estremamente piacevole tastiera meccanica (NuPhy Air60 (opens new window)) con dimensioni ridotte al 60% di quelle complete, e con layout americano. Quest'ultima è la croce e la delizia di tutti quelli che scrivono molto e si trovano a usare tastiere diverse da quelle che hanno imparato a usare e memorizzare (scrivo senza guardare le mani, ma da autodidatta, non ho mai fatto corsi di dattilografia). Se per me scrivere è come suonare uno strumento, l'unico che so suonare peraltro, allora immagino questi periodici cambi come un esercizio per tenere i neuroni in funzione e modulare la memoria muscolare, anche se "baro" e rimappo il layout italiano sopra quello Usa. Tanto scrivo senza guardare e so dove sono le lettere e gli altri segni. Tuttavia, la disposizione fisica di alcuni tasti e il loro numero sono diversi. Questa volta devo ad esempio imparare a usare il tasto delle maiuscole di sinistra, anziché premere d'istinto a destra, perché sono cambiate le proporzioni e le maiuscole di destra sono più piccole e diventa una sofferenza beccarle. Idem per la "ù", che è spostata molto sopra il tasto invio (che, oltretutto, è orizzontale). Ma la vera sofferenza è trovare tutte le volte le accentate.

Facile o fatto bene?
Infatti il layout della tastiera italiana soffre, come quelle degli altri paesi europei, di un problema: le lettere accentate marcate esplicitamente. Siamo stati stupidi, perché fin dai tempi delle macchine da scrivere c'era già la quadra sull'usabilità delle accentate. Bastava usare il "Dead key (opens new window)", il "tasto morto" (in italiano si direbbe "Tasto di ritorno accentato" o "Tasto di accentazione combinata") che non si muove e batte uno dei due accenti, acuto o grave. Poi si batte la vocale (o qualsiasi altra lettera) e via, abbiamo la nostra accentata. Con questo sistema si poteva salvare spazio sulla tastiera, eliminando i tasti per "è, é, ù, à, ò, ì" (sono sei e comunque manca roba) e avere tutte le vocali che vuoi o altre lettere con l'accento. Olivetti faceva macchine per scrivere così, ma solo per alcuni mercati esteri, perché alla gente sennò andava anche spiegato come fare a mettere gli accenti, anziché fargli vedere la lettera accentata da premere. Una questione di usabilità, insomma, che ha battuto una migliore funzionalità e che ci portiamo dietro da una vita.

Scrivi, ragazzo, scrivi
Apple con l'iPhone e poi iPad e Mac ha risolto proponendo, oltre alla combinazione da tastiera per arrivare agli accenti "morti", la pressione prolungata sulle vocali per far uscire fuori il fumetto (opens new window) da cui scegliere quella che si preferisce. Anche premendo il numero corrispondente all'accento desiderato (sul Mac, per non togliere le mani dalla tastiera) è comunque un sistema più lento, soprattutto se si prendono appunti. Una nota a margine: se dovete prendere appunti sulla tastiera, potete arrivare a 40-60 parole al minuto con un po' di esercizio. Scrivendo a penna (opens new window), a meno di non imparare la stenografia (che non è affatto banale perché è un sistema completamente diverso e che funziona malissimo per le parole straniere, oltretutto), difficilmente riuscirete a scrivere più di 15-20 parole al minuto. Senza contare che lo stress sulla mano che impugna la penna è notevole.

Ah, visto che ci siamo (così finalmente chiudo questa tab), ecco la guida a tutte le penne Muji (opens new window).

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Strumenti di scrittura
Strumenti di scrittura ~ Foto © Antonio Dini

Importante

La svolta digitale di Salerno
Il turbocapitalismo finanziario sempre più cattivo, i big del tech e il debito dell'Africa: se volete leggere un solo articolo questa settimana leggetevi lo storico Alessandro Volpi su AltrEconomia (opens new window) e ringraziatemi per avervi rovinato la giornata ma aperto una finestra sul mondo dove viviamo. La sintesi: l'era del profitto è diventata ancora più selvaggia di quanto non si possa credere. Il prezzo da pagare è la vita di centinaia di milioni di persone, sempre più povere e disperate, con tutto quello che ne consegue. Per molto meno molte persone avevano salutato i loro cari ed erano andate in montagna a fare i partigiani. La mia scommessa è che l'attuale situazione sia modificabile (e migliorabile) dall'interno, con gli strumenti democratici, sulla falsariga della svolta di Salerno per intenderci (per restare da quelle parti nella metafora storica). Se però non ci diamo da fare, altri penseranno ad altri modi e potrebbero essere guai grossi.

re: wow!
Il disincanto del postmoderno ha un effetto deleterio: le cose non stupiscono più, il mondo perde il suo splendore e, accanto alla fatica quotidiana che svuota l'anima, rimane solo un cinismo virato seppia. Bene, la soluzione è semplice: partite alla riscoperta del vostro fanciullo interiore (opens new window) (archivio (opens new window)) e della sua capacità di meravigliarsi.

56K anyone?
Il dramma dei millennials americani (opens new window) (archivio (opens new window)), che sono nati e cresciuti con internet.

Corsi e rincorsi
Il tutto s'inquadra nel ragionamento (opens new window) (archivio (opens new window)) del filosofo francese Edgar Morin: il progresso della conoscenza ha portato a una regressione del pensiero.


Italiana

Contarsela su
Cos'è la storia orale? È la particolare metodologia della ricerca storica basata sulla produzione e l’utilizzo di fonti orali. Esiste una Associazione italiana di storia orale (opens new window), esistono un sacco di ricercatori che ogni giorno lavorano per preservare gli eventi del passato utilizzando queste tecniche ed esistono delle buone pratiche per farlo. Le buone pratiche per la storia orale (opens new window), emanate nel 2015, sono state revisionate nel 2020 per adeguarle al Regolamento generale per la protezione dei dati personali (GDPR), approvato nel 2016 e operativo a partire dal 2018. Servono parecchio, perché è difficile trovare occasioni istituzionali che preparino a riflettere adeguatamente su alcune criticità fondamentali della ricerca storica. In particolare, nel fare storia con le fonti orali le responsabilità della riflessione deontologica sono spesso lasciate esclusivamente sulle spalle del singolo ricercatore, al suo apprendimento sul campo e al suo personale (e spesso solitario) dialogo con le esperienze di ricerca degli storici e delle storiche che l’hanno preceduto.

L'internet dalle nostre parti Nel 2016 Laura Montanari, collega fiorentina di Repubblica, raccontava questa storia (opens new window): quarant'anni dopo (all'epoca) della prima connessione a internet via satellite, avvenuta a Pisa, ci siamo resi conto che di quel momento storico non restava quasi traccia perché nessuno ne aveva percepito il portato. Se avete qualche curiosità, qui ci sono 40 mappe che spiegano cos'è Internet (opens new window).

Mi si vede di più se mi connetto?
Finendo di parlare di metaverso e realtà aumentata: Rivista Studio ha una intervista (opens new window) a Nathan Devers, l'autore di Antimondo, appena uscito in Italia per Edizioni E/O, un romanzo che mescola filosofia e fantascienza per raccontare un mondo conquistato da Big Tech. A parte l'approccio stucchevole da fighettame milanese (che fa sembrare Diario il New Yorker italiano), il tema di fondo rimane sempre compreso nella sua pazzesca banalità: il metaverso è l'inferno. Bah.

Energizzante
Cambio di passo. Siamo arrivati in fondo al mercato tutelato. Adesso parte il meccanismo (da giugno) secondo il quale alcuni gestori vincono all'asta al ribasso, zona per zona, gli utenti che non hanno espresso preferenze o sottoscritto altri contratti. A quanto pare (opens new window), queste persone si troveranno a pagare meno dei contratti di libero mercato, perché i gestori propongono loro tariffe più convenienti (altrimenti perdono l'asta) e invece mediamente più care agli altri (altrimenti ci perdono soldi). Abbiamo fatto più di quanto chiedeva l'Unione europea e a me, da buon italiano, nessuno mi toglie dalla testa che a guadagnarci saranno in definitiva i gestori, che nella stragrande maggioranza dei casi sono solo dei broker visto che la generazione della corrente e la distribuzione non la fanno loro: si tratta di società che comprano all'ingrosso e rivendono al dettaglio facendoci un guadagno sopra. Parassiti della liberalizzazione finanziarizzata.


Multimedia

Nina Simone Sings The Blues (opens new window).

Best of (opens new window) Pink Martini.

The Jackson 5 Greatest hits (opens new window).

Enjoy.


Tsundoku

Cuore Amore (opens new window) è un piccolo capolavoro di Inoue Yasushi che appartiene al genere "dialoghi silenziosi in luogo di mare". Davvero bello (e non è neanche la cosa migliore di Yasushi!).

Psiche Erich Fromm è uno di quegli autori che oggi quasi non vengono più citati ma che un tempo avevano una sorte forse ancora peggiore dell'oblio: tutti lo citavano ma nessuno o quasi lo leggeva. Ed è un peccato, perché il padre della psicanalisi umanista è anche l'uomo che meglio ha tracciato i primi segni della crisi sistemica della società occidentale senza essere un suo avversario o desiderare sovvertirla e rivoluzionarla. Il libro da leggere è Avere o essere (opens new window): "Essere significa vita che si esprime come incessante attività e perenne motivo di trasformazione, energia che, incessantemente, muove l'individuo verso la realizzazione piena di sé e delle proprie possibilità spirituali. Avere significa stasi, paralisi delle disposizioni interiori dinamiche, attaccamento al proprio ego, incapacità di realizzare un principio di produttività sociale".

Spetteguless
Burn Book (opens new window) di Kara Swisher promette di essere un libro alquanto interessante. Mi spiego con un po' di contesto, prima. Nessun altro ha coperto l'ascesa della tecnologia a partire dagli anni Novanta come la Swisher, reporter del The Wall Street Journal e di All Things Digital. A volte era così così veloce con gli scoop che i ceo delle grandi aziende sospettavano che avesse messo una cimice nel loro ufficio. Swisher ha contribuito a fondare la conferenza oggi nota come Code, un incontro irrinunciabile dell'élite tecnologica, in cui ha messo regolarmente alla berlina chiunque, da Mark Zuckerberg a Sergey Brin. E poi c'è stata una serie di podcast di successo, in cui la sua curiosità e le sue domande simili a bombe intelligenti hanno estratto dai potenti della tecnologia cose prima inaudite. Adesso come detto esce Burn Book (opens new window), un libro di memorie che racconta la sua ascesa e i suoi incontri con personaggi del calibro di Elon Musk e Steve Jobs. Il titolo è già divertente: è una citazione da ‌Mean Girls. Infatti, il "burn book" originale (opens new window) era quello creato dalle Plastics per far girare (e montare) il gossip nel liceo North Shore. Invece, nel suo libro la Swisher analizza con attenzione il modo in cui i big della Silicon Valley, che ha seguito per 30 anni, hanno rimodellato il settore (i media) in cui si è formata. È una storia che pochi sono nella posizione migliore per raccontarla. Promette di essere un gran libro.

Opera solitaria ecc ecc
Giulio Passerini, che una penna finissima oltre che un siciliano doc, racconta rendendola appassionante traiettoria di Stefano D'Arrigo (opens new window) e del suo Horcynus Orca (opens new window) (il nostro Joyce e il nostro Ulisse (opens new window), praticamente) perché in realtà sta uscendo un inedito dell'autore: Il compratore di anime morte (opens new window), anche se per me rimane un tesoro sconosciuto ai più il fantasmagorico Cima delle nobildonne (opens new window), storia di ermafroditi in transizione. Tanta roba, insomma.

P.S.
Nello scorso numero parlavo dei Meridiani di Mondadori: casomai foste interessati: ecco la loro storia (opens new window).


Coffee break

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Al-Khwarizmi

Avevano capito tutto ma ci hanno fatto un film
Fra i film "dimenticati" degli anni Ottanta, accanto al gigante Blade Runner, ce ne sono vari. Uno è Brainstorm - Generazione elettronica (opens new window) del 1983, diretto da Douglas Trumbull. Parlando dell'Apple Vision Pro (l'ho provato qui (opens new window)), il film torna rilevante. Molto rilevante. (Grazie ad Alessio).

L'AI usata bene
Cosa si può fare usando l'AI? Ad esempio, raccontare le storie ai bambini. Sempre nuove, sempre fresche. L'app Wendy-Storyteller (opens new window) fa questo: permette di raccontare storie sempre nuove ai bambini per l'ora della nanna scegliendo i personaggi e il tipo di immagini, voce, narrazione. Una delle cose sulle quali sono convinto nel medio termine l'AI avrà un impatto fenomenale è la creazione di sfondi e contesti, ma anche di narrazioni procedurali vere e proprie. Questo è uno di quegli esempi. Da provare.

Il profumo della rosa
Google ha cambiato nome a Bard, ora si chiama Gemini (opens new window) ed è più potente di prima. E intanto OpenAI vuole prendere il controllo dei PC (opens new window) per fare tutto "da dentro".

Macchine che si parlano
Un pensiero collegato a quest'ultima cosa. C'è un intero settore della sicurezza della quale praticamente non si parla mai: è quello della gestione delle identità di entità digitali non umane. La storia della startup Oasis Security (opens new window), che sta venendo fuori adesso, è un modo per conoscere anche questo aspetto della tecnologia di rete, destinato a prendere sempre più quota.

Spacciatori dentro le scuole
C'è voluto un po' ma i dubbi che molti di noi hanno avuto sono venuti finalmente anche a un governo. Peccato sia il governo della Danimarca. La storia in breve: durante la pandemia abbiamo fatto quello che i cinesi di Mao avrebbero chiamato il "grande salto digitale". Ecco, peccato che dopo aver messo in linea gli studenti con registri elettronici e tutte le altre cose ci stiamo rendendo conto che abbiamo utilizzato le tecnologie di aziende come Google (anzi, prevalentemente Google), che sono by design costruite per appropriarsi dei dati personali. Risultato? In Danimarca hanno il governo ha ordinato alle scuole di smettere di mandare dati a Google (opens new window) e adesso si mettono tutti fermi a cercare di capire bene cosa hanno fatto sinora e di pensare a come fare meglio in futuro. Noi? Abbiamo creato un account Google a quasi tutti i bambini nostrani, a partire dalla materna fino alle medie e alle superiori. Complimenti. Evviva l'antitrust e il garante della privacy.


Capodanno lunare
Capodanno lunare ~ © Antonio Dini

La coda lunga

Quando un uccello batte le ali nell'Atlantico
Mi ha sempre affascinato una specie di mistero della storia delle grandi scoperte: perché diavolo Cristoforo Colombo è finito in Centro America anziché più a nord? C'è una spiegazione, in realtà. Quando Colombo intraprese il suo primo viaggio attraverso l'Atlantico con le sue tre caravelle, la Niña la Pinta e la Santa María, navigò a partire dalle Isole Canarie in direzione ovest, cosa che lo avrebbe probabilmente portato a sbarcare da qualche parte intorno alle coste della Carolina del Nord o del Sud. Ma dopo un mese di navigazione l'equipaggio era in ansia. Mai nella storia qualcuno aveva navigato così a ovest. La ciurma era spaventata e inquieta, e sentimenti che di solito non sono una buona notizia per una spedizione navale: gli ammutinamenti all'epoca erano frequenti e cruenti.

Poi, come dicono i diari di bordo, la vedetta della nave vide uno stormo di uccelli migratori che si dirigeva verso sud-ovest. Dopo aver riflettuto, Colombo cambiò rotta per seguire gli uccelli e la nave approdò sulla piccola isola di San Salvador, seguita da Cuba e Hispaniola (attualmente divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana). Nei suoi viaggi successivi, Colombo navigò ogni volta verso sud-ovest, "scoprendo" così l'America meridionale e centrale e molte delle isole delle Indie occidentali (così chiamate perché Colombo pensava di aver fatto il giro del mondo e di aver scoperto una rotta per le "Indie orientali").

Colombo era genovese, ma come sappiamo le sue spedizioni furono commissionate dalla Regina di Spagna. Il suo primo viaggio attraverso l'Atlantico avvenne nel 1492. Tuttavia, solo cinque anni dopo, nel 1497, anche un altro esploratore italiano Giovanni Caboto, raggiunse le Americhe. Ma questa volta era stato incaricato dal re d'Inghilterra. Lui fece una mossa diversa da quella di Colombo: proseguì il suo cammino puntando direttamente a ovest, e scoprì così quella che ancora oggi è chiamata "Terranova" (per gli anglosassoni "Newfoundland") e rivendicò il continente nordamericano per il re Enrico VII.

Così, sostanzialmente a causa dell'avvistamento di uno stormo di uccelli, oggi la maggior parte dell'America centrale e meridionale parla spagnolo e la maggior parte dell'America settentrionale parla inglese. Non credo necessariamente che questa sia l'unica ragione, perché ci sono tutta una serie di altri passaggi storici, ma secondo me illustra molto bene come piccoli eventi casuali possano modificare radicalmente o quantomeno indirizzare il corso della storia.




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




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