[Mostly Weekly ~257]

‌La lunga marcia, le parole metalmeccaniche e il wall personale


A cura di Antonio Dini
Numero 257 ~ 4 febbraio 2024

Archivio: antoniodini.com/archivio/
Per iscriversi: antoniodini.com/iscrizione/


Grazie per aver aperto questa mail! Mostly Weekly è una newsletter che esce quando è pronta, realizzata a mano, piena di refusi ma priva di algoritmi e completamente sostenuta dai suoi lettori. Se anche tu vuoi contribuire a sostenere il mio lavoro, puoi fare una donazione qui su PayPal (opens new window) in modalità Amici (è una donazione, dopotutto, non una compravendita).

Un assaggino di quanto segue: i francesi si innamorano degli stranieri (opens new window): tre persone su cinque pensano che una persona la cui lingua madre non è il francese sia più sexy. Sapevatelo, soprattutto se siete single.

Intanto, buona lettura.


I’ve seen academic life destroy the best writers of my generation
— Susan Sontag



~~~


Editoriale

X-Boomer e X-Millennial
Appartengo a una generazione a cavallo tra due mondi. La mia biografia poi è particolarmente acuta, perché sono nato letteralmente (inteso in senso proprio) a cavallo tra due decenni. Il che crea un bel po' di problemi, come mi ha magnificamente spiegato un caro amico.

Te ci scherzi ma se avessi avuto la sfera di cristallo e intravisto il ventunesimo secolo c’era proprio da fottersene dell’Università e andare a bottega entro il 1994: stabilizzazione, pensione retributiva, privilegi vari. O entrare nella PA.

Siamo stati marchiati da una adolescenza in cui sembrava che tutto sarebbe andato bene per scoprire che gli anni 80 erano solo una ricreazione, un processo di rimozione freudiana giocato sull’investimento in deficit. Donne a go-go, feste, yuppies, interessi attivi sulle giacenze in banca del 6%. (“Se papi mi lascia trecento milioni di lire, vivo di rendita!”)

Avessimo avuto idea del dopo, ora saremmo davvero tutti imbianchini, militari, preti, impiegati pubblici.

La nostra generazione X è spaccata in due: chi si è stabilizzato entro il 1994 e chi ancora no. La prima tranche la chiamo X-boomer la seconda X-millennial (i quali la ripudiano).

La cosa bella è che ciascuno di noi ha amici o parenti commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro etc. e non c’è stato uno stronzo che ci abbia avvertiti: "Dottore faccia un contratto da telefonista o da autista o da spazzino a suo figlio entro il 31.12.95 così resta nel retributivo".

La riforma di Lamberto Dini è stata un silenzioso Pacific Rim.

Una conclusione? Certo: se viene la guerra USA-Iran facciamo la great resignation e ci finiamo i soldi con fritti misti e muchachas prima che ce li inculino i bail-in. E suerte a todos.

~ ~ ~

Il lavoro del tempo
Il lavoro de tempo ~ Foto © Antonio Dini

Importante

Il tech e la fine del "cafonal"
A cosa serve la tecnologia? È un feticcio, indubbiamente. Gli strumenti, che ne sono la manifestazione tangibile, vengono usati per scopi più simbolici che reali. Tutto nella vita delle persone ha scopi simbolici perché tutto ci serve per dire qualcosa di noi, volutamente o meno (e pensarlo è un mio vizio da vecchio semiologo). Tuttavia, ci sono studi notevoli sulla moda, ad esempio. Ma per la tecnologia con questa prospettiva c'è ancora tanto da osservare. Ad esempio: stavo guardando un po' di video a giro per la rete, tra questi anche i dibattiti alla camera in Argentina (dove la situazione è critica), e ho notato che anche là, come nel resto del mondo, un sacco di politici sempre più spesso indossa l'Apple Watch. È una scelta pensata e coreografata, non casuale. Un politico non fa niente a caso, nella società dello spettacolo populista. Dal punto di vista simbolico comunica un certo benessere (devi avere anche l'iPhone, dopotutto) ma non non la spocchia o una eccessiva ricchezza, come accade con i Rolex. Inoltre, a differenza del Rolex, l'Apple Watch dice anche che uno è alla pari con le tecnologie, è "avanti". Lo smartwatch di Apple si mimetizza ma segnala comunque che la persona fa parte di una élite, perché anche per le persone al top è una forma di lusso accettabile: è il prodotto tech giusto perché è diventato uno degli status symbol della quiet luxury.

Piccoli Ceo crescono
La potremmo chiamare "ipocrisia digitale". Sembra una cosa inedita ma in realtà, nella storia umana, non c'è niente di nuovo da questo punto di vista. Cosa succede? Lo spiega l'Atlantic (opens new window) (archivio (opens new window)): le potenti aziende della Silicon Valley sostengono di abbracciare i valori dell'Illuminismo, ma invece stanno guidando una tecnocrazia antidemocratica, illiberale e autoritaria. È in buona sostanza l'ascesa del tecno-autoritarismo. Ovviamente non è una buona notizia.

Home Alone
Un'altra notizia: gli alieni non hanno visitato la Terra. Ma la notizia in realtà non è questa. Invece è la risposta alla domanda: perché tante persone intelligenti insistono sul contrario? Il New York Magazine ha uno dei più begli articoli sull'argomento (opens new window) che mi sia capitato di leggere da anni. È lungo, mamma mia se è lungo, ma è molto documentato e fa un lavoro analitico nel ritrovare il razionale dietro a voci, miti e leggende piuttosto recenti.

Echoes
Per quanto riguarda gli alieni "veri", poi, si potrebbe aggiungere un altro ragionamento. È estremamente probabile che esistano forme di vita su altri pianeti. È praticamente impossibile che, date le dimensioni dell'universo e la scala temporale di riferimento (ricordiamoci che noi homo sapiens siamo a giro da circa 150mila anni, con una serie di civilizzazioni storiche che non vanno molto più indietro di quattromila, cioè bruscolini), ci possano fare "visita". E se anche farci visita fosse possibile, è comunque meglio se non ci scoprono, perché non ci somiglierebbero per niente e sarebbero molto ma molto più avanti di noi.

Reboot
Boeing sta pensando di fare una cosa che accade piuttosto raramente: cambiare i motori a degli aerei in produzione (opens new window) e forse anche a quelli già in servizio (opens new window). La pratica si chiama "re-engine" e viene fatta molto raramente perché costosa e complessa, comporta la ricertificazione dell'aereo e anche molti aggiornamenti per i piloti. Tuttavia, in questo caso è necessaria. Coinvolge il Boeing 767, realizzato dal 1981 a oggi in 1.303 esemplari (è ancora in produzione la sola variante cargo). Il punto è che dal 2027 i motori attuali non saranno più a norma per i regolamenti internazionali sulle emissioni e i velivoli dovrebbero quindi uscire di produzione. L'idea è di sostituire gli attuali CF6 dei Boeing 767-300F con i General Electric GEnx-1B usati sugli 747-8, in maniera tale da ridurre se non altro i costi di sviluppo dei motori. La notizia, per chi segue le cose nel mondo dell'aviazione civile, è intrigante perché, in questo contesto, Boeing starebbe anche studiando l'ipotesi di ricominciare a produrre la variante passeggeri con i motori aggiornati. Alcune compagnie aeree potrebbero essere interessate a comprare l'aereo con il nuovo motore visti i problemi notevoli dei Boeing 737 Max a maggiore capacità e più lungo raggio. Sarebbe il ritorno di un piccolo aereo a fusoliera larga, costi contenuti e lunga autonomia, usato per moltissimo tempo sulle rotte atlantiche o transcontinentali, assieme al fratello Boeing 757 (a fusoliera stretta) non più in produzione dal 2004.

Vecchi fantasmi
Di tanto in tanto qualcuno per fortuna ci ricorda che i mass media possono plasmarci in maniera enorme senza che neanche ce ne accorgiamo. Qualche anno fa un gruppo di sociologi della Chapman University ha pubblicato uno studio (opens new window) sulle modalità con le quali in Italia ci raccontavamo quelle che sostenevamo essere delle "esperienze paranormali". Un tempo in Italia, ma anche in vari altri paesi d'Europa, ci si immaginava una gran varietà di fantasmi e creature demoniache di vario genere che popolavano le nostre vite e soprattutto i nostri stati di dormiveglia. La spiegazione scientifica è (quasi) sempre quella dell'asfissia da sonno, che tra le altre cose è stata regolarmente descritta dai pazienti come "un demone seduto sul petto". Ma a partire dagli anni Settanta i demoni sono scomparsi e sono stati sostituiti invece da un numero enorme di segnalazioni di Ufo. E gli Ufo erano tutti a forma di disco o di salsicciotto. I ricercatori hanno definito la scomparsa dei folletti del folklore nostrano come una forma di "omogeneizzazione culturale" e hanno attribuito l'appiattimento dell'immaginario sugli Ufo, totalmente alieni (se mi perdonate il bisticcio di parole) alla nostra tradizione, alla potenza dell'influenza dei media americani. Insomma, i film di fantascienza, arrivati nel nostro Paese in gran numero a partire dalla fine degli anni Cinquanta, hanno sostituito un immaginario secolare, nato peraltro dall'influenza medievale delle sacre scritture mescolate ad altre storie pagane precedenti. Ecco, i media fanno anche questo. Ricordiamocelo. Ne parlo anche più sotto, nel segmento su Project Tapestry (qui i link interni non ci sono, portate pazienza e scorrete un po' fino a Il wall fatto in casa, grazie).


Italiana

Scarrafoni
In Italia è talmente rara la demolizione di un palazzo nel centro di una città che finisce sul giornale (opens new window). E quasi quasi ci dispiace un po', non importa quanto fosse brutto.

Rumore di fondo
Apparecchi indossabili per la salute, gli “indossabili” che catturano i rumori del corpo umano (opens new window) (sì, avete letto bene: i rumori).

Umanesimi Letture da meditare. Secondo il celebre filosofo francese Edgar Morin (opens new window) dobbiamo rompere con il mito dell’umanesimo orgoglioso che conferisce all’uomo la sovranità sulla natura e abbracciare una visione dell’umanesimo che considera l’individuo in tutte le sue dimensioni, biologiche, sociali e individuali. È necessaria una conoscenza più complessa e globale dell’umano.

Parole metalmeccaniche
Michele Serra fa il punto (opens new window) dopo un anno di newsletter del Post. È un gran bel punto perché di Serra puoi dire tante cose, buone o cattive (come per tutti, penso), ma una è inevitabile: scrive molto bene. Non da grande romanziere, non da poeta, non da ingenuo e spontaneo Candido delle lettere e del pensiero. No, anzi. Però la sua cifra è una: scrive proprio bene, da vecchio editorialista di sinistra di quelli di una volta, che amano la politica e amano mettersi in gioco, un'idea alla volta. È un boomer che ha trovato il modo di invecchiare bene, direi.

Il club degli incazzati
Scritto con un italiano che sembra quello di Jannik Sinner, quest'articolo (opens new window) "fa chiarezza" su perché il tennista risieda a Montecarlo. A me, a parte fregare zero dove vive Sinner (che sia un milionario mi pare ovvio, bontà sua), da quando ci sono i populismi online che fanno le bucce ai soldi degli altri, salvo poi mettere un milione di like alle foto di quelli che vivono da ricchi, sentirli mi fa venire in mente una parodia degli scontri tra foglianti e giacobini durante la rivoluzione francese.


Multimedia

Patchwork
Sono stato al cinema a vedere Povere creature! (opens new window) di Yorgos Lanthimos, con una Emma Stone davvero notevole (ma guardatelo in lingua originale, magari sottotitolato, perché nel 2024 il doppiaggio non si può più sopportare). Il film diverge dal romanzo originale del 1992 (opens new window), esplorando temi femministi ma perdendo alcuni messaggi socialisti. La storia segue la creazione di Bella Baxter da parte di Godwin Baxter, mescolando realtà e finzione. Mentre il film si focalizza sul percorso personale di Bella, il libro offre una critica sociale più profonda. Qui un approfondimento (opens new window).

Bianco e nero
Sono anche andato a vedere il film di Wim Wenders, Perfect Days (opens new window) (avete presente la canzone di Lou Reed? (opens new window)) che è un gran film e lo consiglio, ma è anche decisamente pesante, pure per gli standard della vita di un giapponese di Tokyo. È la ridefinizione del concetto di alienazione, la storia di un uomo che ha deciso di punirsi e lo fa con dedita e minuziosa precisione. Ci sono tantissimi particolari che mi sono piaciuti, compresa la scansione temporale ripetitiva che rende tutto molto più alienante. Tutto tranne le sequenze oniriche, perché sono banali e alquanto piatte. Va bene eh, ma se c'è una cosa che rende l'alienazione totale è il contrasto, non la continuità, con le zone più recondite della propria psiche. Due considerazioni: la prima è che dovrebbero pubblicare la colonna sonora (se non l'hanno già fatto, c'è però questa playlist parziale (opens new window)). E la seconda è che un film come questo si presta a dei fraintendimenti clamorosi, come già La grande bellezza. È un film tristissimo, durissimo, una finestra sulla vita di uno che sta molto male (anche per gli standard giapponesi) e si punisce, ambientato in un mondo che sta invecchiando, ed è sostanzialmente in attesa di morire. Ancorato a un altro momento della sua vita, mai risolto, mai integrato, mai superato, con qualcosa di traumatico che si porta dietro: l'avete presente il testo (opens new window) di Perfect Days inteso come canzone? Altro che un film sulla calma (opens new window) e "la bellezza nell'essenzialità delle cose".

Grandi aspettative
Questo video su Youtube di 14 anni fa è meraviglioso. Intitolato Ilaria De Regis - Campionessa Di Latino (opens new window) è un servizio di un Tg Mediaset, condotto all'epoca da Giuseppe Brindisi, che racconta una notizia di cronaca bianca: una studentessa del liceo classico "Giulio Casiraghi" di Cinisello Balsamo vince la XXIX edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas, "il più prestigioso tra i certamina dedicati alla lingua latina", tenutosi dal 15 al 17 maggio 2009 ad Arpino, in provincia di Frosinone, patria del grande oratore Marco Tullio Cicerone. Ora, a parte la piacevolezza quasi scolastica del servizio, quello che rileva secondo me sono i commenti che arrivano dopo 13-14 anni perché evidentemente il video è stato rigurgitato dall'algoritmo e ha ripreso visibilità. A parte le considerazioni sul fatto che il 2009 sembri lontani secoli, ci si chiede dove sia la studentessa, che ha superato la trentina. Un tale genio di latino fa l'insegnante di italiano e storia di una scuola media, cosa che genera non poca ilarità, accompagnata da commenti del tipo "ma lavora da McDonald?", "13 anni fa: video sullo studente più bravo; oggi: video sullo tiktoker più virale". Senza contare quelli che si arrabbiamo perché gli anni del classico sono contati diversamente dagli altri licei: quarta e quinta ginnasio, primo, secondo e terzo liceo. Insomma, tanta Italia tutta da leggere.

Una manina fatata
Pare che Orion and the Dark (opens new window), un film animato per bambini dagli otto anni in su scritto da Charlie Kaufman (Thinking of Ending Things; Synecdoche, New York; Eternal Sunshine of the Spotless Mind) sia tanta roba. È su Netflix.

Punti di vista
Una cosa strana: 50 figure storiche immaginate (opens new window) come persone di oggi che vivono nel mondo contemporaneo. Fa abbastanza impressione


Tsundoku

La lunga marcia
Marco Polo ha dettato le sue avventure a Rustichello da Pisa, che era un onesto pennivendolo che per vivere scriveva (probabilmente in francese provenzale) romanzi cavallereschi. Le divisament dou monde, la "vista del mondo", titolo a occhio provvisorio di quello che oggi noi conosciamo come Il Milione, è però un mistero. Infatti, in realtà quel manoscritto non ce l'abbiamo più, perché è stato letteralmente consumato e chissà quante volte imbastardito dalle copiature e traduzioni: in antico francese, in toscano, in veneto, in latino, in "lingua franco-veneta" (qualsiasi cosa voglia dire). Questa edizione (opens new window) di Marsilio intitolata semplicemente Il Milione - La descrizione dettagliata del mondo (a me piace di più il sottotitolo del titolo) è figlia di una ricerca filologica che ha cercato di ricostruire il manoscritto originale nel modo migliore possibile (si basa sostanzialmente sul codice parigino fr.1116 (opens new window)) ed è stata ben tradotta in prosa. Si legge facilmente. È affascinante. E contiene tracce di molte narrazioni diverse. Oltretutto, cosa che non sapevo, il racconto non è mai stato terminato perché Marco Polo venne rilasciato dopo un paio di anni e noi quasi tutto quello che sappiamo di lui lo sappiamo in realtà attraverso Il Milione. Fuori dalle pagine di questo libro Messer Polo, la sua famiglia, le sue avventure e il suo tempo è come se non fossero mai esistiti. Un po' come la fanciullezza da un lato e dall'altro l'età adulta e poi il declino della vecchiaia di molti personaggi letterari: prima e dopo la storia semplicemente non esistono. E se li incontrassimo probabilmente sarebbero irriconoscibili.

Il passo giusto
La via della Cina di Renata Pisu è stata una pesca particolarmente fortunata. Pisu come giornalista è da sempre una donna affascinante, sia come scrittura che come attitudine. Per usare due luoghi comuni piuttosto lisi, una donna controcorrente con una voce fuori dal coro. In realtà l'ho riscoperta per caso leggendo la sua postfazione al libro che precede questo, Il Milione edizione Marsilio, e ne ho apprezzato la capacità di scrittura negli spazi medi. I giornalisti bravi di solito sono quelli che si distinguono negli spazi brevi (l'articolo) e talvolta in quelli lunghi (il libro). Le prefazioni sono l'equivalente di novelle o di racconti lunghi su commissione per uno scrittore: bisogna inventarsi qualcosa che funzioni e reggere il passo per una misura atipica. Ci vuole occhio e senso del ritmo. Lei in quella postfazione ha fatto una cosa che cerco sempre (ma raramente riesco) quando scrivo, cioè fare in modo che ogni parola scelta conti. Dopotutto, si viene giudicati da una singola pagina, da un singolo articolo, da un singolo numero della newsletter. Quindi, forte della postfazione, mi sono lanciato nel libro che viene giudicato il suo migliore. Le prime otto pagine sono all'altezza.

Tanta roba
Nei giorni scorsi mi sono fatto anche tutto uno studio sui Meridiani di Mondadori, edizioni che in passato avevo frequentato pochissimo per via dei due loro limiti principali: il costo e l'impraticità. Certo, carta bellissima ed edizioni definitive curate a livello maniacale, tuttavia costano molto care e leggere un Meridiano non è la cosa più piacevole del mondo dal punto di vista ergonomico. Tuttavia, in un bookcrossing, ho trovato questo secondo volume di due che contiene Tutti i racconti di Lev Tolstoj (opens new window). La riscoperta, perché in effetti lo sapevo ma me lo ero dimenticato, è stata che Mondadori tra il 2005 e il 2007 pubblicò 77 volumi della collezione principale in formato economico mettendoli in allegato a varie riviste del gruppo (qui la lista (opens new window)). Ci fu anche una discreta polemica sul fatto che in questo modo la Mondadori avesse "ucciso" il valore della sua edizione più pregiata, che poi è una copia dei Millenni di Einaudi, a loro volta una copia della Bibliothèque de la Pléiade francese. Tuttavia, devo dire, c'è un vantaggio inaspettato nei Meridiani: in poco spazio puoi stipare quasi tutto quel che ha fatto un autore e non preoccuparti di cercare altro. Tanto poi uno mica lo legge, no?

I mercanti del Nirvana
Trovo delizioso il titolo del libro, ma agghiacciante (e assolutamente condivisibile) il suo contenuto. Dalle applicazioni per smartphone e dai giardini zen ai corsi di yoga e ai ritiri silenziosi, le idee, le pratiche e l'estetica buddiste sono diventate sempre più diffuse nel mondo occidentale, grazie soprattutto alla loro promessa di fornire sollievo dal caos e dall'ansia della vita moderna. Ma, come ha notato lo scrittore Ronald Purser nel suo McMindfulness: How Mindfulness Became the New Capitalist Spirituality (opens new window), la commercializzazione contemporanea del buddismo si prevede che la sola industria globale della meditazione frutterà 31,9 miliardi di dollari entro il 2032) assomiglia poco al movimento nato nell'antica India. È invece figlia dell'individualismo occidentale e di un pizzico di pigrizia new age, declinata dalla narrazione contemporanea come simbolo dello "stare bene" e dell'essere saggi.

In your face!
Cambiamo filone. Un libro breve ma intrigante, scritto dal designer Thomas Steeles, fa luce su un oggetto che tutti amiamo odiare: Comic Sans, Is it Really That Bad? (opens new window). Qui un estratto (opens new window).


Coffee break

Mostly Weekly è una newsletter libera e gratuita per tutti. Se volete supportare il tempo che passo a raccogliere e scrivere le notizie, potete fare una piccola donazione su PayPal (opens new window) in modalità amici e parenti (che detto così sembra quasi un "in alto le mani, questa è una rapina", però vabbè ci siamo capiti).


Al-Khwarizmi

Il wall fatto in casa
Bisogna saltare l'algoritmo. Devi essere tu a decidere cosa c'è nella tua timeline. La premessa di Project Tapestry (opens new window), la nuova app di Icon Factory (opens new window) che viene peraltro lanciata tramite Kickstarter (opens new window), è apparentemente notevole. Usando protocolli aperti di Internet l'app permetterà di aggiungere e gestire fonti di contenuti molto diverse, anche prive di feed rss o simili, creando una timeline personale (ma non ci sono i social, perché sono giardini chiusi). La proposta di Project Tapestry è una soluzione a un problema quotidiano, quello della tonnellata di materiale che arriva da tutte le parti in maniera sconclusionata perché gestito da algoritmi più o meno intelligenti completamente in malafede (la pubblicità). Non si tratta solo di un problema di infodemia (opens new window): è un problema sociale e politico, oltre che psicologico a livello individuale.

Fenomenologia del burattino
Cerco di ricordarlo sempre, ma vale la pena insistere con un esempio: esistono questionari medici per valutare il proprio stato di benessere fisico e mentale. Con 10-15 domande si capisce se una persona è depressa, esaurita, infelice o tutti gli altri stati principali mentali che possiamo immaginare. Utile per eventuali approfondimenti e possibili terapie. E sono decisamente precisi. Sono test resi possibili dal fatto che siamo esseri dotate di linguaggio e di percezione di noi stessi, quindi capaci di far emergere molte informazioni preziose su chi siamo e come ci sentiamo. Ecco, immaginate che usando social e siti pilotati da sistemi di valutazione di quello che facciamo (cosa leggiamo, quali like mettiamo, quali parti dello schermo osserviamo più a lungo), è come se ogni giorno rispondessimo a qualche migliaio di queste domande, tracciando un profilo psicologico estremamente dettagliato, che espone ogni possibile vulnerabilità e lato debole di una persona a varie forme di sfruttamento. Da quelle più ingenue (lo spam pubblicitario) a quelle più sofisticate o brutali (la manipolazione politica, in chiave elettorale o di adesione e sostegno a stati sociali alterati). Dentro ci sono le spinte alla voglia forcaiola di far fuori ladri, stupratori, stranieri e tutto il resto, ma anche le campagne di orientamento verso pensieri i altrui. Immaginate le peggiori purghe cinesi o sovietiche, con tutti che spiavano tutti e dicevano cosa gli altri pensassero, con lunghissimi periodo di rieducazione nei campi o in fabbrica (quando andava bene) per chi non era un elemento "allineato", e cominciate a capire il senso del periodo che stiamo vivendo. Per questo piccole app come il Project Tapestry sono strumenti potenzialmente interessanti, secondo me, almeno nella loro premessa.

Le Giovani Marmotte del dato
I dati sono il nuovo petrolio, sì certo. E gestirli è la nostra nuova priorità. Fra poco l'AI darà una mano incredibile a fare l'analisi di grandi dataset, ma per adesso si fa tutto in maniera meno automatica. Nel settore del giornalismo, a parte gli improvvisati che si fregiano di titoli altisonanti ("Gran Mogol del Data Journalism" e amenità del genere), ci sono in realtà pochissimi che sanno cosa fare quando devono analizzare un bel barile di dati. Uno è Micah Lee di The Intercept, intervistato qui (opens new window), che ha scritto anche un libro sull'argomento: Hacks, Leaks, and Revelations (opens new window) (l'editore è un grande del settore tech, ho dei suoi manuali meravigliosi: sembra passato un secolo ma sono neanche dieci anni).

Lost in translation
I traduttori sono le prime vere vittime, ma anche tra i primi complici, dell'intelligenza artificiale. Come spiega Le Monde (opens new window) (archivio (opens new window)), sempre più editori chiedono infatti ai traduttori di lavorare a partire da una versione del testo iniziale elaborata dall'intelligenza artificiale. Questi professionisti, che comunque sono legati agli autori anche da un punto di vista legale, accettano condizioni economiche e di status meno interessanti e fondamentalmente fare da revisori di un lavoro meccanico (che, non dimentichiamocelo, è tremendo per qualità complessiva). Secondo Jörn Cambreleng, direttore dell'associazione francese Atlas per la promozione della traduzione letteraria, questa pratica è "vergognosa" sia da parte degli editori, che non menzionano mai l'uso dell'AI sulla copertina dei loro libri, sia da quella dei traduttori, che accettano a questo tipo di contratto più economico (il lavoro è comunque molto meno e a farlo non sono quelli bravi ma quelli più affamati e relativamente meno competenti). L'ultimo sondaggio sulla traduzione automatica e il post-editing, condotto dall'Association des traducteurs littéraires de France (ATLF) nel dicembre 2022 e che ha coinvolto quattrocento persone, aveva già evidenziato una "forte mancanza di trasparenza da parte degli editori" riguardo all'uso dell'AI e una "retribuzione inferiore" (per il 68%, era inferiore alle tariffe medie di traduzione). Soprattutto, i libri poi fanno schifo. In Italia non ho trovato informazioni simili, ma penso che dare una "botta" al testo con Google Translate e poi farlo "massaggiare" da un traduttore junior pagato un terzo o anche meno potrebbe essere tranquillamente diventata una pratica comune, soprattutto perché, oltre ad abbattere i costi, abbatte anche i tempi di pubblicazione.


A stroll
A stroll ~ Foto © Antonio Dini

La coda lunga

Amen, fratello
Fede, mitologia e superstizione spesso vengono confuse e si sovrappongono. Viviamo in un'epoca in cui non c'è neanche desiderio di distinguere: chi si è radicalizzato su una delle sponde di solito si guarda bene dall'andare oltre, e in generale la narrazione dominante di oggi è semplicemente orientata verso altro. Consumo, divertimento, individualismo. Tuttavia, a prescindere da quel che si pensa, anzi soprattutto a prescindere da quel che si pensa, a mio avviso le distinzioni vanno fatte. Ludwig Wittgenstein, oltre a spiegare che il dialogo tra l'ateo e il credente era vincolato dal fatto che il primo ritiene che la fede e la superstizione siano la stessa cosa mentre per il secondo si tratta di cose profondamente diverse, proponeva un ragionamento: «La superstizione e la fede religiosa sono completamente diverse. Una scaturisce dalla paura ed è una sorta di falsa scienza. L’altra è un confidare».

Poi uno non crede, non c'è problema, almeno oggi. Perché un tempo il problema c'era. Come è capitato ad esempio a questo (ma ovviamente ce ne sono tantissimi) impiccato in Inghilterra nel 1690 per blasfemia; queste le cose che diceva:

Il prigioniero aveva ripetutamente sostenuto, nel corso della conversazione, che la teologia era una rapsodia di sciocchezze mal inventate, confezionate in parte con le dottrine morali dei filosofi e in parte con finzioni poetiche e stravaganti chimere: che ridicolizzò le Sacre Scritture, chiamando l'Antico Testamento "favole di Esdra", in profana allusione alle "Favole di Esopo"; che inveì contro Cristo, dicendo che aveva imparato la magia in Egitto, che gli permetteva di compiere quegli scherzi che venivano chiamati miracoli; che chiamava il Nuovo Testamento "la storia dell'impostore Cristo"; che diceva che Mosè era il miglior artista e il miglior politico mai esistito; e che preferiva Maometto a Cristo; che le Sacre Scritture erano infarcite di tali follie, assurdità e contraddizioni, che ammirava la stupidità del mondo nell'essersi fatto illudere così a lungo da esse; che rifiutò il mistero della Trinità come indegno di essere confutato e si fece beffe dell'incarnazione di Cristo.

Ok, c'era andato giù un po' duro, però impiccarlo è una soluzione definitiva a un problema transitorio e che non viene minimamente risolto, solo radicalizzato. Infatti, il problema della religione, se si fa un unico mischione con tutto, dalla mitologia alla superstizione sino alla fede, è mal posto, secondo me. Non se ne esce. Dopodiché, sta alla ricerca di ognuno di noi capire dove vuole andare, non alle decisioni definitive (e in alcuni casi mortali) di un giudice terreno. Però anche l'ignoranza, e la violenza, non sono un cammino, non sono una opzione. Vuole semplicemente dire vivere come bruti, guidati solo dei nostri sensi e dalla montagna di stimoli che ogni giorno li solleticano.

Un post scriptum: Wittgenstein viene sbrigativamente etichettato come “agnostico”, eppure a leggerlo e a leggerne non sembra affatto questo quello che dicono i suoi testi, i suoi amici e i suoi biografi. Come se poi, tra le altre cose, ci fosse qualcosa di male nell'essere agnostici. Sapere di non sapere.




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




Ti è piaciuta? Inoltrala a chi potrebbe essere interessato.
Se l'hai ricevuta, qui puoi iscriverti
Qui invece c'è l'archivio dei numeri passati
Se vuoi contribuire al futuro di Mostly Weekly, puoi fare una piccola donazione usando PayPal (opens new window) modalità Amici e parenti
Buona domenica!