[Mostly Weekly ~154]

‌Il lavoro dentro di noi


A cura di Antonio Dini
Numero 154 ~ 13 febbraio 2022

Benvenuti. Mostly Weekly è la newsletter settimanale che esce quando è pronta, aperta a tutti, senza pubblicità o affiliazioni. Ogni settimana c'è una lunga rassegna di notizie e informazioni che il sottoscritto raccoglie a mano qua e là. Potete scrivermi e segnalarmi cose interessanti anche voi oppure solo fare "ciao".

Volete addirittura contribuire? Mandate la newsletter a un amico, iscrivetevi al mio canale Mostly, I Write (opens new window) oppure fate una donazione su PayPal (opens new window) in modalità amici/parenti. Potete offrirmi un caffè o un mese di affitto, o qualsiasi cosa nel mezzo, fate voi.

L'archivio di Mostly Weekly lo trovate qui (opens new window).

Intanto, buona lettura!


Knowing how to be solitary is central to the art of loving. When we can be alone, we can be with others without using them as a means of escape
– Bell Hooks



~~~


Editoriale

Parlami di me
Tutte le cose passano, per fortuna. E va bene che è meglio vivere il momento, ma ci vuole anche un po' di distacco, anche solo per non farsi schiacciare il cervello. Per esempio: l'era dei TED Talk. Non ho mai creduto all'idea di un TED Talk. Non ne ho mai fatto uno ne sono andato a sentirlo. Detta in un altro modo: non ho mai superato il senso del ridicolo di tutto ciò. Pensateci: i leader del pensiero du jour che vanno sotto i riflettori, camminano avanti e indietro sul palco, calcando ogni passo, giocandosi ogni battuta, persino battendo ogni pausa con emozione e passione. Intensità. Il loro obiettivo? Diffondere la conoscenza sul futuro del nostro mondo porgendola ad altre menti affamate, ma anche condividere le loro idee audaci su come diventare esseri umani migliori e soprattutto superiori. Cambiare il mondo semplicemente parlandone. "La filosofia dei TED Talk – scrive Oscar Schwartz – incoraggia l'audacia della visione, ma anche la negazione della realtà. In quanto tale, è una calamita per i personaggi narcisisti in cerca di riconoscimento per sé e per i loro progetti simili a quelli della Theranos". Di questo articolo (opens new window) mi è piaciuta l'esplorazione che Schwartz fa della storia e dell'approccio dei TED Talk, e la loro ascesa e futura, inevitabile caduta. I Ted Talk hanno un formato molto riconoscibile, l'epicentro della cultura dello storytelling, che fonde l'interesse con la narrazione, l'inspiration con l'aspetto interesting per creare contenuti "inspiresting". Dopo tutto questo, l'unica vera domanda che ci possiamo fare è: come hanno fatto a durare così tanto? Sul serio.

~ ~ ~

Appetiti
Appetiti ~ Foto © Antonio Dini

Importante

La tempesta perfetta
Una volta si diceva che il "lavoratore di concetto", cioè l'impiegato, era differente dall'operaio perché i suoi strumenti erano nella sua testa e non sul posto di lavoro. Quindi, mentre l'operaio usciva dalla fabbrica lasciando là il tornio, l'impiegato usciva dall'ufficio portandosi dietro i pensieri del lavoro. Adesso, la pandemia e la disponibilità di tecnologie di rete evolute hanno reso più facile e diffuso il lavoro da casa, ma non hanno cambiato il modo con cui si lavora e l'intensità richiesta. Cosicché, anziché chiamarlo "lavorare da casa" sarebbe il caso di chiamarlo "vivere al lavoro". E questo ha fatto incrementare i casi di burnout: il lavoro come divinità assoluta (opens new window). Il che, inutile dirlo, non è sano e non fa bene. Oltretutto viviamo in un'epoca in cui la lontananza fisica uccide le forme di aggregazione (e i sindacati, ma quelli stavano già morendo da tempo senza bisogno di aiuti da parte della rete: finiranno quando trapasserà l'ultimo pensionato old style) e soprattutto uccide la capacità delle persone di essere attente, di concentrarsi (opens new window), di dare un filo logico ai propri pensieri (a meno che non pensiate che dormire tre ore per volta (opens new window) e andare a giro di notte abbia senso). Il lavoro imbriglia dentro un meccanismo per cui qualcosa (ovviamente di totalmente inutile (opens new window)) si riesce sempre a fare, ma per il resto le capacità cognitive sono quasi azzerate. Un bel momento, non c'è che dire. Chissà cosa troveremo dall'altra parte, ammesso che qualcuno riesca mai ad arrivarci. So bene che l'ottimismo è sopravvalutato, ma in questo caso è francamente difficile pensare positivo.

Uno più uno fa uno
Il New York Times è a quota dieci milioni di abbonati. Solo che non lo è. Come nota Valerio Bassan (opens new window) che ha lanciato la sua newsletter Ellissi, in realtà bisogna distinguere tra abbonati e abbonamenti. Spiega infatti Bassan che quelli del NTY non sono "abbonati" ma "abbonamenti", perché molte persone acquistano più servizi, dato che il NYT frammenta i suoi prodotti. E che il prezzo dei differenti prodotti cambia molto non solo per le promozioni: ci vogliono quattro abbonati al cruciverba per fare un abbonato al quotidiano. Allora, quanti sono gli abbonati in realtà? Quant'è il flusso di entrate? Per quanto tempo? Tutte informazioni che, a ben guardare, il NYT si guarda bene dal fornire. Ci si appoggia a calcoli esterni e ad esempio Lelio Simi con Mediastorm ha ipotizzato che (opens new window) l'Arpu (quanto pagano in media gli utenti paganti) sia calato fino al -45%, è passato cioè dai 23 dollari del 2017 ai 12,9 dollari del 2021.

Un modo dove si paga sempre
Visto che parliamo di NYT e dei suoi abbonamenti: stiamo entrando in un modello di economia, in un modello di mondo del tipo "sottoscrivi tutto". Questo potrebbe cambiare profondamente il modo in cui interagiamo con i media, le istituzioni e persino l'un l'altro. Nel libro del 2001 Age of Access (opens new window), spiega Jason Parham (opens new window), Jeremy Rifkin ha anticipato una società non dissimile da quella che si sta creando attorno a noi in questi anni, in cui cioè ogni attività al di fuori dei confini delle relazioni familiari è un'esperienza pagata, un mondo in cui tradizionali obblighi e aspettative reciproche (mediati da sentimenti di fede, empatia e solidarietà) sono sostituiti da rapporti contrattuali sotto forma di abbonamenti retribuiti, quote di ammissione, acconti e altre forme di pagamento.

Un altro modo di viaggiare
Sono due anni tondi tondi che non prendo un aereo e non vado da nessuna parte se non un po' di volte tra Firenze e Milano. Questa breve ma sorprendente intervista (opens new window) a un professore di economia del turismo sul perché viaggiamo e su come i viaggi potrebbero dover cambiare in futuro, mette fuori alcuni punti chiave. Dice il professor Richard Sharpley: “Quando puoi viaggiare tutto il tempo, almeno a mio avviso, si perde tutta l'eccitazione della cosa. Si perde il significato. Ho usato il termine "obesità dell'esperienza" e penso, in particolare in Europa e altrove, che stiamo diventando obesi dalle esperienze. Penso che le persone alla fine inizieranno a rendersi conto che per godersi il turismo, dobbiamo farne un po' meno e assaporarlo di più e davvero, quando viaggiamo".

Non fate come Diderot
Un meccanismo fondamentale della nostra società che non credevo fosse stato cristallizzato così bene e da così tanto tempo. Ci siamo trovati tutti in una situazione in cui compriamo o riceviamo una cosa nuova e questo innesca una cascata di acquisti perché improvvisamente le cose che già possediamo sembrano squallide, in confronto. C'è una parola per questo perlappunto: si chiama effetto Diderot (opens new window), un fenomeno basato su un saggio del filosofo del diciottesimo secolo Denis Diderot. Il filosofo francese racconta come il dono di una bellissima vestaglia scarlatta porti a risultati inaspettati, alla fine facendolo riempire di debiti. Inizialmente soddisfatto del regalo, Diderot inizia a soffrire per via del suo nuovo indumento. Rispetto alla sua nuova elegante vestaglia, infatti, il resto dei suoi averi comincia a sembrare di cattivo gusto e l'uomo diviene insoddisfatto del fatto che le sue altre cose non sono all'altezza dell'eleganza e dello stile del suo nuovo possesso. Sostituisce la sua vecchia sedia di paglia, ad esempio, con una poltrona rivestita in pelle marocchina; la sua vecchia scrivania viene cambiata con un nuovo e ben più costoso scrittoio; le stampe precedentemente amate vengono cambiate con stampe più costose, e così via. "Ero il padrone assoluto della mia vecchia vestaglia – scrive Diderot – adesso sono diventato lo schiavo di quella nuova”.

Per combattere la voglia di consumo a tutti i costi James Clear consiglia (opens new window) una cosa molto semplice: ridurre la nostra esposizione a cose nuove. Sembra sempre più difficile, però, perché i nostri padroni digitali sembrano capire l'effetto Diderot meglio di chiunque altro. Se avete mai cliccato su un post sponsorizzato su Instagram, avrete visto che il loro motore pubblicitario algoritmico vi bombarda di prodotti correlati per mesi e mesi.

Se Denis Diderot fosse vissuto oggi mi chiedo se sarebbe stato così infelice per la sua dipendenza da cose nuove. Più probabilmente, condividerebbe le foto di se stesso sulla sedia di pelle marocchina, regalando ai suoi adoranti seguaci i suoi pantaloni all'ultima moda con un post sponsorizzato da qualche azienda di fast fashion: “Ti servono questi!" Oh yeah. Comprate, comprate, comprate.


Yamato

Kyōmachiya (京町家 o 京町屋)
La parola di questa settimana per il nostro dizionario tematico di giapponese è particolare: kyōmachiya (京町家 oppure 京町屋). Parliamo di case e di Kyoto. Cominciamo dalle prime. Le case a schiera possono essere povere o ricche, belle o brutte. A Firenze, per esempio, ci sono intere zone di townhouse molto povere fatte dalle cooperative dei ferrovieri (e qualcosa di simile accade in molte altre città italiane). In Giappone è leggermente diverso: l'architettura povera o "spontanea" in Giappone (le case costruite senza un progetto di un architetto o una serializzazione con degli stilemi "scientifici" fatta ad esempio da una impresa costruttrice o da un ente amministrativo locale) è chiamata minka (民家, cioè casa della gente, le abitazioni popolari). Sono case molto antiche, tutte in legno, costruite con regole e materiali locali da manodopera del posto. L'interno di un minka era generalmente diviso in due sezioni: un piano inferiore di terra compattata, chiamato doma (土間), e uno rialzato coperto di tatami. Nelle fattorie c'era anche una veranda interna rialzata con pavimento in legno (広敷, hiroshiki). Copie o citazioni di questo tipo di case le avete viste in mille cartoni animati e film ambientati in Giappone e in alcune parti della Cina e della Corea.

Le minka sono divise in machiya (case a schiera) e nōka (dimore agricole, quelle con la veranda di cui sopra). Le machiya sono a loro volta di due tipi, e il modo con il quale si scrive fa capire a quale ci si riferisce: dei due kanji che la compongono machi (町) significa città, mentre il secondo può usare due kanji diversi ma che si leggono allo stesso modo: ya (家 o 屋) significa casa (家) oppure negozio (屋). Quindi questa machiya qui: 町家 è la "casa di città" mentre questa machiya qui, 町屋, invece, è il negozio di città. Complicato? Non è finito.

Se andiamo a Kyoto, le case che per secoli hanno definito l'atmosfera della vecchia capitale giapponese sono una variante locale con delle piccole differenze regionali di machiya, che si meritano un nome a sé stante: kyōmachiya, che è la crasi di Kyōto e machiya. Sono le case a schiera di Kyoto.

La kyōmachiya è tutta in legno, ha la facciata stretta (sempre per il problema della tassazione, si dice) e può essere alta un piano, uno e mezzo, due o anche (raramente) tre piani. Davanti c'è lo spazio per un negozio (letteralmente: mise no ma, 店の間) e dietro (nonché sopra) c'è lo spazio abitativo (anche qui letteralmente: kyoshitsubu 居室部). Le stanze sono ricoperte di tatami portano allo spazio di servizio nella seconda metà della casa, che si chiama doma (土間) o tōriniwa (通り庭) ed è praticamente la vecchia cucina e stanza di rimessa, luogo di passaggio per andare verso il magazzino posteriore nel giardinetto, kura (倉 o 蔵), che è una vera e propria rimessa e ricorda i nostri capanni nei cortili interni soprattutto in Liguria. Sopra la cucina c'è un ampio spazio verticale, che arriva sino al tetto: questa specie di pozzo interno (dai piani superiore si vede con delle piccole finestre, non ci sono ballatoi) si chiama hibukuro (火袋) e serve a fare da caminetto portando via il fumo, mentre il lucernario in cima porta la luce in cucina.

Manca ancora un pezzetto, che saremmo tentati di chiamare "sala da pranzo" o "soggiorno". Si chiama zashiki (座敷) ed è lo spazio principale della casa, posto nella parte posteriore e dà sul giardino interno (quello dove c'è anche la rimessa). Il giardino è minimalista per definizione (è quello che servirà come ispirazione per i giardini zen dei templi) ed è separato dalla casa da porte scorrevoli, così come il resto delle stanze. Le machiya sono quello che dà versatilità alla casa tradizionale giapponese perché consentono di aprire gli spazi ad esempio per feste rituali e incontri famigliari con i parenti: quando serve si spalancano anche le pareti scorrevoli che danno sul giardino interno e lo zashiki diventa molto grande e accogliente.

Kyoto in realtà ha un clima piuttosto complesso: caldo afoso d'estate e decisamente freddo d'inverno. Le pareti scorrevoli sono sempre doppie, in maniera tale da offrire più protezione con il freddo e da poter essere aperte del tutto d'estate ma fornire soluzioni anche per le mezze stagioni. Le lavorazioni delle pareti, di bambù più o meno fittamente intrecciato, e le particolari finestre "a gabbia di insetto" (letteralmente: mushiko mado, 虫籠窓). L'apertura e chiusura delle finestre e del portone (chiamato "grande finestra" perché composto da elementi strutturali analoghi) assieme alla forte prossimità dei gruppi di case a schiera contribuisce a creare un forte senso di comunità. Le kyōmachiya sono ravvicinate, separate da piccoli vicoli (roji, 路地), e a lungo hanno costituito l'ossatura per i piccoli distretti anche lavorativi, in cui solitamente i giapponesi dividono le proprie città: il quartiere dei cardatori della lana, dei tessitori, dei vasai e via dicendo.

Oggi le kyōmachiya stanno rapidamente scomparendo. In generale le machiya scompaiono da tutti i centri abitati perché vengono sostituite da case più moderne e funzionali. Moltissime di quelle che rimangono sono a rischio mentre alcune, relativamente poche, sono preservate sia da benefattori che da piccole imprese che le affittano a giapponesi o, più spesso, a stranieri che vogliono passare un periodo nelle città giapponesi vivendo in quartieri tranquilli e con lo stile di vita tradizionale. Moltissime case tuttavia vengono mantenute ma a prezzo di distruggere la facciata in legno e terra e sostituirla con una in cemento, che non richiede lavori di manutenzione e ristrutturazione relativamente frequenti come quella originale. Altre vengono "salvate" e mantenute come esercizi commerciali riadattandole alle nuove funzioni: viste le dimensioni, la maggior parte diventano caffè o piccoli ristoranti, piuttosto che piccoli negozi artigianali specializzati.


Pensieri divergenti

La frugalità della gratitudine
Questo saggio (opens new window) ci ricorda che i doni della vita che ci vengono dati da tutti gli esseri viventi della Terra fanno parte di un sistema fondato sulla reciprocità. “La pratica della gratitudine può, in un modo molto reale, portare alla pratica dell'autocontrollo, di prendere solo ciò di cui hai bisogno. Nominare e apprezzare i doni che ci circondano crea un senso di soddisfazione, una sensazione di "sufficienza" che è un antidoto ai messaggi della società che invece perforano il nostro spirito, dicendoci che dobbiamo avere di più. Praticare la contentezza è un atto radicale in una società guidata dal consumo”.

Serviti dalle tecnologie che ci isolano dalle conseguenze
In questo saggio (opens new window) per Real Life, Sun-Ha Hong sottolinea che ci vengono vendute visioni riciclate del futuro con l'illusione di "innovazione tecnologica". Dietro il linguaggio della comodità senza attriti si nascondono le idee di ieri, avvolte in allettanti promesse di un domani migliore. “Mentre il futuro veramente automatizzato non arriva mai del tutto, il sogno è mantenuto perennemente da una popolazione sempre crescente di lavoratori fantasma mal pagati e maltrattati. Questi tecnofuturi ricorrenti perpetuano un'equazione familiare in cui convenienza equivale a libertà; ed essere liberi significa avere cose gratis, non solo in termini di costo in dollari, ma anche di cancellazione di tempo, spazio e lavoro umano. In questa visione, siamo invitati a essere l'utente "avido" che può tenersi la torta e al tempo stesso mangiarla: servito al massimo dalla tecnologia e isolato al massimo dalle sue conseguenze".

Il codice è legge (o no?)
Dopo aver rubato 16 milioni di dollari in criptovaluta grazie a un exploit di un protocollo di finanza decentralizzata (DeFi), il giovanissimo ladro si è rifiutato di restituire i fondi, sostenendo di aver semplicemente eseguito un'operazione di arbitraggio completamente legale. Il giovane ha la laurea breve in giurisprudenza, a quanto pare. Se il caso va davanti a un giudice, potrebbe essere un test del "codice è legge", una mentalità comune in cui qualsiasi cosa consentita dal codice in un sistema DeFi è eticamente consentita. Questo articolo (opens new window) è molto interessante: discute il caso in dettaglio, esaminando entrambi i lati dell'argomento "il codice è legge" e i probabili esiti legali.

L'importanza del vicinato
Uno di quegli articoli fotonici che solo gli americani ci sanno regalare (opens new window): su Curbet si racconta la storia di questo condominio di East Williamsburg in cui c'è una enclave trans che è una vera festa. Ricordatevelo quando passate da New York City la prossima volta.


Eventuali

Ci rubano i nostri lavori
Non bisognerebbe mai antropomorfizzare i robot perché potrebbero offendersi. Battute a parte, evidentemente c'è qualcosa che non va nel modo con il quale Reuters (in questo caso) vuole "rendere interessanti" le notizie sui robot. Settimana scorsa (opens new window) parlavamo della pratica di "incorniciare il mondo", cioè del framing. Beh, questa settimana Reuters ha deciso che i robot sono dei "lavoratori stranieri" che rubano il posto a quelli americani, più o meno (opens new window). Così facendo, però, non si "insaporisce" la pietanza informativa; invece, si alimenta un pochino di più un conflitto che poi a un certo punto scoppierà in faccia a tutti (per i motivi sbagliati).

Housing
Negli Usa la gente sta scappando dalle grandi e costose città e si sta trasferendo in posti di campagna e di montagna che non costano niente. Cioè, quello è un paese bello grosso e c'è terra da vendere, soprattutto nell'interno. Tuttavia, la trasformazione è significativa. Qui un racconto intrigante (opens new window).

Il fascino dei misteri egizi
Ma voi non vi sentite a disagio mentre fissate i piccoli corpi avvizziti, esposti nei loro sarcofagi aperti? Parlo delle mummie sopravvissute alla notte del tempo ed esposte nei nostri musei, come quello delle antichità egiziane di Torino. Pensate a cos'è una mummia. Pensate all'immensa cura degli egiziani nell'organizzare le sepolture e cercate di capire cosa implica che oggi ci sia una teca di vetro annebbiata del respiro di migliaia di turisti. È evidente che questo non è dove gli antichi egizi volevano che i loro morti finissero. Per quanto siano completamente differenti dal desiderio di coloro le cui spoglie vi sono intrappolate oggi, le stanze dei musei con i resti della civiltà egiziana sono sempre le più affollate. E l'Egitto stesso continua da duemila anni praticamente (dai tempi degli antichi romani) a solleticare le nostre curiosità (opens new window). Perché? Questo articolo di Casey Cep (opens new window) descrive in dettaglio il nostro fascino per l'egittologia e, in particolare, il fascino infinito del faraone Tutankhamon, 3000 anni dopo la sua morte e 100 anni da quando Howard Carter trovò la sua tomba. Cep dice che una recente tournée dei tesori di Tutankhamon "ha attirato folle più grandi di quelle dei Beatles, battendo i record di presenze ai musei e generando decine di milioni di dollari di vendita dei biglietti". Attenzione, perché questo articolo ha una prospettiva diversa dal solito: non è solo la storia di Tutankhamon, ma anche della "saturazione di Tut" che ne è seguita. Un eccesso a cui mi ritrovo a contribuire anche io con questa segnalazione, ovviamente.

Editare il lavoro altrui
Il titolo già di per sé è bellissimo: The Kept and the Killed (opens new window). Ed è la materializzazione della mia più grande paura come autore: la responsabilità e l'impatto dell'editor sul lavoro altrui. Delle 270 mila fotografie commissionate dalla Farm Security Administration statunitense per documentare la Grande Depressione, più di un terzo è stato letteralmente “ucciso”. Erica X Eisen esamina la storia dietro l'archivio perforato (sì, gli hanno fatto un buco vero e proprio) e il vuoto inconoscibile che questo ha provocato.

Il signore dei virus
Il covid-19 ha fatto saltare le scuole di mezzo pianeta. E questo ha creato dei problemi enormi: 1,6 miliardi di bambini hanno fatto lezione da lontano o non l'hanno fatta per niente. È il più grande piano di non-istruzione della storia. Se è vero che aggiungere un'ora di matematica alla settimana alle classi di tutto il mondo produce un effetto enorme in termini di scolarizzazione e risultati a posteriori, immaginate che effetti avrà aver chiuso le scuole per mesi interi. È una ‘Catastrophic Disruption (opens new window)’. E oltre agli effetti macroeconomici, per così' dire, ci sono quelli psicologici che sono incalcolabili.

La storia del ritorno di Resident Evil
Lo so, non scrivo tanto di videogiochi. È una passione fortissima che passa un periodo (ormai qualche anno) di sonno. Comunque, quest'articolo è interessante (opens new window) perché racconta la storia di un felice ritorno. Nel 2017 la serie di giochi di Resident Evil se la passava decisamente male e c'era chi diceva che stava per "morire", ma il settimo titolo ha cambiato il franchise in meglio. Molto meglio.

Medicine di sartoria
Perché il covid-19 potrebbe finalmente inaugurare l'era dell'assistenza sanitaria basata sui dati di un paziente. C'è un immunologo (anziano) che lo dice (opens new window): dopo quasi tre decenni di proselitismo, Lee Hood crede che la pandemia possa finalmente consentire la sua visione di una medicina di precisione personalizzata per tutti. Aggiungo un articolo bonus sull'argomento (opens new window): il prossimo atto per l'RNA messaggero potrebbe essere più grande dei vaccini covid. I nuovi vaccini a RNA messaggero per combattere il coronavirus si basano su una tecnologia che potrebbe trasformare la medicina. Prossime cure: anemia falciforme e Hiv.

Il contadino meccanico e la sua frutta
L'apprendimento automatico sta rendendo frutta e verdura più buone (opens new window). Infatti, molte varietà commerciali di frutta sono diventate meno saporite nel tempo. È costoso e difficile per gli allevatori allevare piante in base al sapore, quindi altri tratti ricevono maggiore attenzione. Un gruppo di scienziati ha analizzato il contenuto di vari frutti e poi ha utilizzato l'apprendimento automatico per capire quali combinazioni chimiche creano quali gusti. Questa tecnologia potrebbe essere utilizzata per testare facilmente il gusto dei prodotti, ottenendo possibilmente un migliore sapore del cibo.

Obelix e i suoi menhir
Gli scienziati stanno facendo il miracolo: stanno spiegando il mistero di quei pietroni parcheggiati in Inghilterra nella Salisbury Plain. Solo che quello che viene fuori (opens new window) non piacerà a molti amanti della Brexit di Oltremanica: il simbolo dell'Inghilterra in realtà è uno dei luoghi di maggior meticciato della storia, con 1.500 anni di immigrazione che si sovrappongono.

Pericolo: crescono troppi alberi!
È un paradosso, ma basta pensarci un attimo e si scopre che purtroppo non lo è. Il limite della parte boschiva è fuori controllo (opens new window): come la crisi climatica sta trasformando l'Artico in un ambiente completamente verde. Nella Norvegia settentrionale, gli alberi stanno rapidamente invadendo la tundra e minacciano un stile di vita molto antico che dipende dalla neve e dal ghiaccio. È un fottuto casino, altro che.


Multimedia

Date un premio Pulitzer a quest'uomo! "Quale altro mese vi ricorda che dovete morire più di febbraio?", "Se riuscite a sopravvivere a febbraio, sapete che ce la potete fare per un altro anno". La depressione cosmica, che un tempo solo un poeta esistenzialista avrebbe saputo evocare, in due minuti di telegiornale (opens new window).


Tsundoku

Il nostro futuro su una Terra sempre più calda: How Are We Going to Explain This? (opens new window) è il libro ottimista di Jelmer Mommers: basato su ricerche e prove scientifiche, Mommers cerca di infondere un po' di speranza nel mezzo della crisi climatica che sembra quella della pentola di acqua sempre più calda con dentro la rana (cioè, noi), ovvero il posto dove tutto cambia in peggio ma nessuno sembra volerci fare veramente caso. Mommers spiega come siamo arrivati a questo punto, quale futuro ci attende e cosa possiamo provare a fare (ciascuno di noi) per fare la differenza.

La geometria nascosta di tutte le cose: Shape (opens new window). Il libro rivela la geometria alla base di alcuni dei più importanti problemi scientifici, politici e filosofici che dobbiamo affrontare. La geometria si chiede: dove sono le cose? Quali cose sono vicine? Come puoi passare da una cosa all'altra? Sono domande importanti. La parola "geometria" deriva dalla parola greca che significa "misurare il mondo". È un eufemismo, a dir poco. La geometria non si limita a misurare il mondo: lo spiega. La sua forma ci mostra com'è realmente. Dell'autore, Jordan Ellenberg, non so niente se non che ha messo assieme un lavoro molto intrigante.

Non sono un designer e non faccio finta di intendermene, ma il tema mi affascina, soprattutto per alcuni problemi che solleva nel modo con il quale interpretare la natura umana. Infatti, noi umani siamo creature disordinate e illogiche a cui piace immaginare di avere il controllo, ma lasciamo allegramente che i nostri pregiudizi ci portino fuori strada. In Design for Cognitive Bias (opens new window), David Dylan Thomas mette a nudo le forze irrazionali che modellano le nostre decisioni quotidiane e, inevitabilmente, informano le esperienze che creiamo. Una volta che afferriamo la logica che alimenta queste forze, abbiamo una possibilità per affrontarle, domarle e persino riuscire a sfruttarle per il nostro vantaggio.


Coffee break

Mostly Weekly è una newsletter libera e gratuita per tutti. Se volete supportare il tempo che passo a raccogliere e scrivere le notizie, potete farlo offrendomi un caffè alla settimana su PayPal (opens new window) (che detto così sembra quasi un "in alto le mani, questa è una rapina", però vabbè ci siamo capiti).


Al-Khwarizmi

Cosa possiamo imparare da “_why”
“_why”, lo sviluppatore open source a lungo perduto, è stato un membro prolifico della comunità di Ruby negli anni 2000. Ha fuso assieme la sua arte (era anche un artista) alla scrittura di codice e la scrittura del suo codice all'arte. Online era praticamente ovunque, almeno sino alla sua scomparsa nell'agosto 2009. Sebbene il suo lavoro sia stato mantenuto da altri, non è chiaro quanto rimanga del suo codice originale. Questo articolo (opens new window) racconta la storia di "_why" e l'impatto che ha avuto sul mondo della programmazione.

I dolori dei giovani d'oggi
Non si dovrebbe sorprendere nessuno: sempre più persone si stanno facendo male usando i visori per realtà virtuale, perché, beh, sempre più persone li stanno acquistando. Infatti, la crescente popolarità dei visori VR ha avuto l'effetto collaterale fin troppo prevedibile (opens new window) di moltiplicare gli incidenti domestici: le persone si fanno male perché non riescono a vedere come si stanno muovendo, cosa stanno calpestando, e prendono a pugni o calci mobili e oggetti durante il gioco.

Restringere i chip
Salta fuori che, dopo più di vent'anni che mi occupo per lavoro di tecnologia, la mia immagine mentale della filiera produttiva dei microchip è abbastanza buona. Ma non è merito mio: è merito di questo magistrale articolo (opens new window), tutto da leggere, che vi fa entrare dentro la macchina che ha salvato la legge di Moore. Il racconto di come l'azienda olandese ASML ha speso 9 miliardi di dollari e investito 17 anni di tempo per sviluppare un modo per continuare a produrre chip per computer più piccoli e densi di transistor.

Font monospace per scrivere codice
Se siete stanchi di guardare il codice Html e Css nel vostro editor di testo, potreste aver bisogno di un nuovo carattere tipografico per abbellire un po' le cose. Questa galleria di CSS Tricks (opens new window) vi consente di esplorare una gamma di alternative (per lo più) gratuite ai caratteri monospazio predefiniti del vostro sistema. Si trovano cose buone.

Notion-Coda
Una guida alla scelta (opens new window) di Notion o di Coda come app per i documenti all-in-one. C'è un mondo intero che si sta sviluppando in quell'ambiente, del quale si parla in realtà molto poco. Ma è uno scontro di culture rispetto al resto del mondo: come possono convivere le persone che crescono con questo approccio "zettelkasten" alla strutturazione delle informazioni rispetto a chi vive ancora tra Word ed Excel e chi invece è passato armi e bagagli alle suite Google nel cloud?

Shift-K
Una parte del fascino di Vim sta nella totale mancanza di complessità, all'apparenza, che però nasconde un universo. Prendete ad esempio shift-K: se andiamo con il cursore su una parola che coincide con un comando Unix premendo la combinazione maiuscola-K si apre un secondo buffer con il man del comando. Ma, se utilizziamo dei plugin (opens new window) come pydoc.vim (opens new window) di somini che integrano la documentazione di Python dentro Vim, agisce anche fornendo la spiegazione dei comandi Python. Ma non finisce qui: se uno va a guardare il manuale interno di Vim scopre che in realtà shift-K viene usato per far girare un programma che ricerca la parola chiave attorno al cursore. C'è però l'opzione keywordprg per vedere e per decidere quale programma far girare. Di default, se si chiede :se keywordprg la risposta è keywordprg=:help, ma si può cambiare e configurare quel che si vuole sia con :set keywordprg. E insomma, c'è un intero mondo (opens new window).

Aspect Ratio nel CSS
Sono un poppante per quanto riguarda il CSS. Se posso e mi serve qualcosa, la inchiodo direttamente in Html. Non si fa. Ma ci sono alcune cose molto fastidiose e lunghe, come la gestione delle proporzioni delle box. Questo articolo (opens new window) illustra come utilizzare la proprietà delle proporzioni (aspect-ratio) nei CSS. Prima che la proprietà aspect-ratio venisse aggiunta ai CSS un anno fa, gli sviluppatori dovevano scrivere dei CSS piuttosto brutti per far sì che gli elementi si conformassero alle proporzioni volute. La proprietà aspect-ratio lo rende semplice e non richiede l'apprendimento di molti altri meccanismi indiretti da usare. Non avete idea di come questa cosa mi abbia cambiato la vita. Non ce l'avete.

Mettere ordine apparente nel caos reale
Non mi piace l'approccio di Google, cioè buttare tutto in un secchio e poi usare le funzioni di ricerca per trovare quel che serve. Questo non aiuta a strutturare la conoscenza perché non scala quando la quantità di informazione aumenta molto. Il tutto porta a problemi ai quali bisogna mettere delle toppe. Entra in scena Journeys per Chrome. ‌Journeys è una nuova funzionalità di Chrome (opens new window) che raggruppa gli elementi nella cronologia di ricerca e di navigazione di un utente per soggetto o argomento. Gli utenti vedranno un'opzione per riprendere il cammino precedente già fatto quando digitano parole correlate nella barra di ricerca. L'opzione mostrerà un elenco di siti rilevanti presi dalla loro cronologia. Mostrerà i siti con la maggior parte delle interazioni nella parte superiore. La funzione raggrupperà solo la cronologia delle ricerche sui singoli dispositivi. Journeys verrà messo nel browser di un miliardo e passa persone con il prossimo aggiornamento.


Vento
Vento ~ Foto © Antonio Dini

L'ultima briciola

Dire i nostri addii
Marcello Pecchioli era un mio buon conoscente, in un nostro (suo e mio) modo strano, forse anche un amico, non lo so. Sicuramente era un personaggio fortemente irregolare (come sono anche io, del resto). È morto a Bologna poco più di un anno fa (opens new window) ma me ne sono accorto per caso adesso, e solo perché c'è internet. C'è da dire che il 2021 è stato un anno micidiale, a fare lo spoglio di chi non c'è più. Se guardate anche solo in Italia e solo nel settore culturale (opens new window), ci sono stati un sacco di morti illustri e importanti, e meno illustri e meno importanti. Con Marcello Pecchioli però avevo collaborato per un paio di suoi libri, lezioni universitarie, idee su possibili evoluzioni. Qui una delle sue rare interviste (opens new window) e invece qui (opens new window) alcuni dei suoi libri. L'unico modo per rendere comprensibile questa morte così distante e lontana è pensare che un tempo questi erano i tempi fisiologici con cui viaggiavano le notizie.




I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.



“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”

– G.K. Chesterton


END




Ti è piaciuta? Inoltrala a chi potrebbe essere interessato.
Se l'hai ricevuta, qui puoi iscriverti
Qui invece c'è l'archivio dei numeri passati
Se vuoi contribuire al futuro di Mostly Weekly, puoi pagare un piccolo contributo equivalente a un caffè alla settimana usando PayPal (opens new window)
Buona domenica!