[Mostly Weekly ~186]
Come pensare quando si ha paura
A cura di Antonio Dini
Numero 186 ~ 25 settembre 2022
Benvenuti su Mostly Weekly, la newsletter settimanale che esce quando è pronta.
Come sapete, l'immodesta ambizione di Mostly Weekly è aiutare la crescita della cultura informatica in Italia, ma ovviamente non si parla solo di quello, sennò ci annoieremmo tutti. Questa volta, come vedrete, c'è anche da parlare di guerra, tra le altre cose, perché l'invasione russa dell'Ucraina sta arrivando a un punto critico e a mio avviso spaventoso. La domanda è: come pensare quando si ha paura?
Potete leggere i vecchi numeri di Mostly Weekly nell'archivio che trovate qui (opens new window).
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Intanto, buona lettura.
Success is getting what you want. Happiness is wanting what you get
– Dale Carnegie
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Editoriale
Alexander Stubb, ex premier finlandese e accademico, offre secondo me la reazione più razionale (opens new window) alle dichiarazioni di questa settimana di Vladimir Putin (opens new window) rispondendo a queste domande: cosa ha detto Putin, perché lo ha detto adesso, come dovremmo reagire, è veramente nei guai, più la conclusione. Il suo modo di capire le cose mi piace molto. Lo trovo una maniera interessante per capire come pensare quando si ha paura.
Perché le notizie sparate dalla stampa e amplificate dai social mantengono una caratteristica di sensazionalismo che serve a sottolineare l'urgenza e la novità dei temi ma non aiuta a capire e soprattutto a gestire le proprie emozioni. Siccome non sono gli altri che devono imparare a gestire le nostre emozioni ma siamo noi stessi, il ricorso a un po' di razionalità da parte nostra (e a respirare piano e profondo, che fa sempre bene assieme a delle lunghe camminate) è un buon esercizio.
Di seguito, quindi, quel che ha scritto Stubb riguardo al precipitare della situazione (opens new window): è un po' lungo ma prendetelo oltre che come informazione anche come esercizio zen e immaginate di applicarlo in altri contesti della vostra vita (dopo che qualcuno ha fatto una sparata contro di voi sul lavoro o in famiglia, ad esempio).
Parla Stubb:
Le mie prime reazioni al discorso di Putin di questa mattina.
- Stiamo entrando in una nuova fase della guerra.
- Putin è disperato, ma prendetelo sul serio.
- Siamo in gioco per il lungo periodo - pensate all'imprevedibilità.
Che cosa ha detto Putin?
- Mobilitazione parziale di 300.000 persone (nuova).
- Ulteriori annessioni di regioni (vecchie) e referendum (nuovi).
- Minaccia di usare le armi nucleari (vecchia).
Conclusione: è improbabile che una delle tre soluzioni funzioni.
Perché lo ha detto ora?
- È in difficoltà sia militarmente che politicamente.
- Senza mobilitazione la Russia potrebbe potenzialmente perdere la guerra.
- Dopo le ultime perdite invia un messaggio di escalation.
Conclusione: anche se sta bluffando, prendetelo sul serio.
Come reagire?
- Freddi, calmi e raccolti.
- Condanna generale in sede ONU, preferibilmente con una votazione.
- Non cedere di un centimetro e non negoziare.
Conclusione: continuare a sostenere l'Ucraina militarmente e finanziariamente.
Perché Putin è in difficoltà?
- Perdita del rispetto e del sostegno in patria.
- Perdita di rispetto tra i "sostenitori" (Cina e India).
- Russia sempre più isolata.
Conclusione: Putin non capisce la frase "se sei in una buca, smetti di scavare".
Cosa accadrà in seguito?
- La mobilitazione sarà lenta, richiederà mesi.
- L'opzione nucleare forse è un bluff: il costo di questa opzione è troppo alto.
- Prepararsi a un inverno di guerra.
Conclusione: siamo in ballo per il lungo periodo. Tenete presente che Putin è imprevedibile.
PS. Come accademico, sono sempre riluttante a reagire a un evento con breve preavviso: preferisco riflettere.
Come ex politico, mi rendo conto che molte delle mie reazioni iniziali potrebbero non reggere alla prova del tempo. Mi scuso in anticipo. Questo è un modo per cercare di capire.
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Importante
Dice (opens new window) Giulia Pompili, una delle migliori giornaliste italiane di esteri:
A proposito di decoupling della Cina dal resto del mondo occidentale. Stamattina è arrivato questo comunicato stampa dalla Camera di commercio europea in Cina, una istituzione che finora aveva avuto i paraocchi su tutte le storture del sistema cinese: “La Camera di Commercio dell'Unione Europea in Cina ha pubblicato oggi il Position Paper 2022/2023 dell'European Business in China, in cui si chiede al governo cinese di applicare la sua collaudata serie di riforme pragmatiche di fronte ai venti contrari dell'economia e alle crescenti tensioni geopolitiche. Mentre in passato l'agenda di riforme di Pechino ha contribuito a garantire la stabilità, a promuovere la crescita economica e a facilitare gli enormi afflussi di investimenti diretti esteri, ora l'ideologia sta prevalendo sull'economia”. La camera di commercio europea dice: l'ideologia sta surclassando l'economia. Cita le conseguenze della Zero Covid policy ma molto altro. È un documento importante perché anche i più convinti di fare affari con la Cina stanno mollando. Non solo: il ritratto che ne esce della Cina è pessimo, è un percorso d'isolamento inarrestabile, che somiglia tantissimo a quello intrapreso da Putin per la Federazione russa. (Precisazione: quando scrivo "aveva avuto i paraocchi" voglio dire che ha cercato di evitare il più possibile delle questioni politiche per concentrarsi sul suo obiettivo, cioè fare affari europei in Cina. Non era denigratorio).
È incredibile come un intero popolo possa passare da un eccesso all'altro nel tempo di un battito di ciglia. Anche un altro esempio. In un aggregatore di notizie ho trovato una accanto all'altra queste due notizie: da un lato, NPR spiega che se avete problemi di pressione, anziché prendere delle medicine specifiche (che poi fanno casino con altre medicine e si rischiano effetti collaterali brutti) provate a fare esercizi di respirazione (opens new window). Bello ma un po' pericoloso (gente che non si misura più la pressione e respira fino a che non schiatta).
Dall'altro lato, GQ vi informa che sta arrivando una nuova pillola magica (opens new window) che fa perdere peso solo a guardarla e si chiede (furbetto) se il mondo è pronto alla rivoluzione della perdita di peso farmacologica "sul serio". Male male. Voglio dire, a parte situazioni gravi dove, sotto supervisione medica, può essere necessario perdere peso rapidamente ma con attenzione, già mi vedo eserciti di tizi sovrappeso come me che al posto dei TicTac si mettono a sgranocchiare l'equivalente per la ciccia di quello che la pillola blu è stata per le attività sessuali ricreative.
Perdonatemi il cambio di fronte, ma la notizia secondo me è significativa (anche se non necessariamente buona). Secondo un rapporto (opens new window) dell'Agenzia Internazionale per l'Energia, quasi 40 milioni di persone in tutto il mondo (opens new window) svolgono lavori legati all'energia pulita. Questo numero rappresenta il 56% dell'occupazione totale del settore energetico, il che significa che, per la prima volta in assoluto, i posti di lavoro legati all'energia pulita superano quelli legati alla produzione, al trasporto e al consumo dei combustibili fossili.
Italiana
Promesse elettorali. Quando leggerete questa newsletter i giochi saranno praticamente già fatti (cioè saremo al voto o subito dopo, a seconda che la apriate oggi-domenica o nei giorni successivi). Tra le tante cose che sono state promesse ce n’è una che tocca il canone Rai, quella cosa che tutti i possessori di apparecchi televisivi devono pagare ogni anno. Beh, c’è chi vorrebbe cambiare (opens new window) (togliendolo dalla bolletta del gas/luce, come peraltro già previsto) o addirittura eliminarlo.
Leonard Berberi, uno dei pochi giornalisti italiani mainstream con una genuina passione per l’aviazione civile, ha intervistato per il Corriere della Sera (opens new window) Michael O’Leary, capo di Ryanair, uno dei personaggi più difficili e importanti da intervistare per capire dove sta andando l’aviazione europea.
Una discussione ricorrente con alcuni amici e qualche volta anche con mio figlio che fa le elementari (sulle cose relative a singole nozioni in realtà discuto con la maestra per tramite di mio figlio), è quella sull'Italia Paese più bello/migliore del mondo, oppure no. Premesso che vivo in Italia e non ci penso neanche ad andare via, non penso che l'Italia sia il Paese migliore e o più bello del mondo. Né che contenga l'80% delle opere d'arte del pianeta (a meno di considerare valida la definizione di opera d'arte come artefatto europeo). Non credo nelle classifiche. Però come giornalista ne ho pubblicate a centinaia: sono un modo per rappresentare in maniera schematica la realtà che funziona. Tra le tante, non sono particolarmente affezionato alle classifiche sulle città migliori e peggiori. Lunga premessa per dire che tuttavia mi stupisce vedere che, quando il Post pubblica (opens new window) la classifica stilata dall'Economist (opens new window) sulle città migliori per qualità della vita in Europa e nel Mondo, di città italiane non se ne veda neanche l'ombra. Secondo me è una notizia, magari non da titolo ma almeno da citare in una riga nell'articolo. Invece, nisba.
Certo che se qualcuno ne ha fatta una sporca in Inghilterra, i dieci giorni di lutto nazionale per la Regina (per fortuna finiti) sono stati il momento perfetto (opens new window) per passarla liscia. Hanno chiuso tutto, anche pezzi di ospedali, servizi funerari, attività di prima necessità. Fuori di testa, quasi come quelli in coda come beccaccini a veder passare la salma.
Non so se è confortante o spiazzante che nei giornali italiani vadano avanti le rubriche con gli oroscopi, la posta ai lettori, i piccoli annunci. Certo, alcune cose sono intelligenti e toccano momenti importanti, soprattutto se fatte con garbo e da persone intelligenti, come la rubrica di Internazionale che questa volta (opens new window) tocca l'affettività degli adulti post-pandemia. Però, suvvia, non è tutto un po' antico?
Perché le interviste agli attori della mia epoca (opens new window) (quelli che all'incirca hanno mezzo secolo o un po' di più) finiscono sempre con queste cose da tv del pomeriggio: la ricerca della spiritualità dentro e fuori sé stessi, l'incontro con le persone speciali, il mischione psicanalisi-buddismo-Medjugorje con la banalità di bel-libro-da-leggere-la-bibbia-però. No, sul serio: perché? Ma un adulto mai?
Di questo articolo sponsorizzato del Post (opens new window) (più interessante di molte cose non sponsorizzate) mi porto via due concetti: uno è che esiste una moda genderless che è estremamente interessante perché lavora sulla categoria del minimalismo e anche dei materiali tecnici (non a caso è di Uniqlo) anziché sullo stereotipo della donna “maschietto” o dell’uomo “femminuccia” o cose del genere stile pop-star anni Ottanta. E l’altro è l’idea che esista una cosa chiamata capsule collection, “una collezione – scrive Il Post – con un numero di capi limitato”, che nasce dall’idea “di creare un guardaroba che possa stare in una valigia, senza rinunciare all’essenzialità, alla versatilità e alla funzionalità”. Lo voglio, mi candido! (Costerà troppo e non mi serve, però mi piace).
The Man Who Explains Italy (opens new window). Si intitola così l’articolo sul New Yorker che ha lasciato l’uomo in questione senza parole (opens new window): “In vista di un'elezione storica, Francesco Costa è diventato un fenomeno dei nuovi media, tagliando l'insularità dei grandi giornali per offrire un'informazione divertente e incisiva”. Gideon Lewis-Kraus ci regala un ritratto di Francesco Costa che nessun giornale italiano avrebbe mai scritto. E non solo perché bisognava guardare l’Italia da un punto di vista esterno per poterlo scrivere.
Yamato
Hikari (ひかり)
Il termine di questa settimana per il nostro dizionario tematico di giapponese è hikari (ひかり), che vuol dire "luce". È una parola che ho incontrato ormai quasi venti anni fa mettendo piede in una stazione JR East di Tokyo, la parte maggiore delle vecchie Japan Railways fatte a pezzetti dall'antitrust sulla falsariga della spezzatino fatto negli Usa del cosiddetto Bell System.
Il Bell System, lo dico per inciso (la mia forma sintattica preferita), è l'insieme di compagnie telefoniche regionali federate dalla Bell Telephone Company che così aveva un monopolio di fatto della telefonia americana. L'antitrust li ha poi spaccati per decreto. Una cosa simile era successa in Giappone alla fine degli anni Ottanta: la mega-azienda di stato dei trasporti pubblici, una specie di Ferrovie dello Stato al cubo (FFSS, vi ricordate? Lenzuola d'oro, clientelismo, ritardi epici) venne privatizzata e spaccata in sette società regionali (cioè: sei più una merci) dopo le accuse di gravi inefficienze gestionali, perdite di profitto e frodi. Lo spezzatino fatto con regole chiare e intelligenza ebbe effetti salutari e la qualità dei servizi è migliorata in maniera spettacolare.
Le attuali JR sono dei gioiellini e rispecchiano appieno gli stereotipi che in Italia (e in Occidente in generale) coltiviamo sui giapponesi: precisione maniacale e puntualità estrema, oltre a ordine e pulizia. Il treno che fa da capofila all'idea di Giappone è il treno veloce o Shinkansen. In inglese lo chiamano impropriamente "bullet train" (quello si direbbe dangan ressha o 弾丸列車) ma il significato del termine giapponese invece è molto più intrigante. Shinkansen (新幹線) vuol dire "nuova linea principale" o "nuovi binari" e ha il gusto di una parola (shin) che in giapponese sa di dopoguerra e ricostruzione. Le stazioni e i quartieri di Tokyo e Osaka che si chiama shin qualcheccosa sono stati ricostruiti o costruiti nove volte su dieci perché distrutti dalla guerra e (più raramente) da qualche altra calamità. Shin in giapponese non fa pensare a Milano Due, invece fa pensare alla nostra Gibellina Nuova, il centro abitato costruito a 11 km di distanza da quello storico, distrutto dal terremoto del Belìce del 1968.
Torniamo ai treni giapponesi, che hanno una certa complessità e ritualità. Il trasporto è estremamente articolato e ci sono tipi di convogli (motrici e vagoni) stilizzati e specializzati per specifici ruoli, come il Narita Express (Narita Ekusupuresu o 成田エクスプレス), un espresso limitato che in 59 minuti copre i 70 chilometri di distanza tra la città e l'aeroporto di Narita. Gli Shinkansen sono i treni veloci che fin dal 1959 attraversano il Giappone a velocità sostenute. Sono treni "super espressi" che seguono una serie di linee speciali sia per i binari che per l'alimentazione e i sistemi di segnalamento e gestione del traffico. In particolare, i treni veloci viaggiano su binari a scartamento normale, mentre la totalità degli altri treni (anche i Narita Express e tutti gli altri treni regionali, comunali e metropolitani) hanno uno scartamento ridotto. (Ehi, maniaco dei treni che mi leggi: lo so che in Giappone ci sono altre due linee a scartamento normale che non sono considerate alta velocità: la linea Hakata-Minami e la linea Gala-Yuzawa, lunghe rispettivamente 8,5 e 1,8 chilometri. Grazie per avermelo ricordato, comunque.)
La rete degli Shinkansen è un po' complicata perché si sovrappone a gestioni amministrative e tecniche diverse. Sono infatti quattro le JR che effettuano i vari servizi. La cosa che contraddistingue gli Shinkansen non sono solo le linee ma anche le classi di servizio, che hanno nomi fantastici: Ibis (Toki), Bufera (Hayate), Ala (Tsubasa), Asano (un vulcano giapponese), Bellezza (Komachi), Speranza (Nozomi), Eco (Kodama) e Hikari, cioè Luce, come dicevamo, più vari altri. Ai giapponesi piace dare nomi ai loro treni, come una volta facevamo anche noi (Pendolino, Freccia del Sud eccetera).
Sono andato a Kyoto un paio di volte con l'Hikari perché costa un po' meno del Nozomi, che è il più veloce, ma è più rapido dei vari Kodama che invece fanno tutte le stazioni. Gli Hikari poi sono i treni più veloci sulle linee Tokaido e Sanyo. E soprattutto si possono usare senza sovrapprezzo con il Japan Rail Pass, quello che si compra in Europa e poi ti permette di viaggiare per multipli di una settimana su qualsiasi mezzo pubblico, a parte la metropolitana e i Nozomi e Mizuho.
Hikari quindi è diventato con il tempo un vecchio amico che ho rincontrato negli anni: sono quei treni straordinariamente aerodinamici che vedi sferragliare anche dentro le città nelle tratte urbane sopraelevate. Il naso piatto e lungo da papera, un bianco sereno e delle prestazioni da cavalcata delle valchirie accompagnata da un silenzio discreto e con pochissime vibrazioni all'interno, a cui si unisce però un ambiente meno curato dei nostri Frecciarossa e Italo, perlomeno nelle classi più economiche. Il tutto benedetto da un servizio e una igiene clinici, da sala operatoria. Nei bagni di quei treni potresti mangiarci e probabilmente sono più puliti dei piatti che escono fuori dalle nostre lavastoviglie. Il top è la ragazza, vestita con un'uniforme più grande di lei, che spinge il carrellino con settemila varietà di caramelle e salatini impacchettati: esiste davvero, non è una leggenda metropolitana, e ogni volta che entra ed esce da uno scompartimento si ferma, fa l'inchino e saluta i signori viaggiatori.
Su questi treni, che hanno un servizio di caffetteria costoso come un rapina alla diligenza, si possono mangiare e bere cose "normali" o semplicemente deliziose. La migliore di tutte ovviamente è il bentō (弁当), la scatola fatta di cose buone che si può comprare anche nei negozi dentro le stazioni e che secondo me è uno dei principali contributi offerti dalla cultura giapponese alla razza umana. Ma questa è un'altra storia, che in parte abbiamo già raccontato su Mostly Weekly numero 122.
Eventuali
Uno di quegli articoli veloci veloci ma chiari chiari (opens new window) ti spiegano un paio di cose che non pensavi né sapevi sugli impianti di riciclaggio: da dove vengono, come sono fatti e soprattutto dove stanno andando. Sostenibilità ed economia circolare vuol dire anche nuovi orizzonti di business.
Sempre la stessa fonte, Connected World, ha un altro articolo piuttosto interessante (anche se con prospettiva troppo americana, ahimè) sugli obiettivi di emissioni zero (opens new window) derivanti dagli accordi di Parigi. Molto interessanti le infografiche, ad esempio, che spiegano i modelli per valutare l'impatto ambientale nei differenti scenari.
C'è modo e modo di prendere una pillola. A quanto pare a seconda di come ci si orienta (opens new window), cambiano i tempi di assorbimento. Anche in peggio.
Di recente ne stanno morendo un centinaio, arenate su una spiaggia della Tasmania (opens new window) (molto, molto lontano da qui). Le balene sono una cosa clamorosa, animali enormi, bellissimi, con un cervello enorme. Ma come funziona, cosa sente, come pensa quel cervello gigantesco? Cosa c'è nella mente di una balena (opens new window)?
Ci sono i barattoli con l'apertura a strappo (erede di quella a chiavetta della Simmental di una volta, ricordate?) e poi ci sono quelli che richiedono l'apriscatole. Oggetto che sta diventando desueto ma può sempre servire. Anche se, spiegano in questo articolo pratico pratico (opens new window), si può sempre trovare un altro modo per aprire un barattolo: basta un po' di carta vetrata o al limite una superficie bella ruvida (cemento grezzo, ad esempio, o sassi tipo granito). Oppure si può suonare ai vicini.
Non ho la più pallida idea di come classificare questa notizia se non come quella di un nuovo "zen e l'arte del tiro con l'arco". Questo tizio per vivere (opens new window) compete in gare di lancio del sasso sull'acqua: vince chi lo fa rimbalzare più volte senza che affondi. Secondo me sono matti come vitelli all'epoca della Mucca Pazza.
Dove sta il vantaggio di Tesla? Intendo: le auto elettriche dell'azienda di Elon Musk stanno segnando una serie di passaggi storici sia direttamente (a partire dalla Model 3) che indirettamente (hanno dato la sveglia al mercato e costretto tutti a fare i conti con l'elettrico in termini di competizione e non di cartello di produttori che rallenta l'evoluzione per non spendere troppo, alla faccia del pianeta). Beh, il vantaggio, nonostante ci siano un sacco di auto elettriche in diretta competizione con quelle di Tesla, sta nella tecnologia e nel modo con il quale l'azienda sviluppa: qui c'è un bel riassunto (opens new window). Un assaggio: Tesla non lancia nuovi modelli perché ottimizza quelli esistenti. La Model 3 dopo cinque anni è la stessa macchina ma è anche migliorata tantissimo. E affina la produzione, abbattendo i costi per realizzare un veicolo di più del 50%.
Niente grida "successo" come l'acquisto di un Rolex di lusso. Come ha detto un collezionista di orologi alla giornalista Alina Dizik (opens new window), "puoi vestirti come vuoi ma se indossi un orologio da 100mila dollari hai sempre il look giusto". Il fatto è che, se si vuole acquistare al dettaglio da un rivenditore autorizzato, le possibilità di uscire da una boutique Rolex con qualcosa di scintillante al polso sono minime. Lo stesso per un usato. L'inventario sul mercato primario per i cosiddetti orologi "hype" o "trofeo" è talmente poco – scrive (opens new window) Dizik per The Cut – che non c'è nemmeno una lista d'attesa". È qui che entra in gioco il commerciante del mercato grigio, il reseller: è giovane, è appariscente e ha quello che volete se siete disposti a pagare il doppio o il triplo del prezzo di listino. Dizik esplora il mondo dei rivenditori di orologi di lusso (opens new window), pieno zeppo di denaro e di persone famose, e si chiede se non stia per scoppiare la bolla. E se se lo chiede il New York Magazine, forse ci siamo davvero.
Media
Voi pensavate che i video orizzontali, quelli classici dal cinema alla tv, fossero il formato vincente e quelli verticali un'anomalia dei telefonini. Ecco, ripensateci, perché stanno per automatizzare la verticalizzazione dei video orizzontali (opens new window).
La trasformazione dei prodotti televisivi con l'avvento prima dei social media a contenuto video (Youtube) e poi dei servizi di streaming (Netflix) è stata radicale. Un genere in particolare ha visto un cambiamento importante con aspetti positivi e negativi: il documentario (opens new window).
A me piacciono (moderatamente) i podcast. Voi forse addirittura li amate (già più probabile). Ma è quasi sicuro che non stiamo parlando degli stessi podcast (a meno che non seguiate Tilde (opens new window)). Il critico Nick Quah sostiene che sono passati anni dall'ultimo vero show di svolta, cioè da quando c'è stato un podcast narrativo così buono e così ampiamente popolare che "dovevi ascoltarlo anche solo per adempiere a un obbligo sociale”. Serial (opens new window) è stato il primo, nel 2014 (si lo so, hanno liberato il tipo di recente), seguito da successi come Missing Richard Simmons (opens new window) e S-Town (opens new window). E da allora, probabilmente niente di nuovo, secondo Quah, perlomeno. In questo lamento quasi psicoanalitico (opens new window), Quah diagnostica i problemi strutturali dell'industria del podcasting e si chiede cosa significhi tutto questo per il mezzo come forma d'arte. "Credo che ora ci troviamo in una categoria più di nicchia", afferma un dirigente preoccupato. "Non vogliamo essere una casa d'arte, capite?".
Multimedia
Praticamente tutto sul Concorde (opens new window), l'aereo supersonico (due volte la velocità del suono come velocità di crociera, per la precisione) che non solo ha cambiato la storia dell'aviazione, ma ha anche gettato le basi per la cooperazione europea che poi ha portato alla nascita di Airbus. Il Concorde è anche l'aereo con cui più mi spiace di non aver mai viaggiato. Però ci sono entrato.
Due aerei parzialmente diversi (un Boeing 777 e un Airbus A380) della stessa compagnia (British Airways), ma soprattutto due punti di vista molto diversi. Prima Manuel Agostini (opens new window) e poi Andrea Galeazzi (opens new window) recensiscono la business class di BA nel volo tra San Francisco e Heathrow (SFO-LHR). Pareri discordanti.
Un rotolone di jazz mattutino stile Manhattan (opens new window) che va avanti per sei ore e passa, casomai in casa vi manchi la colonna sonora giusta.
Tsundoku
Un tema interessante: visualizzare la complessità, cioè Visualizing Complexity, un manuale di progettazione dell'informazione modulare. Il campo della visualizzazione dei dati è in piena espansione. Dal design al coding, dal giornalismo alla ricerca, sempre più lavori prevedono la visualizzazione di insiemi di dati sempre più complessi. Finanziato inizialmente tramite Kickstarter, questo manuale scritto da Nicole Lachenmeier e Darjan Hil è una guida illustrata alla visualizzazione di dati astratti e offre un sistema di progettazione modulare composto da 80 elementi. Disponibile in inglese e tedesco. (opens new window)
The Dinner List (opens new window) di Rebecca Serle si addentra nell'enorme varietà di relazioni che una persona può avere ed è sia divertente che utile per meditare un po'. Se poteste cenare con cinque persone, vive o morte, chi sarebbero? E come interagirebbero tra loro? Cosa vi insegnerebbero su voi stessi? Intrigante e strano.
I medici in generale e soprattutto i chirurghi hanno una percezione della vita e della morte diversa dalla quasi totalità dell'umanità. Being Mortal (opens new window) gira da un po' di tempo: il tema è la morte, non la vita, almeno apparentemente. Il chirurgo Atul Gawande parla dei limiti della medicina moderna quando si tratta di invecchiamento e morte; "Essere mortali mostra come l'obiettivo finale non sia una buona morte, ma una buona vita, fino alla fine".
Se pensate che scrivere sia una cosa difficile, non sbagliate: Charles Schifano lavora su questa idea in un ottimo numero della sua newsletter (opens new window) ma la realtà è semplice: scrivere è un affare dannatamente difficile.
Coffee break
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Al-Khwarizmi
Di app strane ne ho viste tante. Ma come questa raramente. Merlin (opens new window) serve per riconoscere gli uccelli della vostra zona. Io sono affascinato dal punto di vista letterario dall'immagine del naturalista che passeggia nel bosco con il binocolo e riconosce gli uccelli intravedendoli nel fogliame e sentendo il loro richiamo. Ma non sono in grado neanche di accorgermi se ce ne sono quando vado io nel bosco, figuriamoci riconoscerli. Beh, la prossima volta provo con questa app (che intanto ha scaricato almeno 1,5 Gb di database dei volatili dopo l'installazione).
Mi ha dato un brivido, lo ammetto, e mi fa provare anche un po' di nostalgia. Ma anche sorridere per l'idea: il museo dei media obsoleti celebra il floppy disk con una edizione limitata, un minisito che sta su un floppy disk (opens new window) (1,44 Mb nei floppy Sony HD ad alta densità, per chi ricorda ancora queste cose).
Gli esperti concordano, scrive Kelly Oakes per la BBC (opens new window), su alcuni fattori chiave da considerare per decidere se il bambino è pronto per uno smartphone e cosa fare una volta che ne possiede uno. E questa è una consapevolezza che i genitori dovrebbero avere, a mio avviso.
State affogando tra le cose da fare in questo settembre che ha una curva di difficoltà che neanche Vim per un principiante? Oliver Burkeman sostiene (opens new window) che se volete ridurre lo stress che provate per la vostra lista di cose da fare, dovete cambiare l'analogia con cui la inquadrate.
Secondo gli esperti, la cattiva notizia è che il coding, così come lo conosciamo, potrebbe essere condannato. Ma la buona notizia è che la programmazione informatica e lo sviluppo del software sembrano destinati a rimanere un'attività molto umana nel prossimo futuro. Un articolo notevole (opens new window) di IEEE Spectrum.
Infine, uno sguardo sul settore che più mi piace: gli editor di testo semplice e Vim in particolare. James Vaughan spiega (opens new window) come fa a prendere appunti usando Vim, Vimwiki, il markdown e Pandoc. È molto piano e discorsivo, per le anime più sensibili e spaventate da Vim. Se il tema invece diventa: come faccio a lavorare su telefonino quando utilizzo una soluzione di questo genere, la risposta è piuttosto semplice. Utilizza il software giusto per il tipo di strumento e di formato che hai scelto. Se si lavora in testo semplice, qualunque editor va bene. Per iOS ovviamente consiglio il costoso ma validissimo iA Writer (opens new window), mentre per Android c'è Markor (opens new window), open source e affilato, che sto provando in questo periodo.
Pensiero collaterale
Ma voi ve lo siete chiesto perché il Regno Unito si sia letteralmente bloccato per dieci giorni, durante il quale si è preparato ed eseguito il funerale della Regina Elisabetta? Non ne faccio una questione di monarchia-vs-repubblica (anche se sono orgogliosamente repubblicano) ma, santo cielo, perché? Il direttore delle news di Internet, Dave Pell, prova a dare una spiegazione (opens new window) che, nonostante Pell sia di solito intelligente e convincente quando scrive, questa volta mi lascia perplesso. Ve lo devo dire, per me la Grande Coda è un mistero. Nel 2022 mettere mezzo milione di persone lungo la strada, tutte ferme a guardare la bara della regina che passa? E un numero imprecisato di altri che si sono incollati a vivere con empatia uno show che ruota attorno a un gruppo di persone che vivono una vita oscenamente privilegiata e senza alcun senso per la società? Sul serio? Non avete proprio nient'altro da fare? Ma dai!
Una modesta proposta
Possiamo rendere il nostro impegno sui social media meno egocentrico? Maria Popova suggerisce (opens new window): "Fate in modo che almeno una cosa su tre che condividete riguardi gli altri invece che voi stessi. Gli algoritmi danno la priorità ai selfie rispetto ai girasoli, gli algoritmi amplificano la parola "io", gli algoritmi ci drogano con la dopamina dell'essere notati, seducendoci fino a farci dimenticare l'arte e la gioia di notare, il coronamento della coscienza. E da qualche parte, nel cuore silenzioso del nostro essere, questa frenetica caccia ai like ci sta facendo piacere meno".
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.
“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
END
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