[Mostly Weekly ~255]

Il minimalista sottotraccia e il ghost writer automatico


A cura di Antonio Dini
Numero 255 ~ 21 gennaio 2024

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Antipastino: tutti i generi (opens new window) della fantascienza (per scherzo, ma fino a un certo punto).

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Intanto, buona lettura.


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Non abbiamo tanto bisogno dell'aiuto degli amici, quanto della certezza del loro aiuto
– Epicuro



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Editoriale

Quella manina amica
Cosa significa quando gli scrittori si rivolgono all'intelligenza artificiale per chiedere aiuto? Se consideriamo il machine learning un pappagallo stocastico (con sorprendenti comportamenti emergenti) in realtà significa relativamente poco. È una cosa già vista: "Poeti e romanzieri da secoli si rivolgono a sedute spiritiche, tavole Ouija e scrittura automatica per trovare ispirazione. Ora possono invocare un chatbot sui loro laptop", scrive il critico A.O. Scott nel saggio che fa da copertina per il supplemento libri del New York Times (opens new window) (archivio (opens new window)). Fantastichiamo che i programmi di intelligenza artificiale ci sedurranno o ci spazzeranno via, ci schiavizzeranno o ci faranno sentire insicuri della nostra stessa umanità. Addestrati da queste narrazioni, sia che le troviamo nei film tipo Terminator o nei romanzi dei premi Nobel, ci prepariamo a un futuro popolato da macchine intelligenti di tutti i tipi, probabilmente senzienti, che sconvolgeranno le nostre nozioni al cuore di quello che riteniamo che significhi essere umani. Al momento, però, i bot reali che sono tra noi non sono né amanti né predatori. Sono scrittori. E chi scrive li usa, oh se li usa. Ammettiamolo pure, signori della giuria. Si usano di nascosto, tantissimo, senza tentennamenti. Per creare, per tradurre, per aumentare, per ridurre, per capire, per dimenticare, per ricordare.

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Corte Sconta detta Arcana
Corte Sconta detta Arcana ~ Foto © Antonio Dini

Sottotraccia

Molto meno per molto di più
Provo a raccontare la fenomenologia della corrente che da vent’anni a questa paret sta cambiando la faccia della nostra società. Ci sono molte strade che si possono percorrere per capire il minimalismo, quella della moda dei ricchi è una. Quando si pensa alla "quiet luxury”, al "lusso tranquillo", bisogna pensare a The Row. Il marchio è estremamente rarefatto. Non fanno mai pubblicità, si occupano a malapena di stampa, ma sono il brand preferito da chi ha soldi e vuole essere seriamente alla moda. È una storia particolare, legata a due stilisti che hanno messo a tacere i critici e hanno creato uno dei marchi più ambiti al mondo.

Se non sapevate che Mary-Kate e Ashley Olsen hanno fondato The Row, non siete i soli. Il loro anonimato è stato voluto. Un tempo progetto secondario, The Row è un esempio di come si costruisce un marchio di lusso e di come si creano le tendenze essendo anti-tendenza. E quasi 20 anni fa, tutto è iniziato con una T-shirt bianca. Il periodo era tosto: siamo all’inizio degli anni Duemila. In piena logomania, con le tute a vita bassa, i pantaloni a pinocchietto, la vita impero e i vestiti sopra i jeans svasati. Chi vuole vestirsi “bene” va in tilt più o meno ovunque sul pianeta. È la coda lunga (e velenosa) degli anni Novanta. Ma a New York ci sono due adolescenti che sognano un mondo diverso.

Ossessioni altopaganti
MK&A notano un vuoto nel mercato del lusso. Ai loro occhi, nessun marchio si concentra su capi con uno stile minimalista, senza tempo e indossabili sempre. Così, mentre studiano moda alla NYU, hanno iniziato con il "basic" più elementare: la T-shirt bianca perfetta. Per farla ci hanno messo un anno e mezzo. La strategia è non diversa da quella di altre superstar della moda (tipo Ralph Lauren, che aveva iniziato con l’ambizione di creare la “cravatta perfetta”). La maglietta perfetta richiede tantissime cose diverse: vestibilità, materiali, controllo rigoroso. Anche un target demografico, che nel caso di MK&A è di almeno un paio di decenni più vecchio di loro.

Dopo la maglietta, hanno cominciato ad aggiungere un capo alla volta fino ad arrivare a una collezione di sette: oltre alla t-shirt anche un abito in cashmere e un blazer. Il nome è stato scelto come riferimento a Saville Row, la via della sartoria britannica, per comunicare l’idea di vestibilità senza pari. E fin dall’inizio si sono sganciate dal loro stesso marchio: invece, hanno puntato sull’estetica minimalista, basata sulle idee di stilisti moderni come Rei Kawakubo di Comme des Garçons, Yohji Yamamoto e Phoebe Philo.

La materia oscura della moda
The Row è ancora fedele all'idea di non farsi notare. Non fanno pubblicità. Rifuggono regolarmente dalle sfilate. Potenziano il loro negozio online. E le sorelle non hanno mai rilasciato una intervista, almeno fino a pochissimi anni fa. Eppure sono più popolari che mai, tra chi conosce il marchio, ovviamente. E hanno un superpotere comune a molti che riescono a fare cose incredibili: non solo sanno cosa vogliono, ma soprattutto sanno cosa non vogliono.

Non volevano i loghi, non volevano una moda chiassosa, non volevano uno stile che dichiarasse apertamente ed esplicitamente che appartiene a una tendenza. Invece, sono andati contro qualsiasi tendenza e non hanno messo fuori alcun marchio, perlomeno non a vista. The Row è diventata così un’azienda da 300 milioni di dollari all’anno e soprattutto il marchio di riferimento per celebrità e super-ricchi dotato di buon gusto. I loro prodotti, che sono tutto tranne che economici, stanno ridefinendo il gusto: la Margaux è una borsa da seimila euro che è stata definita la nuova Birkin.

Come un Rolex qualsiasi
Le regole di The Row sono le stesse delle azioni di branding di lusso: scarsità dei prodotti (sono rari, non si trovano ovunque), qualità dei materiali, chic senza tempo (non alla moda), anonimi ma non scontati, prezzi seriamente elevati. Queste regole sono quelle che richiedono pianificazione, lungimiranza e soprattutto pazienza. Bisogna andare avanti un passetto alla volta, con la volontà di andare fuori moda. Tuttavia, è la loro coerenza che trasforma i loro clienti in fan devoti del marchio.

Stanno beneficiando di una strategia di marketing eseguita benissimo e soprattutto del momento di gloria di una delle più grandi tendenze della moda e della vita in generale a memoria d’uomo: il lusso silenzioso. La ricchezza che sussurra, furtiva. Ricchezza che non esibisce ma che aderisce a un’idea semplice e trasgressiva: IYKYK, If you know you know, “se lo sai, lo sai”. Lo stile senza logo che su TikTok e con serie come The Succession è diventato l’emblema della nostra epoca.


Importante

Prova generale di caos
L’inflazione sta macellando l’Argentina e il pazzo al comando (opens new window), oltre che un racconto cautelativo sul futuro che ci potrebbe aspettare, è completamente fuori di melone (opens new window). I problemi quotidiani però sono come reagire all’iper-inflazione. Pagina 12 spiega (opens new window) come si fa a usare tariffe più convenienti sui mezzi con Sube, la card dei trasporti di Buenos Aires. In pratica, il 1 febbraio i prezzi dei biglietti aumentano del 250% e chi non ha una Sube registrata correttamente a suo nome paga ancora di più. Il senso di questa manovra (le Sube sono usate come digital wallet per tutto) è difficile da decodificare, almeno da qui. Ma le conseguenze sono profonde. E anche le risposte, come questa “Feria del Libro Urgente, contra la ignorancia de la Ley Ómnibus (opens new window)”, con lo slogan ‌Menos libros = más pobreza. Quando ho visitato Buenos Aires sono rimasto colpito dalla ricchezza e onnipresenza delle librerie: un mercato editoriale orgoglioso di aver riportato la lettura ai cittadini dopo il regime degli anni Settanta-Ottanta. Da ricordare che tra il 1930 e il 1976 i militari argentini hanno fatto ben sei colpi di stato mentre la democrazia c’è stata sostanzialmente solo per tre periodi: 1912–1930, 1946–1955 e 1973–1976. L’argentina era, assieme al Brasile, uno dei grandi, ricchi e colti stati del Sudamerica.

Il tappo è il meno
Abbiamo tutti (più o meno) capito che comprare acqua in bottiglie di plastica usa e getta non è il massimo per l'ambiente. Le bottiglie finiscono in giro, si sgretolano e inquinano gli ecosistemi terrestri e marini. Ma adesso una ricerca mostra (opens new window) quanto sia dannosa anche l'acqua contenuta nelle bottiglie. Una nuova tecnica ha permesso agli scienziati di osservare con maggiore precisione la prevalenza di minuscole particelle nanoplastiche nell'acqua imbottigliata e ce ne sono tantissime: 240 mila pezzi per bottiglia da un litro.

C’è intermodo e intermodo
Il trasporto marittimo globale sta diventando sempre più grande e quest'anno è in procinto di raggiungere un nuovo record: nel 2024. Quest’anno infatti (opens new window) nuove navi trasporteranno l'equivalente di 3,1 milioni di container standard di sei metri di lunghezza (i mitici TEU, ‌Twenty-foot equivalent units), il che rappresenta un aumento del 10% della capacità complessiva.


Italiana

Abrasivo fino a un certo punto
Mentre su Repubblica Marco Belpoliti cerca di reinventare la figura di Alberto Arbasino (opens new window), a me torna in mente il geniale articolo (opens new window) scritto da Giacomo Papi per Il Foglio in occasione del primo anniversario della scomparsa di Arbasino: un refuso nel nome che "coglie il dissolversi del secolo".

Squali già saltati
I 50 anni di Happy Days raccontati dal Corriere (opens new window) (a suon di vite rovinate degli attori della serie che ha lanciato Ron Howard)

Necessità insopprimibili
Accanto a Koji Yakusho, Palma d’Oro 2023, i protagonisti di Perfect Days, il film di Vim Wender, sono i bagni disegnati da Kengo Kuma, Shigeru Ban, Tadao Ando, Toyo Ito e tanti altri: architetture pubbliche uniche che Domus illustra per bene (opens new window).

Fascisti già su Marte?
Siamo in una specie di universo parallelo: solo adesso si scopre che, per la Cassazione, il saluto romano non è più reato (opens new window), a addirittura che non era neanche romano (opens new window). In compenso i fasci sono sempre i fasci (opens new window), cioè etruschi e poi romani, ma pure americani.


Multimedia

Rarefatti
10 Corso Como è tante cose diverse, ma pochi sanno che lo storico concept store milanese creato da Carla Sozzani e oggi di Tiziana Fausti (opens new window) è anche stato un editore di musica. A partire dal 2001 ha pubblicato una decina di CD, adesso praticamente introvabili. A Parigi il Buddha Bar aveva da poco iniziato la stessa operazione con uno stile e un gusto che sono diventati un fenomeno planetario, ma il chill-out di 10 Corso Como non è stato da meno. Curati da Roberto Gatti, che già critico musicale de l'espresso, oggi questi cd suonano ancora meglio di ieri. Questo è la prima raccolta (opens new window) e qui la serie intera (opens new window). Me la sto godendo.

Staccare la spina
I concerti "unplugged" di Mtv sono forse una delle cose più belle degli anni Novanta (anche se tecnicamente sono nati nel 1989). Perlomeno, quando si esce dalla solita traiettoria della musica superprodotta che inizia in quell'epoca. L'idea originale è stata di Jon Bon Jovi e Richie Sambora, che suonarono il concerto di un Mtv Award a sorpresa solo con due chitarre acustiche. La cosa fece il botto e nacque l'idea del programma. Eric Clapton e i Nirvana hanno definito il sound e l'idea stessa, ma c'è un terzo disco che è importante: si tratta di In Concert / MTV Plugged (opens new window) di Bruce Springsteen, che fa subito eccezione (è "plugged") e soprattutto porta avanti il discorso musicale del Boss senza argini se non quelli della durata del supporto. Il disco è del 1993, suona come una bomba ancora oggi.

Post tutto
Sono passati quarant'anni da quando le Go-Go's, band tutta al femminile che all'inizio aveva come cantante Belinda Carlisle, hanno portato un po' di rock post-punk e new-wave sulla scena californiana e poi internazionale. Una cosa che pochi sanno, però, è che il loro album di esordio, Beauty and the Beat (opens new window), è a tutt'oggi l'unico album d'esordio (opens new window) di una band tutta al femminile ad essere arrivato al vertice alla classifica di Billboard. Qui (opens new window) e qui (opens new window) un po' di musica, qui il long form (opens new window) che racconta la loro storia, in pratica un capitolo del libro The Go-Go's Beauty and the Beat (33 1/3) (opens new window) di Lisa Whittington-Hill (la collana sulla musica (opens new window) di Bloomsbury Academic (opens new window) è notevole di per sé).


Tsundoku

Meno margini per tutti
Ci sarebbe così tanto da dire sui Millelire, l'idea geniale di collana che rivoluzionò il prezzo dei libri in Italia dell'editore Marcello Baraghini, ma l'ha già detto Oliviero Ponte Di Pino (opens new window) presentando il libro di Daniela Piretti, Balla coi libri. 50 anni di controcultura fra passato e presente (opens new window). Tuttavia, il vero libro che segnalo qui è un altro. Uno dei best seller assoluti dell'editoria italiana e forse il più iconico di tutti i Millelire: Lettere sulla felicità (opens new window) di Epicuro. Questo libriccino è il tipping point della collana e il suo successo, racconta Ponte Di Pino, sta tutto nella potenza dei media di trasformare le cose nella mente delle persone (altro che influencer). Le Lettere, dopo che Corrado Augias a Babele ha spiegato che “Questo libro cosa mille lire ma vale milioni”, totalizza infatti oltre 2 milioni di copie vendute. E il resto è storia.

Scrivi che ti passa
John McPhee è una specie di monumento del giornalismo americano. Completamente fuori da qualsiasi grazia di Dio, è una specie di fenomeno del long form procedurale. Articoli enormi, lunghissimi, mostruosamente documentati, che richiedono tempi folli per essere realizzati. Lo dico con umiltà, dalla prospettiva di un che è venuto su facendo lo stesso mestiere ma in maniera totalmente diversa. Facevo il cronista di bianca per una radio locale a Firenze: eravamo sei in tutto a coprire 18 GR al giorno, con due o tre servizi di 15 o 25 secondi a seconda dell'importanza. Diceva il direttore dell'epoca che dovevamo tirare fuori almeno dodici notizie per turno, sennò non c'era ciccia. Ecco, sul tavolo ho Draft No. 4: On the Writing Process (opens new window), che è il modo con cui McPhee spiega la sua "vita scrivendo" (opens new window). Dopo la radio, ormai da trent'anni è la vita che ho abbracciato anche io. McPhee però lo fa con tutta un'altra velocità (opens new window) e consapevolezza (insegna anche giornalismo alle giovani leve). La sua visione della scrittura? Ci sono due tipi di persone che scrivo: quelle apertamente insicure e quelle nascostamente insicure. Non sono completamente d'accordo, credo.

Ascii art senza il computer
Visto che ne parlavamo sopra: parecchi anni fa, con un cambio di casa, ho avuto un po' di spazio per poter sistemare delle cose tra cui la mia macchina per scrivere (Olivetti Lettera 32) che era rimasta a Firenze. Quella con cui ho scritto da ragazzino, poi un po' da più grandicello (anche per lavoro) e infine con la quale ho fatto l'esame di Stato da giornalista. È sempre funzionante (ancora oggi) ma all'epoca fu anche l'occasione per andare a curiosare e trovare un po' di libri interessanti sull'argomento. C'è tutto un mondo là fuori: questo Typewriter Art: A Modern Anthology (opens new window) di Barrie Tullett è un esempio perfetto. È il libro con cui il designer britannico raccoglie e documenta una forma di arte molto particolare: quella prodotta usando la macchina per scrivere. Il libro è dedicato idealmente ai progettisti grafici, tipografi, artisti e illustratori ma anche a chiunque sia affascinato dalla tecnologia pre-digitale. Peraltro, con un "ponte" con il digitale, visto che poi da qui all'Ascii art il passo è brevissimo.


Coffee break

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Al-Khwarizmi

X100 VI?
Il mondo della fotografia digitale sta attraversando una serie piuttosto ampia di momenti di crisi: l’emersione degli smartphone prima e in prospettiva anche dei dispositivi basati su AI come alternativa o sostituti delle classiche macchine fotografiche piaccia o meno è ineluttabile. Ma ci sono stati anche altri fenomeni, come la pandemia che ha completamente cambiato la catena della produzione di aziende che avevano organizzato la loro economia attorno a pochissimi modelli di successo. È il caso di Fujifilm, che ha visto balzare vesto l’alto i prezzi del suo prodotto alto di gamma più popolare: la X100V. Non si trova e quando si trova costa tantissimo. Adesso però a quanto pare (opens new window) sta finalmente arrivando una nuova generazione di cui ancora non si sa niente se non che dovrebbe avere un sensore da 40 megapixel con stabilizzatore ottico a cinque assi. Se ne parlerà verso il 20 febbraio.

Hey Dude, Hello Again
Quarant’anni fa la prossima settimana il mondo scopriva i Macintosh. Tanta roba (opens new window).

ph0n3d
Il sito di un esperto che ha deciso di mettere online per primo i database dei nomi degli account che sono stati sfondati (si può verificare solo se si conosce già il nome dell’account) non solo ha avuto una idea geniale creando un vantaggio incolmabile da “first move”, ma continua anche a incrementarlo: ha appena aggiunto 71 milioni di altri nominativi (opens new window). Se siete finiti là vuol dire che è ora di far brillare password e, se potete, anche gli account veri e propri, e ripartire più sicuri.

E dopo manderà anche le mail
Notion, l’app database per prendere appunti e non solo, che fa tutto per organizzare progetti complessi e team numerosi, ha lanciato una app separata (opens new window) che funziona come calendario. Utile? Non sappiamo, perché di calendari ne abbiamo migliaia e migliaia. Però quelli di Notion stupidi non sono.

E molto dopo, anche lui
Obsidian non è una alternativa a Notion, nel senso che fa cose diverse. Ma può fare anche parecchio di più. Ideaverse per Obsidian (opens new window) è uno spazio e un sistema per appunti digitali collegati. Contiene più di 300 note collegate più di 1000 volte. È il kit per appunti collegati più scaricato al mondo (oltre 70mila volte). Ed è gratuito. Lo sviluppatore invita a esplorarlo, sperimentare e imparate facendo cose.

Ghost Writer Automatico
George Carlin è uno stand-up comedian morto da un po’ di tempo. Però continua a lavorare grazie alla AI (opens new window), che genera e produce nuovi speciali. Fa decisamente impressione.


Materiali culturali
Materiali culturali ~ Foto © Antonio Dini

La coda lunga

Lost in Translation
In attesa che a marzo arrivi il remake di Netflix, la serie tv cinese da vedere è Three-Body (opens new window) cioè Il problema dei tre corpi (opens new window). Fa parte dalla trilogia Memoria del passato della Terra dello scrittore di fantascienza cinese Liu Cixin, pubblicata anche in Italia, ed è una storia intrigante. Dopo aver guardato le prime due puntate capisco perché abbiano deciso di rifarla, anziché doppiarla. Si vede qui gratuitamente (opens new window), sottotitolata. Prego, non c'è di che.




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




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