[Mostly Weekly ~254]

La manona di Washington e 4 lettere alla mamma


A cura di Antonio Dini
Numero 254 ~ 14 gennaio 2024

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Intanto, buona lettura.


Those who predict the future we call futurists. Those who know when the future will happen we call billionaires
– Horace Dediu



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Editoriale

La manona di Washington
Il disastro di Boeing, con il portellone del 737 Max che salta (opens new window), è complesso da analizzare: ha radici antiche (opens new window). La proposta oggi più sensata? Se il governo americano ammettesse che Boeing è un'azienda sostanzialmente statale e la "comprasse" per riorganizzarla (opens new window) o quantomeno esercitasse un controllo diretto su di lei, forse se ne potrebbe venire a capo.

Boeing è diventata quel che è diventata fondamentalmente per due motivi: da un lato la finanziarizzazione dei big mondiali come lei (è una tendenza ormai consolidata), e dall'altro la creazione di giganteschi monopoli o duopoli. Negli Usa fu la presidenza Clinton, negli anni Novanta, a dare il via a questa tendenza, che adesso produce dei risultati decisamente negativi.

La Boeing di oggi, dopo la fusione con McDonnell-Douglas, è stata a suo tempo svuotata dal suo vertice originario, composto da ingegneri, e al suo posto sono entrati manager con competenze di tipo finanziario. Effetti del genere si sono visti anche in altri Paesi e in altri mercati: ci sono aziende enormi, perché in alcuni settori industriali la scala è ancora fondamentale, che diventano veicoli per produrre dividendi elevatissimi.

Per Boeing questo è successo anche per la situazione di sostanziale duopolio con Airbus. Non c'è un cartello tra le due, ma non ce n'è bisogno. Il duopolio è bloccato dai vincoli di produzione: ci vogliono anni per aumentare l'output di aeroplani di una delle due aziende di pochi esemplari all'anno. Questo permette a Boeing di esercitare un potere fuori misura sui suoi clienti. Le compagnie aree che comprano da Boeing sanno che non possono andare altrove (cioè da Airbus) perché gli ordinativi verrebbero evasi dall'azienda europea tra molto anni. Quindi, se i clienti sono "prigionieri" di Boeing, quelli che guidano l'azienda non hanno alcun incentivo a cambiare. Anzi, cercano di spremere il mercato più che possono. Le conseguenze sono disastrose: nel caso di Boeing sono anche spettacolari e tragiche, ma ripeto, non è assolutamente l'unica big-company che fa lo stesso. È abuso del potere di monopolio. La soluzione? La manona degli Stati, ma non è una idea popolare.

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Rosso Carrera
Rosso Carrera ~ Foto © Antonio Dini

Importante

Books
Sto lavorando a un paio di prodotti per la community del progetto Mostly. Piccoli libri, come avrete capito. Più di uno. Prodotti in proprio. Per autofinanziare la baracca ma anche per lasciare una traccia un po' più tangibile dell'effimero bit. Tra poco qui compiamo i cinque anni di newsletter! Quale software usare per impaginare? Ho preso Affinity Publisher (opens new window), incuriosito oltre che dal prezzo contenuto (oltretutto si paga una volta per sempre) e dal loro coraggio: "Credi di conoscere i software per la pubblicazione digitale? Ricrediti". Sono infatti attirato dall'idea che possano rompere uno schema di sostanziale monopolio da parte di Adobe in questo settore. Vi terrò aggiornati. L'aspetto editoriale è fondamentale e passare dal digitale (qui si deve cambiare "motore" della newsletter e fare anche un bel refactoring del sito Mostly Here, sia dal punto di vista del codice che dei contenuti) all'analogico (desktop publishing) è un'esperienza intrigante. Ma ovviamente non sono il primo a essermi cimentato con questo tipo di cose editoriali.

Soft Power
Per esempio, sapevate che la CIA ha avuto un ruolo importante nell'industria editoriale europea? Quando, dopo la Seconda guerra mondiale, le case editrici americane hanno provato a penetrare nei mercati europei, l'Agenzia era lì per "guidare" i libri che sostenevano la democrazia pagando per la loro distribuzione nel Vecchio continente. Si chiama "Soft Power" ed è l'evoluzione del concetto di "egemonia culturale" di Antonio Gramsci. Pensa te.

La CIA ha anche contribuito in modo determinante alla pubblicazione di Encounter, una popolare rivista di idee del dopoguerra che, come scrive Andrew Pettegree, "si è presto affermata nel quadro intellettuale della vita culturale britannica". Alla fine il coinvolgimento della CIA fu scoperto, causando alcuni momenti imbarazzanti per molti motivi. Scrive Pettegree: "Quando diciassette importanti intellettuali anglo-americani pubblicarono sulla Partisan Review un editoriale che denunciava le riviste della CIA, presumibilmente non erano a conoscenza del fatto che la Partisan Review aveva a sua volta ricevuto fondi da organizzazioni di facciata della CIA". È uno dei passaggi di The Book at War: How Reading Shaped Conflict and Conflict Shaped Reading (opens new window) che non è affatto male, come spiegano qui (opens new window).

Organizzarsi
Quando inizia un nuovo anno molti si prendono un'agenda: quotidiana, settimanale o quel che è. I daily planner sono un po' diversi da un'agenda: aggiungono una metodologia e c'è anche un po' di storia (a partire da George Washington) da sapere. Eccola qui (opens new window). Siete ancora in tempo per organizzare la vostra vita (ahaha, no, non lo siete; scusate, mi ero fatto prendere).

Queer and bones
Our Flag Means Death (opens new window) è stato appena cancellato dopo solo due stagioni, ma era una fantastica serie tv a tema "questi pirati queer". Se masticate benino l'inglese, vale la pena. Soprattutto perché è finita e non ci saranno altre puntate (auspicabilmente).

La mamma
Kurt Gödel, il grande logico, voleva molto bene alla sua mamma. Al punto da scriverle, in maniera accalorata, ben quattro lettere che spiegano il suo pensiero riguardo alla vita oltre la vita (opens new window): l'amore filiale diventa fede (e Gödel di temi religiosi non aveva mai parlato pubblicamente) o consolazione? In realtà la società patriarcale dell'epoca non ha conservato le lettere di risposta della madre, che magari era un'atea mangiapreti. Chissà.


Italiana

Manutenzione programmata
Paolo Attivissimo racconta, a quel che mi risulta per primo in italiano, il dieselgate dei treni (opens new window): una storia di obsolescenza programmata che diventa praticamente una truffa di alcuni produttori di treni ai danni delle compagnie ferroviarie e dei passeggeri. A scoprirlo sono stati un gruppo di hacker etici, aggiungendo così il fatto che ormai il software si è mangiato tutto. Anche i treni.

Freelancers
Come va il giornalismo in Italia? Male, malissimo: ecco qui le magagne soprattutto per i freelance (opens new window). Tutto quello di cui di solito non si parla soprattutto per paura non di lavorare mai più.

Der Tod in Florenz
Sigmund Freud non aveva una grande idea di Firenze e dei fiorentini soprattutto (opens new window) (come dargli torto). Poi, non appena gli tolsero di torno i secondi si innamorò della pace della città e soprattutto della sua campagna: dal giardino di Boboli alle colline oltre San Miniato. Oggi l'avrebbero borseggiato all'uscita da Santa Maria Novella.

La notte dell'AI
Secondo HDBlog Rabbit r1 è il Tamagotchi del futuro (opens new window): un addio alle app, sostitute dall'AI che fa tutto al posto loro. Entusiasmo genuino o hype prefabbricata? Tra un po' potremo anche fare a meno di comprare il gadget, tanto farà tutto benissimo da solo senza di noi.

I fumetti e l'AI
Così le intelligenze artificiali stanno trasformando il fumetto: la sintesi di Francesco D'Isa (opens new window) di un articolo pubblicato lo scorso ottobre sul settimanale belga Le Vif, in cui il fumettista Ilan Manouach si interroga sulle relazioni tra AI e comics.

Tomaso Poggio
Qualche numero fa di Mostly Weekly avevo consigliato il libro di Tomaso Poggio e Marco Magrini, Cervelli Menti Algoritmi (opens new window). Il momento è certamente proficuo per parlare dell'argomento: qui la videointervista a Poggio (opens new window) (che è genovese) fatta da Primocanale.

Sei Chiara come l'alba
Ma i social network? E gli influencer? L'indagine su Chiara Ferragni ha fatto da apripista, con un insolito tempismo, alla comunicazione da parte dell'Agcom di alcune novità sulla pubblicità ingannevole in rete. Avremo presto un modo per definire e regolamentare la figura dell'influencer. Ancora se ne sa poco (opens new window), però ci sono multe salate dietro l'angolo (fino a 600mila euro). Intanto la Ferragni, come tutti quelli che hanno avuto successo in Italia, la stanno lapidando sulla pubblica via.


Multimedia

Era il più bravo di tutti
Il sound-check di Prince del 19 luglio 1991 (opens new window) al Metrodrome di Minneapolis in vista del concerto per i Giochi Olimpici avrebbe potuto vendere decine di migliaia di biglietti, come un concerto a se stante, incluso il suo classico: "Miei carissimi, siamo qui riuniti oggi per una cosa chiamata Sound Check". (Se vi manca Prince, qui c'è tutto il concerto di Berlino del 2010 (opens new window)).

Live An Evening Of E9: Lloyd Green & Tommy White (opens new window).

Il declutter del bradipo
Non arrivo in ritardo a questo video per caso: ci arrivo apposta. 24 Things to declutter BEFORE 2024 (opens new window) (for an amazing beginning ✨).

Il copia-e-incolla di Woody
La macchina per scrivere, le forbici e la spillatrice di Woody Allen: il regista newyorkese ci mostra (opens new window) come scrive (c'è anche un documentario (opens new window)) per di più con la stessa macchina per scrivere tedesca, una Olympia SM3 Deluxe,che usa da quando aveva 16 anni (opens new window)). L'accento da vecchio ragazzo ebreo di Brookyln è fantastico.

Gulp! Fumettari in laguna
Hugo Pratt è stato uno dei più importanti fumettisti, anzi "fumettari" europei, il più importante italiano. Non venne intervistato spesso, ma una volta, alla fine degli anni Settanta, Super Gulp! Fumetti in Tv (opens new window) lo raccontò con uno stile che oggi sembra strano e poco attuale ma che invece era caratteristico dell'epoca. Sono sei minuti tutti da vedere, che a me fanno un po' capire anche perché la tv di oggi è sostanzialmente spazzatura mentale.

Vuoi giocare con me?
L'AI una cosa la sta facendo di sicuro: ha cambiato per sempre i videogiochi (opens new window). Ed è una cosa molto importante, perché quello che succede oggi ai video game, domani succederà nel resto del mondo.

Sarah Keyworth
Segnatevi il nome di un'altra stand-up comedian: Sarah Keyworth (opens new window).

A lenta combustione
Il monologo iniziale di John Mulaney ai Governors Awards (opens new window). (Questo non ve lo segnate).


Tsundoku

Back to basics
Andiamo un po' indietro nel tempo con una strana trilogia di un grande giornalista di inizio Novecento oggi completamente dimenticato: Luigi Barzini Senior (1874-1947). Se trovate questi libri siete bravi (le edizioni originali, poi, sono strepitose, secondo me).

La Terra promessa
All’inizio del Novecento l’Argentina era una delle “terre promesse” per gli italiani, bisognosi di una speranza, di un avvenire più luminoso e sicuro. Nelle “lettere argentine”, pubblicate dal Corriere della Sera tra la fine del 1901 e il 1902, la penna di Barzini restituisce un quadro affascinante e complesso allo stesso tempo: la ricchezza e la miseria, la crisi economica, i pro e i contro dell’immigrazione, la corruzione, le contaminazioni, la dignità delle persone. Tutto è mirabilmente descritto, con lucidità e passione, da una delle voci migliori del giornalismo italiano del XX secolo: L'Argentina vista com'è (opens new window).

Lacrime in prima classe
"Chi può udire senza commozione profonda – scrive Barzini Sr. – il grido che si leva da una nave carica d’emigranti, nel momento della partenza, quel grido al quale risponde la moltitudine assiepata sulle banchine, urlo disperato di mille voci rauche di pianto? Gridano addio! E par che gridino aiuto! L’addio! Non c’è cosa più amara e più dolorosa. Tutta l’umana sofferenza può essere espressa in questa parola: addio! In fondo ad ogni nostro dolore possiamo trovare sempre un addio: a qualche cosa o a qualcheduno. Io non dimenticherò mai la triste partenza di questo vapore che mi trasporta al di là dell’Atlantico; forse perché anche io, partendo, mi sento un po’ compagno agli emigranti che sono a bordo. E anche perché nella noia e nella disillusione dei viaggi vi sono due grandi emozioni, due sole, alle quali nessuno può sottrarsi: la partenza e il ritorno".

Quei temerari sulla loro auto tonante
Spostiamoci più in là. Da Parigi a Pechino in 60 giorni (opens new window), pubblicato nel 1908 contemporaneamente in undici lingue, rende Barzini famoso ovunque. Come nasce questo libro? La storia è ancora più incredibile. Nel 1907 il giornale francese Le Matin organizza la gara automobilistica Pechino-Parigi. Dall'Italia s'iscrive il principe Scipione Borghese. Il Corriere della Sera ottiene un accordo con l'unico partecipante italiano, il quale acconsente che Luigi Barzini si unisca all'equipaggio. Gli articoli di Barzini sono pubblicati sul Corriere della Sera e sull'inglese Daily Telegraph. L'Itala guidata da Borghese attraversa regioni e popolazioni in Siberia ed in Russia che non hanno mai visto un'automobile prima di allora. Barzini scrive sotto le condizioni atmosferiche più disparate ed invia i pezzi quando trova una stazione telegrafica. L'arrivo a Parigi è un trionfo. Dopo la vittoria, Barzini entra nel gotha del giornalismo internazionale. Mario Borsa, a Londra come corrispondente del Secolo lesse tutte le mattine i dispacci di Barzini sul Telegraph: «Erano dispacci freschi, snelli, lucidi, che trasportavano il lettore in una volata attraverso mezzo mondo, dandogli ogni mattina emozioni e paesaggi sempre nuovi».

Il futuro "nobile alleaten" del Sol Levante
Torniamo un po' indietro, al 1905. Il Giappone in armi (opens new window) è il libro che racconta la guerra russo-giapponese del 1904-1905. È la grande intuizione e il grande scoop di Barzini: lui è il primo giornalista occidentale a capire che stava per scoppiare la guerra, che sarebbe stata tutta un'altra guerra. È il primo ad arrivare, il primo a raccontarla, comunque il migliore. Il racconto della battaglia di Mukden è considerata ancora oggi il miglior reportage di guerra di sempre. Ma qual è il contesto di quegli anni? Il Giappone, da poco uscito dalla fase feudale, si stava avviando a divenire una grande potenza asiatica; viceversa in Russia si iniziava a crescere l'opposizione al regime zarista che sfocerà nella rivoluzione del 1905, prodromo di quella ben più drammatica del 1917 e della successiva guerra civile. Il conflitto russo-giapponese del 1904-1905 si rivela particolarmente importante anche per comprendere le dinamiche e le problematiche strategiche e tattiche che saranno proprie delle guerre mondiali successive. Fa da spartiacque alle esperienze belliche precedenti segnando un punto di svolta nella storia militare. È, insomma, una guerra fondamentale.

La prima guerra elettrica
Infatti, se rimanevano validi i principi della guerra ottocentesca, con divise sgargianti, attacchi a ranghi serrati ed estremo senso dell’onore, questi dovettero fare i conti con la modernità e i suoi potenti mezzi di distruzione. La guerra ebbe all’epoca una risonanza globale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione (telefono e radio). La comunicazione di massa fu una caratteristica a cui si aggiunse la nuova capacità industriale di condurre il conflitto su una scala senza precedenti. In conclusione, per un decennio questo conflitto, sino allo scoppio della Prima guerra mondiale e di tutti gli orrori che ne seguirono, fu considerato il più importante evento militare per uomini, mezzi e strategie impiegate, salvo poi essere appunto oscurato e quasi dimenticato.

Un flâneur entre deux guerres
Seguono le altre due guerre, la prima delle quali Barzini raccontò con maestria, la seconda meno (l'ultima corrispondenza è pubblicata il giorno di Natale del 1943). Partiamo tuttavia della Prima guerra mondiale: Al fronte (maggio-ottobre 1915) (opens new window) è un libro che cuce assieme gli aspetti più diversi del conflitto negli iniziali quattro mesi del suo svolgimento, dagli ultimi giorni di maggio agli ultimi giorni di settembre. È il frutto di vari periodi di residenza al fronte di Barzini e di quel che ha visto. Partecipando al viaggio dei corrispondenti dei giornali nelle zone di operazione, viaggio durato quasi cinque settimane. Ancora con i cannoni tonanti e il rischio di una sconfitta umiliante per l'Italia, l’autore raccoglie la materia essenziale del volume e lo pubblica. Il risultato è una narrazione potente e sempre attuale, che da un lato ci mostra un quadretto abbondantemente censurato di un momento critico della nostra storia e dall’altro funge da monito per il futuro. Qualcosa di quanto scrive Barzini Sr., anzi molto, tra le righe viste e riviste dalla censura, passa. E la sua bravura era essenzialmente quello.

Il prode Ettore
La storia di Luigi Barzini Sr. è enorme: da modesta una famiglia di Orvieto a più grande giornalista italiani vivente nella prima metà del Novecento (per intuizione di Luigi Albertini, "inventore" del Corriere della Sera, con cui romperà bruscamente) e poi emigrato di lusso in America, dove non avrà fortuna. Torna in Italia, abbraccia definitivamente il fascismo con cui è stato da lontano legato: è comunque sempre stato un giornalista vicino al potere, qualsiasi esso sia. Il fascismo però non lo riconosce più come suo, ci fa a pugni, ci si concilia (grazie anche al forte rapporto personale con Mussolini e i suoi famigliari) e poi ne soffre profondamente. È il fascismo e poi il nazismo che gli uccide il figlio Ettore, che ha difeso e protetto ebrei e partigiani e per questo ha finito i suoi giorni a poco più di trent'anni a Mauthausen. Barzini Sr. direttore dell'Agenzia Stefani (diventerà l'Ansa) cerca di salvare il figlio in tutti i modi, ma non riesce. È l'inizio anche della sua fine. Dopo la guerra Barzini Senior passa attraverso il processo accusato di essere fascista (nonostante Mussolini l'avesse fatto a un certo punto anche arrestare) e perde tutto, anche il titolo di Senatore. E poi la miseria: punito per il lato della barricata che aveva scelto senza mai realmente militarvi. Un altro figlio, Luigi Barzini Junior (1908-1984), sarà anche lui un grande giornalista, anche se non al livello del padre. Ma vicino.

Sulle orme del padre
Gli inizi di Barzini Jr. sono in America (siamo tornati nel 1925) e vengono raccolti in questo libro, O America! - Eravamo giovani assieme (opens new window) ben fatto e coinvolgente, con una bella e autorevole presentazione di Indro Montanelli nel risvolto di copertina. Ma a dargli fama, seppure inferiore a quella del padre, sarà un altro libro divenuto piuttosto noto fuori dallo Stivale: Gli italiani (opens new window). Fu tradotto in molte lingue e a lungo studiato. È l'ispirazione di tanti libri successivi (mi viene in mente Italians di Beppe Severgnini) solo meglio.

Giusto un filo di retorica
"Vi sono sempre stati in Italia uomini di eccezionale levatura morale, uomini severi e ostinati che perseguono le loro visioni solitarie, si rifiutano di osservare le norme degli altri o ne creano di proprie. Continuano a lottare, nonostante l’ostilità e le critiche, a modo loro, senza speranza di vincere, né timore di perdere. Quasi tutti hanno sempre perso nel passato. Continuano a essere sopraffatti anche oggi. Una minoranza, tuttavia, riesce a trionfare, di quando in quando. Sono costoro i grandi uomini d’Italia, quelli che gli italiani di rado apprezzano finché vivono, ma onorano dopo la morte e di cui si vantano".


Coffee break

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Al-Khwarizmi

A volte ritornano
Un po' di tempo fa una persona mi ha chiesto: perché quando viaggi torni spesso nei posti dove sei già stato anziché andare in posti sempre nuovi? La risposta è semplice: a parte le ragioni di lavoro che spingono a ritornare, il motivo è legato al tempo che ci vuole, almeno a me, per cominciare a capire un posto. La prima impressione, la seconda e poi via via, come quando si sbuccia una cipolla. Strato dopo strato. Con l'accortezza che al cuore di questa cipolla metafisica non si arriva mai, perlomeno non io. Lo premetto perché a Philadelphia, città che ho visitato per la prima volta a cavallo tra novembre e dicembre scorsi, ho visto parecchie cose, sì, ma d'altro canto ho appena intravisto quel che si può vedere. Mi sono perso per poco, praticamente una parallela, Bundy Computer (opens new window): il negozio Apple Authorized Reseller dal 1979 e in realtà nato nel 1919 come Bundy Typewriter Co, a conduzione familiare (oggi siamo alla terza generazione) e per un certo periodo il più grande rivenditore di macchine per scrivere degli Stati Uniti. Me lo sono segnato, è uno dei posti davanti ai quali andare a far flanella quando ripasserò da Philly.

Duchamp chi?
Un giornalista dell'Intelligencer (opens new window), una delle pubblicazioni del settimanale New York, ha venduto una matita usata su TikTok Shop. Doveva essere un test, all'improvviso centinaia di persone lo guardavano nella live. Cosa sta succedendo? La vendita viene pompata di brutto dall'algoritmo. Perché? Una lezione sulla trasformazione dei social (in Italia due anni dopo l'Agenzia per le Entrate avrebbe fatto arrivare una cartella esattoriale da 2,79 euro con 330 euro di multa).

Lavoretto di fino
L'intelligenza artificiale è uno strumento, e come tutti gli strumenti va saputa usare. Quelli che in qualche topaia cinese caricano al volo su Amazon vagonate di prodotti discutibili con titoli e spiegazioni creati da ChatGPT mi sa che non appartengono al gruppo di chi la sa usare bene, almeno a giudicare dal titolo di alcune inserzioni: "Mi dispiace, ma non posso soddisfare questa richiesta perché va contro la politica di utilizzo di OpenAI (opens new window)".

Questo non è un titolo
Tra l'altro, un altro problema che sta diventando comune è quello dello spam generato dai sistemi automatici e flaggato da altri sistemi automatici: in questa pagina di Stackexchange sull'uso della lingua inglese (opens new window) l'OP (l'Original Poster, per i meno addentro) copia alcuni esempi di frasi scritte da ChatGPT con lo scopo di mostrare come sono strutturate e come sia possibile riconoscerle. Peccato che il contenuto venga individuato come spam generato da chatbot, flaggato e bannato. Ah, l'ironia della vita, alle volte.


Colonne e scale
Colonne e scale ~ Foto © Antonio Dini

La coda lunga

Sono solo canzonette
Joshua Bell, uno dei più importanti talenti nel mondo della musica classica, nel 2007 si è prestato a fare da strumento per un interessante esperimento sociale organizzato dal Washington Post. Bell si è travestito da busker, da artista di strada. Il direttore musicale dell'Academy of St Martin in the Fields, solista di fama mondiale ed ex bambino prodigio, è al vertice della sua professione ed è considerato uno dei più grandi violinisti del nostro tempo. Suona solo uno Stradivari del 1713 che vale qualche milione, per dire.

L'esperimento. Una mattina, in piena ora di punta, Bell, in tenuta casual e con un cappellino da baseball che lo rendeva praticamente irriconoscibile, ha aperto la custodia del suo violino e ha iniziato a suonare all'ingresso della metro di L'Enfant Plaza, nel centro di Washington DC.

Nell'arco di 43 minuti il violinista ha eseguito sei brani classici, due di Bach, uno di Massenet e uno ciascuno di Schubert e Ponce. Su 1.097 persone che sono passate accanto a Bell in quell'arco di tempo, 27 hanno dato dei soldi e solo sette si sono fermate ad ascoltare per qualche minuto. In totale, Bell ha guadagnato poco più di 52 dollari, escludendo però una banconota da 20 dollari da parte di un passante che lo aveva riconosciuto.

Tre sere prima Bell si era esibito, suonando gli stessi brani, su uno dei palcoscenici più famosi del mondo a New York e chi era andato ad ascoltarlo aveva pagato almeno 100 dollari per i biglietti più economici in piccionaia.

Cosa ci dice questo esperimento? Che lo straordinario in un ambiente ordinario spesso non brilla, non viene riconosciuto. Che la cultura orienta e dirime, ma che dipende dal contesto e dall'attenzione. Dalla capacità di comunicare chi siamo e che valiamo. Soprattutto, che i più grandi geni della storia sono rimasti solo potenziali grandi geni, in realtà sconosciuti a tutti, persino a loro stessi, persi a suonare in qualche metropolitana o a scrivere qualche accalarata newsletter nel loro sgabuzzino.

Questo è il video della "storia di Bell in metrò" (opens new window) (sarebbe un bel titolo per un racconto).




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




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