[Mostly Weekly ~163]

Pasqua e altre festività minori


A cura di Antonio Dini
Numero 163 ~ 17 aprile 2022

Buone feste, buona Pasqua. Anche con Easter (opens new window) suonata da Dream Theater e Marillion qualche anno fa: c'è uno degli assolo di chitarra più belli di sempre.

Benvenuti anche a Mostly Weekly, la newsletter settimanale che esce quando è pronta. Ricordo che Mostly Weekly è aperta a tutti, senza pubblicità o affiliazioni. Volete contribuire? Ancora intossicati dalla grigliata pasquale mandate subito un contributo via PayPal (opens new window) (amici, parenti). Qui si lavora anche durante le feste!

Potete l'archivio di Mostly Weekly qui.

Intanto, buona lettura.


Keep moving. Otherwise, if you are not busy being born, you’re busy dying
– Bob Dylan



~~~


Editoriale

Pregiudizi e razzismi
Per avviare una conversazione franca, oltre ad ascoltare i propri interlocutori, ritengo sia necessario prima prestare un po' di attenzione anche a se stessi, e soprattutto non ingannarsi. Parlo per me, ovviamente, ma ritengo che non sia sbagliato che io mi pensi razzista o quantomeno interprete di pregiudizi tossici. Non è possibile altrimenti (opens new window): appartengo a un'epoca e a una cultura che ha dato forma alla sostanza di cui sono fatto; sono cresciuto in una città di provincia a immigrazione praticamente zero (da bambino c'erano al massimo gli studenti iraniani di architettura scappati dopo la caduta dello Scià), zero diversità (il cameriere del ristorante cinese dove mi portavano ogni tanto i miei da piccolo era un italiano di mezza età) e zero inclusività, con l'eccezione dei nobili inglesi che abitavano in collina e frequentava un'altra Firenze, almeno rispetto alla mia. Inoltre, le opinioni di base che mi sono formato in quell'epoca sono indifendibili (il settentrione avanzato e progressista, il meridione pieno di criminalità e pericoloso) o semplicemente sbagliate (il ruolo degli uomini e delle donne, l'identità delle famiglie, la "normalità" prescrittiva). Non fatemi neanche iniziare con identità, genere e tutto il resto. Come se ne esce? Mi sa che non se ne esce senza prima prenderne coscienza. È un lavoro, una sorta di decluttering interiore: come rimanere se stessi senza smettere di cambiare e di crescere. Cosa tenere e cosa buttare. Queste sono le pulizie di Pasqua in cui sono impegnato in questo periodo. E mi piace molto, anche se è faticoso. Perché, come dice Bob Dylan sopra, se non continui a muoverti, se non sei impegnato a nascere ogni giorno, vuol dire che sei occupato a morire un po' per volta.

~ ~ ~

Il topolino Pasquale
Il topolino Pasquale ~ Foto © Antonio Dini

Importante

L'anima russa
La Russia di Vladimir Putin cos'è? Di cosa stiamo parlando? Quali categorie di pensiero ci possono far capire davanti a chi e cosa ci troviamo? Vivere immersi negli stereotipi da guerra fredda sommati a qualche immagine di oligarca con moglie impellicciata che spende e spande in Costa Smeralda è più che sbagliato: è pericoloso. Qui c'è una riflessione documentata e interessante (opens new window) sulla Russia come Paese distrutto fatta con Maria Chiara Franceschelli. Per affrontare la propria vita e il proprio futuro occorre conoscere e capire, altrimenti si è in balia del vento degli altri. Cosa è successo quando la Russia ha preso la Crimea? Ce lo siamo chiesto? Forse no, almeno non abbastanza. Questa riflessione (opens new window) di Costica Bradatan è molto interessante.

Pillola
Era veramente molto tempo che non leggevo un articolo interessante e stimolante come questo (opens new window). Una riflessione molto ricca sulla sessualità femminile, la contraccezione ormonale, la salute delle donne e il modo ambivalente con cui viene valutata la tecnologia, motore energetico e prepotente dell'economia nelle nostre società. Davvero.

Cancel Culture
Cos'è la Cancel Culture? Cosa significa? Perché è importante e come sta cambiando il mondo? Dopo l'uscita del libro Non si può più dire niente? (opens new window) (che è stato stroncato sui social e nei giudizi di Amazon, tanto per parlare di politicamente corretto) Francesco D'Isa sul suo Indiscreto conversa con tre dei 14 autori e autrici del volume (opens new window): Elisa Cuter, Jennifer Guerra e Raffaele Alberto Ventura. C'è decisamente una spaccatura nell'aria anche in Italia.

Il diritto di riparare
Credo che la notizia sia stata male intesa o comunque fraintesa. Google ha annunciato un accordo con iFixit, sito che si occupa di tear-down di prodotti di tutti i tipi ma che in realtà vive vendendo parti di ricambio e kit di smontaggio, per piazzare i ricambi dei suoi telefoni Pixel (opens new window). Dietro secondo me c'è un esperimento da parte di Google per vedere come adempiere ai requisiti di legge in modo non dannoso "per i suoi prodotti" e tecnicamente troppo difficile.

La prima settimana di Tsundoku
Come avevo anticipato nello scorso numero di Mostly Weekly, ho iniziato un programma radio sui libri, intitolato Tsundoku (opens new window). È su Contattoradio, emittente che trasmette da Carrara sulla costa toscana e permette ovviamente anche di sentire tutto in streaming o in simil-podcast. Ho fatto una pagina sul mio sito per tenere traccia dei libri di cui man mano parlo.


Yamato

Nōto (ノート)
La parola di questa settimana per il nostro dizionario tematico di giapponese è particolare e mi è venuta in mente perché in italiano è una delle "parole capricciose" che stava studiando qualche giorno fa mia figlia (fa la prima elementare, è il momento in cui si studiano le parole capricciose suddivise per classe di capriccio). La parola giapponese è nōto (ノート), che è un calco dall'inglese note, nonché l'abbreviazione di nōtobukku (ノートブック). Avete indovinato, notebook, cioè "taccuino", che è una parola capricciosa di quelle con "cui" (come: cuoco, cuocere, cuoio, circuito).

Qui c'è da dire che nōto si usa per indicare sia la nota scritta che l'oggetto sul quale la nota viene appuntata, cioè appunto il taccuino, ma anche un libro di esercizi, un quaderno, una moleskine, un computer portatile o un tablet (evvai). Come significati "laterali", nōto si porta dietro anche gli altri dell'inglese note e dell'italiano "nota": quella musicale e quella della banconota (banco-nota, capito?).

Peraltro, questo del nōtobukku è un buon esempio di come il giapponese importi le parole, soprattutto inglesi, cioè basandosi sulla pronuncia. Il sinonimo di notebook, ovverosia laptop in giapponese si dice ‌rapputoppu (ラップトップ). Come fa anche l'italiano, ma nel mondo opposto, anche il giapponese importa i termini dell'informatica dall'inglese però prendendoli con la pronuncia e poi modellandoli con le regole della fonetica giapponese. Ancora un esempio dallo stesso ambito lessicale: maiko (マイコン) è il termine usato per dire personal computer ma si basa su un vecchio concetto, cioè il "micro" di microcomputer, trascritto partendo dalla pronuncia inglese "maicro". Alternativamente, se volete dire proprio "personal computer" potete sempre farvi capire con pāsonarukonpyūtā (パーソナルコンピューター).

Il giapponese gioca in maniera diversa con vocali, consonanti e sillabe: scioglie i dittonghi inserendo una consonante, corregge le "L" in "R", chiude le consonanti aggiungendo un suono vocalico, perché è una lingua sillabica. Nei due sistemi di scrittura fonetici hiragana (平仮名) e katakana (片仮名) ogni carattere non corrisponde esattamente a un fonema vocalico o consonantico, come avviene in molte lingue occidentali scritte con alfabeti, ma a un'intera sillaba. Detto in altre parole: il giapponese non fa galleggiare le consonanti senza appoggiarle a una vocale. Lo facciamo anche noi quando pronunciamo "elle" ma scriviamo "L" però ai bambini insegniamo che si tratta di un "LLL".

Quindi, il taccuino, cioè il nōto, qui a che ci serve? Beh, è uno strumento che i giapponesi adorano. Nonostante gli oramai universali keitai (携帯) i "telefoni portatili", un buon taccuino e una bella nota scritta sono sempre molto apprezzati. Il taccuino ovviamente è figlio di una ricerca sullo stile corretto, le dimensioni giuste e la carta appropriata (per non parlare della penna o del lapis). Ma c'è anche qui qualcosa da dire.

Mi riferisco al taccuino Tsubame, prodotto dal 1947 dall'azienda di cartoleria e prodotti per l'ufficio omonima fondata a Tokyo da Watanabe Hatsusaburō. È un taccuino iconico, economico, resistente, dal design semplice per poterlo adattare a scopi diversi, nato appena finito la guerra con l'obiettivo di avere un prodotto solido, robusto e ben fatto ma anche economico. Copertina grigia screziata, dorso coperto con nastro adesivo nero, fogli cuciti e non incollati, numero del prodotto in rilievo in oro e carta di alta qualità sono i tratti distintivi del nōto in commercio da 75 anni. Uno dei prodotti più iconici tra gli articoli di cancelleria più venduti e conosciuti in Giappone.

La carta molto assorbente e priva di acidi dello Tsubame è stata sviluppata con l'azienda locale Jūjō Paper (ora Nippon Paper Group) e rende il taccuino perfetto per chi usa la stilografica o penne a inchiostro molto fluido. L'unico cambiamento significativo che la Tsubame ha apportato in settant'anni è arrivato in risposta al feedback dei clienti: è stata schiarita la tonalità della carta. Ma, sottolinea l'azienda, non vengono utilizzati coloranti fluorescenti, quindi le pagine rimangono piacevoli alla vista con qualsiasi illuminazione.

Tra l'altro, la produzione dei taccuini viene fatta usando gli stessi macchinari da cinquant'anni (quando uno parla di ammortamento) e la produzione è sostanzialmente artigianale. Viene venduto anche all'estero e le versioni cartonate "di lusso", che sono prodotti che tradiscono in realtà lo spirito originale, arrivano a costare anche una sessantina di euro. Più economici ma molto popolari quelli con Topolino e Minnie fatti in collaborazione con la Disney.

La parola capricciosa ma simpatica, nōto, è un regalo che mi ha fatto mia figlia quando mi ha chiesto se poteva ripetermi la lista da imparare a memoria: "Papà, il taccuino! Come quello dei giornalisti, come te".


Eventuali

BBEdit
Mi piace molto scrivere, uso il Mac e nel tempo sono passato attraverso diversi software di scrittura e modi di organizzare le parole sulla pagina. È necessario oltre che divertente cercare la app con la quale si sta più comodi nella scrittura, soprattutto se si seguono certe regole grazie alle quali si può cambiare tutto quando si vuole. Una vecchissima applicazione che utilizzo a fasi alterne da un sacco di tempo è il piccolo BBEdit di BareBones. Il quale lo scorso 12 aprile ha compiuto trent'anni, se vogliamo prendere come data di partenza quella dell'annuncio su un newsgroup (opens new window) del suo fondatore, Rich Siegel.

Questa è la prima versione pubblica di BBEdit, che è un editor di testo gratuito che è stato in fase di sviluppo e test interni approfonditi negli ultimi due anni.

BBEdit (opens new window) ha avuto sin da principio una serie di caratteristiche uniche che lo hanno resto non solo leggero e potente ma anche unico e profondamente innovativo, ad esempio con una capacità di fare ricerca sul testo che ancora oggi è validissima ma che nel 1992 creò letteralmente uno standard (e utilizzava anche Grep, per dire).

In questi giorni i nomi più noti tra quelli che scrivono di Apple negli Usa, cioè John Gruber (opens new window), Jason Snell (opens new window), Michael Tsai (opens new window), Peter Lewis (opens new window), Christian Smith (opens new window) e vari altri, non fanno altro che ricordare tutte le cose fighe che hanno fatto grazie a questo editor di testo.

BBEdit, oltre a una grande storia (opens new window), tra le altre cose ha uno spirito fortissimo: il software è rimasto "vero" e legato al suo spirito iniziale: era nato come proof of concept di una variante del Pascal su Macintosh per dimostrare cosa si poteva fare. Lo spirito spartano ma profondamente razionale e utilitarista del software si è rivelato una soluzione fortunata che è piaciuta moltissimo (attenzione, dopo due anni in versione beta interna e tantissimo lavoro di Siegel e gli altri).

Ho recensito più volte (opens new window) BBEdit, lo conosco bene, ne parlo volentieri (opens new window) e lo uso con piacere. Non faccio tutto su BBEdit, certamente, anche perché non sono né un programmatore né un web designer e mi piace spostarmi qua e là. BBEdit è noto anche per la sua documentazione fatta molto bene (se provate la beta scaricatela e leggetela) ed è una esclusiva Mac: non c'è né su Win/Linux né su iOS/iPadOS. È però straordinariamente moderno nell'integrazione con il lato Unix del Mac e con i linguaggi di programmazione e la loro sintassi.

Mi piace tantissimo anche l'idea che si possa costruire qualcosa e poi per trent'anni migliorarlo rendendolo ogni giorno un po' più moderno senza tradirne lo spirito. Se avessi fatto il programmatore avrei voluto fare qualcosa del genere.

C'era una volta il 3D
La grafica computerizzata come si faceva un tempo. Guardate questi (opens new window), cosa usavano per fare il capitolo più bello di Final Fantasy, il settimo. Oppure apprezzate l'importanza delle workstation (opens new window) (Amiga, per esempio). E che ne dite di approfondire cosa sia il 3D (opens new window)? Si possono fare cose incredibili o solo strane, come riprodurre i set (opens new window) dei game show della tv americana. Anche se, per adesso, la realtà è sempre più sorprendente (opens new window).

In cucina
Ci arrivo tardi, lo so. Tardi non perché siamo quasi all'estate, ma perché ci si poteva pensare due anni fa. Comunque, l'idea di passare a cibo sano cucinato in casa come alternativa alle forme di nutrimento pubblicizzate ovunque che prevedono che si mangi fuori (ma avete visto come le città italiane si stanno trasformando in fast-slow-finger-food city?) mi pare una buona idea. A partire da questo piccolo e scemo articoletto (opens new window) si possono costruire cose enormi, anche una coscienza differente.


Multimedia

Facciamo un giro nel cyberspazio o metaverso, come preferite: il keynote di William Gibson per i trent'anni di Neuromancer eseguito nel 2014 (opens new window). Qui invece c'è Bruce Sterling che parla a una conferenza di design (opens new window), lungo ma molto divertente, potete ascoltarlo come fosse un podcast che viene dal passato. E infine quel simpatico personaggio che è Neal Stephenson, oltretutto il padre del termine "metaverso", nel suo keynote al MLTalks del 2018 (opens new window). I contesti sono un po' diversi ma c'è una misura di quanto siano differenti tra loro i tre autori.

La canzone Queen Jane (opens new window) tratta da Inside Llewyn Davis (opens new window) dei fratelli Coen (2013) e suonata/cantata da Oscar Isaac. Il quale, oltre ad essere un bravo attore, suona la chitarra e canta da quando ha tredici anni e ha anche provato a diventare un musicista professionista.

Volare con il Blackbird SR-71: lo racconta uno degli eroi dell'aviazione americana, Bren Shul (opens new window). Ma in realtà è uno straordinario discorso motivazionale che vale la pena, se volete essere un po' antropologi di come si costruisce l'American Dream.

Ha girato abbastanza ma secondo me una nuova ripetizione vale sempre la pena: fatevi un volo con il drone dentro la nuova fabbrica a Berlino di Tesla (opens new window).

Lezioni di tecnologia digitale dell'epoca analogica: come facevano le vecchie macchine fotografiche a pellicola a sovrimporre la data sulla foto? Ecco qui il video che lo spiega (opens new window).

Una città quasi perduta di una bellezza come non l'avete mai vista: Persepoli (opens new window) (che una volta era conosciuta come Takht-e Jamshīd, "il Trono di Jamshid") ed è stata fondata da Dario I nel 518 a.C.).


Pezzettini di cose

La storia di Pebble (opens new window) e del suo spettacolare fallimento.
Si può cambiare lavoro mentre tutti si stanno licenziando (Great Resignation)? A quanto pare sì, ma bisogna essere organizzati (opens new window).
E ripensare il proprio lavoro come un imprenditore solitario? Certo (opens new window).
Rubare la posizione è una cosa brutta che fanno i big del tech. Ma se lo fate da soli con software (opens new window) open source e sicuri può essere anche utile.
Si percepisce una grande rabbia in questo sviluppatore che ha toccato il bottone sbagliato e cancellato 54mila stelle su GitHub al suo software. Grande rabbia (opens new window).
Parlando di sviluppatori: il vecchio modo di lavorare è interessante, soprattutto se si scopre l'etica del "fatto bene" (opens new window) dietro alle dinamiche economiche.
A quanto pare "Nascondi la mia mail" di Apple funziona bene (opens new window).
Cos'è e come si gestisce il data mesh (opens new window).
Un informatico che per hobby (opens new window) fa l'ufficiale della cavalleria motorizzata.
In una giornata ci sono 144 blocchi di 10 minuti: questa visualizzazione (opens new window) consente di spazializzare il tempo ad disposizione e capire meglio come gestirlo.
Ciclicamente ve lo ripropongo: perché (opens new window) dovreste pensare a fare self-hosting (e vabbè, anche qualche alternativa online (opens new window)).
Oh no, un altro planner! Ma quanti ne fanno? (WeekToDo (opens new window)).
È un anno che ho questa tab aperta sullo Stato di Linux in Giappone (opens new window). Non so perché ma adesso posso finalmente chiuderla.


Tsundoku

Aubrey Clayton ha scritto un libro interessante: Bernoulli's Fallacy (opens new window), sottotitolo: Statistical Illogic and the Crisis of Modern Science. Il concetto di fondo: c'è un difetto logico nei metodi statistici utilizzati nella scienza sperimentale. Questa colpa non è un piccolo cavillo accademico: è alla base di una crisi di riproducibilità che ora minaccia intere discipline. In una società sempre più dipendente dalle statistiche, questo stesso errore profondamente radicato modella le decisioni in medicina, legge e politiche pubbliche con conseguenze enormi. Il fondamento del problema è un malinteso della probabilità e del suo ruolo nel fare inferenze dalle osservazioni. Aubrey Clayton ripercorre la storia di come la statistica si è smarrita, a cominciare dal lavoro pionieristico del matematico del diciassettesimo secolo Jacob Bernoulli e passando per il gioco d'azzardo, l'astronomia e la genetica. Clayton racconta le faide tra scuole di statistica rivali, esplorando i problemi sorprendentemente umani che hanno dato origine alla disciplina e le carenze fin troppo umane che l'hanno fatta deragliare. Sottolinea come figure influenti del diciannovesimo e ventesimo secolo abbiano sviluppato una metodologia statistica che sostenevano fosse puramente obiettiva al fine di mettere a tacere i critici delle loro agende politiche, inclusa l'eugenetica. Insomma, veramente tanta, tanta roba.

Anni fa avevo iniziato a scrivere una serie di cose sul Post, che potete trovare in parte allineate e coperte in questa sezione del mio sito e altre arriveranno presto, con l'intenzione poi di metterle tutte insieme e tirare fuori magari una specie di libro sul tempo o qualcosa del genere. Ecco, quel libro c'è, ma non l'ho scritto io (però lo leggerò). Si intitola Le misure del tempo (opens new window), l'ha scritto Paolo Gangemi. Dice cose diverse da quelle che avrei detto io, sicuramente. E questo probabilmente lo rende ancora più interessante. Dopotutto Gangemi è un matematico: "Quanto dura un giorno su Saturno? Chi ha inventato i fusi orari? Che cos’è un anno di Brahma? In quale epoca geologica viviamo? E perché nel 1867 in Alaska ci furono due venerdì consecutivi? Per misurare il tempo l’umanità scandisce la propria storia in ere, millenni e secoli, e siamo abituati a pianificare le nostre vite sullo scorrere di mesi e anni, di ore e minuti. Ma come e perché sono nate queste unità di misura?"

Un po' di Giappone da leggere: ho trovato questo libro molto interessante. Si intitola: Tra corte, casa e monastero. La vita di una donna nel Giappone del Medioevo (opens new window) ed è stato scritto da Carolina Negri. È la storia e lo studio scientifico della vita e dell'opera della monaca Abutsu, vissuta nel XII secolo. Attraverso la sua esperienza di vita come dama di corte, moglie, madre, vedova e religiosa si ricostruisce un ritratto realistico della donna giapponese nel Medioevo evidenziando alcuni problemi che hanno caratterizzato la storia femminile non solo in Giappone: ricerca di risorse finanziarie, riconoscimento di diritti giuridici, necessità di essere iscritte non solo nella vita riproduttiva ma anche in quella intellettuale.

Fiabe di Letto (opens new window) di Mori Yōko è un pezzettino di letteratura giapponese di qualche anno fa. Nei suoi racconti, i ricchi e vivaci quartieri di Tokyo fanno da cornice a tradimenti consumati o solo immaginari, a vite segrete, a desideri frustrati o appagati clandestinamente. Ma soprattutto emerge con forza, spesso drammatica, il bisogno di autodeterminazione che anima le protagoniste, in un paese dove le donne erano ancora sottoposte a rigide convenzioni e spesso intrappolate in matrimoni infelici. «Fiabe di letto» ripercorre la parabola letteraria e stilistica della scrittrice, contraddistinta da quella «fame d'amore» che dà il titolo al lungo racconto che apre la raccolta.

Viaggio nella terra dei morti (opens new window) di Kashimada Maki è un libro complicato, ricco, articolato. Ci sono dentro moltissime suggestioni e molti tentativi di portare qualche elemento di novità nel nostro immaginario piuttosto limitato della letteratura giapponese, soprattutto di quella che dà voce alle autrici di quel paese. Una bella lettura.

Residenza per Signore sole (opens new window) di Masako Togawa è un po' il libro giapponese del momento: se ne parla sui social, nei gruppi, sui giornali. È una specie di giallo. La Residenza K, un palazzo di mattoni rossi che ospita donne nubili, appare agli abitanti di Tokyo come una dimora tranquilla per signore per bene, ma nasconde in realtà un passato sinistro. Quando dalla portineria sparisce misteriosamente il passe-partout, la chiave universale che apre tutte le centocinquanta stanze affacciate sui lunghi corridoi dei cinque piani, le inquiline cominciano a vivere nell’ansia. Ogni camera, infatti, oltre a un’immensa solitudine, custodisce colpe che ciascuna di loro tiene scrupolosamente per sé: strani furti, incidenti sospetti e persino un suicidio aleggiano tra quelle mura, abitate da donne assorte nel ricordo dei tempi andati. E adesso, in previsione dello spostamento dell’edificio che deve far posto a una strada, queste donne temono che succeda qualcosa di orribile: i lavori potrebbero portare alla luce un crimine avvenuto anni prima, e con esso tanti altri segreti che le pareti spesse della Residenza K (e la sua curiosa portinaia con la passione per i libri) serbano con discrezione.

Il figlio della fortuna (opens new window) di Tsushima Yūko è un libro quasi magico: "Kōko, insegnante di pianoforte part-time e madre single di una figlia che disapprova le sue scelte, avverte con turbamento dentro di sé i segnali di una gravidanza non pianificata. Il germogliare della nuova vita, l’eco del passato e il susseguirsi di eventi fuori dal suo controllo la spingono a intraprendere un viaggio al limitare tra la coscienza e il sogno che la condurrà all’indimenticabile rivelazione finale – dopo la quale Kōko proclamerà il suo silenzioso trionfo in un’insurrezione contro qualsiasi norma, riconquistando un terreno di autentica fertilità nel radicale atto di fedeltà verso sé stessa".

Un webtoon (sort of) tutto da leggere (opens new window) con una storia un po' diversa.


Coffee break

Mostly Weekly è una newsletter libera e gratuita per tutti. Se volete supportare il tempo che passo a raccogliere e scrivere le notizie, potete farlo offrendomi un caffè alla settimana su PayPal (opens new window) (che detto così sembra quasi un "in alto le mani, questa è una rapina", però vabbè ci siamo capiti).


Al-Khwarizmi

Fennel
Il Lisp (opens new window) è un grande amore, una sorta di tribù, un gusto acquisito anche se c'è gente, bisogna dirlo, a cui questo linguaggio calza come un guanto perché "pensa" in quel modo. Una variante del Lisp interessante si chiama Fennel (opens new window) e c'è chi spiega perché (opens new window), da quando l'ha incontrato, come dicono gli americani "non si è più guardato indietro", e cosa ci si può fare. (Si parla anche di Lua (opens new window)).

Imparare e fare, non esiste tentare
Se c'è del refactoring nel vostro futuro po' di design pattern (opens new window), con codice riusabile, perché serve sempre (ed è fatto molto bene, cosa che non guasta).

Why not
Non avevo mai trovato un'analisi operativa del perché le aziende tech "vere" non utilizzano la tecnologia X che magari a qualcuno (dipendenti, consulenti, partner, clienti, utenti) potrebbe sembrare la soluzione più logica. Non stiamo parlando di aziende in ginocchio o prive di cultura tecnologica, bensì di attori sul mercato. Questa analisi (opens new window) è veramente interessante.

Cercare casa
Volete un buon esempio di pensiero computazionale e, già che ci siamo, anche un po' da hacker? Beh, questo giovane informatico che doveva cambiare casa (opens new window) si è costruito un bel modo per guardare gli annunci tutti in un colpo filtrati come voleva lui.

Kubernetes
Forse l'orchestratore per definizione è un po' troppo complicato e fa spavento oltre a essere fuori portata per i comuni mortali: strumento troppo "pro". Magari è anche a rischio Dodo (opens new window), chissà. Comunque, ci sono alternative più facili: Mirantis (opens new window), ad esempio, che elimina molte delle complessità (ma costa (opens new window)).

CLI
Un altro giro di strumenti per la riga di comando. Questi sono stati raccolti da Julia Evans (opens new window) che li ha accostati alla versione canonica, più alcune cose nuove in fondo. È una lista da esplorare con calma, comunque Zenith (opens new window) vi piacerà. E Glances (opens new window). E Bottom (opens new window).


Big news
Big news ~ Foto © Antonio Dini

Una modesta proposta

Mettiamo i token dentro Npm?
Il problema è tecnologico ma ha degli impatti pratici notevoli. C'è una tecnologia che sta diventando fondamentale per il funzionamento del mondo che non ha un briciolo di sicurezza né by design né come afterthought. Sul serio: è Npm, il gestore dei pacchetti Javascript per Node.js che, a sua volta, è il modo per far girare software scritto in javascript al di fuori del browser grazie a V8 (opens new window) e altre tecnologie sottostanti. È praticissimo, è diffusissimo, è potentissimo però, come abbiamo scoperto (opens new window), basta che uno sviluppatore di un pacchettino piccolo piccolo decida che tutti i computer che lui identifica come "russi" debbano essere puniti per la guerra in Ucraina (opens new window) e li cancella, creando il caos. L'attivismo politico è una bella cosa però preferirei se la mia istallazione di Npm e Node.js fosse sicura. Questo tizio ha deciso di proporre (opens new window) una soluzione per fare in modo che Npm e Node.js diventino di nuovo affidabili, cioè che la fiducia negli sviluppatori sia certificabile digitalmente. Interessante, e se va avanti potrebbe cambiare per sempre come funziona uno dei pilastri meno noti della società occidentale.



I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




Ti è piaciuta? Inoltrala a chi potrebbe essere interessato.
Se l'hai ricevuta, qui puoi iscriverti
Qui invece c'è l'archivio dei numeri passati
Se vuoi contribuire al futuro di Mostly Weekly, puoi pagare un piccolo contributo equivalente a un caffè alla settimana usando PayPal (opens new window)
Buona domenica!