[Mostly Weekly ~142]
The Link Edition (part two)
A cura di Antonio Dini
Numero 142 ~ 21 novembre 2021
Benvenuti a The Link Edition (part two) di Mostly Weekly, la newsletter settimanale che esce quando è pronta. Come scrivevo la scorsa settimana, sto cercando di smaltire un arretrato importante di cose che ho trovato e accatastato in attesa di condividerle qui. Mentre lo stavo facendo mi sono reso conto che è come svuotare il mare con il setaccio: nelle prossime settimane mi faccio venire qualche idea, per adesso ecco quello che ho trovato ravanando nel baule dei link.
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Intanto, buona lettura!
I either write the book or sell the jewels, and I’m kinda sentimental about the jewels
-- Ava Gardner
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Editoriale
L'importanza di esserci
Una volta un mio amico che non ha mai fumato mi raccontava che, in un'azienda in cui era entrato da poco come dirigente, il suo amministratore delegato e gli altri tre responsabili di area si ritrovavano per una sigaretta sul terrazzo prima di iniziare le riunioni strategiche. Nelle quali entravano sostanzialmente con un accordo già preso, mentre lui aspettava al chiuso. L'amico che non è scemo dopo le prime due volte si è messo su la sciarpa ed è andato a fargli compagnia sul terrazzino per non perdere il colpo. È sostanzialmente il tema che viene fuori da questo articolo (opens new window): nei posti di lavoro post-pandemia che stanno ristrutturandosi adesso ci sarà un mix di postazioni in ufficio e remote, a casa. Molte donne preferiscono indubbiamente lavorare da casa perché possono gestire anche le altre cose (famiglia, figli) che altrimenti diventano difficili. Però lavorare prevalentemente da casa creerà loro un problema in termini di accesso e carriera.
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Importante
Futuro
La fantascienza alle volte ci azzecca. Ma detta così è semplicistica. Prendete David Gerrold (opens new window), scrittore di fantascienza che negli anni Novanta indovina tutto sul telefono cellulare smart (opens new window) (che lui chiamava Pita), incluso l'arrivo dei social. È stato praticamente l'unico ma fine anni Novanta era il periodo giusto (noi parlavamo di PDA (opens new window), ricordate?). Quello che ha fatto è stato semplicemente proiettare in avanti alle logiche conseguenze i vettori di sviluppo tecnologico e le caratteristiche salienti della nostra società (l'industria culturale, gli assetti economici, la forma del mercato). Per questo quando parla di intelligenza artificiale e robot diventa interessante prestare attenzione di nuovo. "Ecco l'unica cosa a cui bisogna fare attenzione. Non dobbiamo rinunciare alla parte più essenziale dell'essere umani: la capacità di connetterci gli uni con gli altri. Sì, un robot può cullare un bambino, ma sono abbastanza sicuro che il bambino preferirebbe di gran lunga essere cullato da un umano. Se rinunciamo a questo, creeremo una generazione che non saprà mai cosa significa essere amati". Ricordatevelo, tra un po' di anni.
Scomparire in Cina
Nei giorni scorsi in Cina è scomparsa la tennista Peng Shuai, che aveva denunciato un dirigente del partito e suo ex compagno per violenze. Ritornerà, probabilmente, perché mica l'hanno ammazzata (speriamo). Però quando il governo cinese decide di metterti da qualche parte per del tempo, ti mette da qualche parte di brutto: per la precisione in posti come questo (opens new window) (link di backup (opens new window)) secondo quanto sostengono gli attivisti che hanno raccolto svariate testimonianze. Intanto, spiega Simone Pieranni, oltre all'America è la Cina che lavora con gran lena alla creazione dei metaversi (opens new window).
Minimalismo d'accatto
Il modo migliore con il quale la letteratura di auto-aiuto riesce a cogliere nel segno e raggiunge il suo scopo (vendere, oppure fare click, o entrambi) è lavorare sui sensi di colpa. Ci sono delle aree chiaramente identificate da tempo che hanno a che fare con il bisogno e con la mancanza. Sono le aree che vengono costantemente indirizzate dalla letteratura di aiuto aiuto. Una sopra le altre: il caos, la confusione. La complessità, la frammentazione. Le costanti distrazioni, la trasformazione del lavoro. Tutto quello che congiura per rendere la nostra vita una specie di giostra impazzita. Qual è la risposta al consumismo rampante, che per qualche decennio è stato invece l'unico modo di dare senso e vigore alla nostra vita? Marie Kondo. Buttare via tutto. Cose tipo (opens new window): "Riempiamo la nostra vita di schifezze, ecco come buttarle via". Minimalismo d'accatto. Vuotezza. Totale fungibilità di qualsiasi oggetto. Perdita di valore delle cose che spinge in realtà a cicli ancora più veloci di nuovi acquisti sia fisici che digitali, solo su scala più piccola. È la lunga coda: anziché spendere nei momenti di trasformazione della vita (uscita di casa, matrimonio, figli) si atomizzano le spese in milioni di micro-transizioni molto più gratificanti e meno dolorose che però sono alla fine molto più penalizzanti. E portano allo radicamento totale. Questo a sua volta porta a blocchi continui, alla paura strisciante, all'insoddisfazione costante, alla procrastinazione patologica. La letteratura di auto-aiuto aiuta? Ma neanche per idea. Se volessimo leggere qualcosa che analizza e aiuta, dovremmo puntare a un altro livello: comprendere i meccanismi dietro la procrastinazione e smontarli (opens new window), ad esempio. Ma non c'è engagement, non lavora sui sensi di colpa, le paure e gli archetipi dell'inconscio collettivo della rete, quindi "non tira".
Spendere eticamente
Ricordo ancora con un brivido alcune riunioni dei GAS in cui arrivavano signore bene in cerca dello stimolo a fare la cosa giusta, oltre che la più costosa. Perché un GAS è molto più costoso che non il Penny. Ma fare la cosa giusta va bene perché è qualcosa di più che non spendere solo di più. Invece, è una cosa complessa, anche politicamente. Perché diciamocelo: è inutile, nel grande schema delle cose (non sono gli acquisti del GAS che salveranno il mondo), ma lancia un segnale e spinge a un cambiamento chi può influire (le grandi aziende). Tuttavia, si può spendere eticamente, sostiene questo articolo (opens new window) di The Cut del New York, e ci si può permettere di farlo. L'approccio è pragmatico e certamente non rivoluzionario (non scherziamo) oltre che molto americano. Però è interessante perché fa vedere come gesti politici di alcuni individui isolati possano cominciando a cambiare le cose indicando una direzione e provocando un effetto slavina.
Yamato
Kaidan (怪談)
Nella puntata di questa settimana del nostro dizionario tematico di giapponese ci appoggiamo a una vera e propria autorità della cultura di quel popolo: lo scrittore e giornalista Lafcadio Hearn. Kaidan (怪談) è la versione moderna del termine kwaidan che è stato usato da Lafcadio per uno dei suoi lavori più famosi: Kwaidan: Stories and Studies of Strange Things. Ora, da un lato ci sono le storie di fantasmi giapponesi, che fanno parte del più ampio settore delle storie di paura giapponesi (J-Horror, come è stato chiamato per un certo periodo) e che sono divertenti e ricreative. I giapponesi amano raccontarsi storie di paura soprattutto nelle caldissime sere estive, perché i brividi di paura rinfrescano (sul serio, non sto scherzando). Ma Lafcadio Hearn ha fatto di più: ha scritto del Giappone alla fine dell'Ottocento vivendoci e aprendone le porte al mondo anglosassone. Fotografando a parole un periodo storico delicato, sospeso, praticamente perduto se non fosse stato per lui. In qualche modo si è ricavato un posto prominente non solo per i temi scelti e la bravura nel trattarlo (ha raccolto storie e raccontato pezzi di folklore di quel popolo al resto del mondo) ma anche per essere stato sostanzialmente il primo e il migliore ad aver colto, con tempismo notevole, un mondo che sta per scomparire.
Le storie raccolte da Lafcadio sono di paura ma a carattere prevalentemente psicologico: fa paura quel che non si vede ma che si intuisce, più che l'aspetto splatter o comunque esplicito dell'horror moderno. Nelle sue storie invece ci sono gli yūrei (幽霊), fantasmi piccoli, oscuri e un po' spaventosi ma sostanzialmente impossibili da vedere, o le manifestazioni esteriori e misteriose degli spiriti rumorosi, i poltergeist (gli "spiritelli porcelli", ricordate?). Tutti pezzi di folklore giapponese che il buon Lafcadio, nato da padre irlandese (un noto chirurgo) e da madre greca sull'isola di Lèucade o Santa Maura (una delle isole Ionie, da cui il nome dell'autore), ha raccolto e messo assieme a partire dal 1889 sino alla morte, avvenuta un po' prestino (a 54 anni per un infarto) nel 1904.
Il suo Giappone è quello scoperto dagli occidentali grazie all'estetica nipponica che sbarcò ufficialmente in Europa grazie all'Esposizione universale di Parigi del 1867, quella che fece Napoleone III non con lo scopo di promuovere le produzioni artigianali e industriali, ma di avvicinare i popoli. L'esposizione venne organizzata come un insieme di mostre e di eventi culturali e lo stile di vita oltre all'arte giapponese fecero capolino (creando una passione il Giappone mai sopita nei francesi ma che esploderà solo nel 1900 con un'altra e più nota Esposizione universale parigina). Quando Lafcadio sbarcava in Giappone certamente non era uno dei primi occidentali. C'erano già giornalisti come lui ma anche commercianti, uomini d'affari, politici, diplomatici, militari, accademici e rappresentanti delle religioni occidentali che già da tempo si aggiravano nell'arcipelago. Mancavano i turisti, perché non esisteva il turismo soprattutto quello di massa, ma il resto c'era tutto.
La differenza di Lafcadio con gli altri esploratori più o meno consapevoli del Giappone la diedero il genio e il talento, declinate nella freschezza della scrittura e nel taglio scelto di volta in volta per raccontare ogni singola storia. Abbandonata la carriera giornalistica (che negli Usa gli era valsa certi risultati, alcuni dei quali prodotti con una serie di reportage sulla New Orleans "nera" che hanno sostanzialmente costruito il mito ancora perdurante della città americana), Lafcadio Hearn era diventato insegnante di inglese nelle scuole giapponesi grazie ai buoni uffici di un docente americano, e si muoveva adesso certamente in secondo piano, ma a quel punto guadagnando però tempo prezioso per i suoi scritti. Che furono molti: solo tra quelli tradotti in italiano se ne contano una ventina. Segnalo Adelphi che pochi anni fa ha pubblicato Ombre giapponesi e ovviamente il libro Storie di fantasmi del Giappone tradotto in italiano e impostato oltre che graficamente anche nella cura delle illustrazioni da Benjamin Lacombe, che è un artista enorme. Questa estate ho potuto leggere nell'edizione italiana questo libro illustrato dove Lacombe ha architettato una progressione molto personale e intima per l'illustrazione dei racconti di Lafcadio. È veramente un bel libro, ma ancora più belli sono i racconti.
Siamo nella stagione fredda, quindi forse c'è poco bisogno. Se però doveste sentire caldo e voleste un attimo rinfrescarvi, ricordate che non c'è niente di meglio che leggere qualcuna delle kaidan, le storie di fantasmi di Lafcadio, per farvi scendere quel sudorino freddo giù per la schiena che alle volte ci vuole proprio.
Eventuali
Energia nucleare
Bloccare gli effetti tremendi che l'inquinamento è complicato: dovremmo spegnere tutto e sperare che basti. Ma non è ragionevole pensare di spegnere tutto. Allora potremmo cambiare in corsa il modo con il quale ci approvvigioniamo di energia. Una soluzione può essere il nucleare? Negli ultimi due anni è diventato un tema ricorrente anche da noi. Il New Yorker (opens new window) se lo chiede sul serio, quello che ha trovato è interessante.
Regina Margherita
I servizi di consegna delle piattaforme-app (Deliveroo & C.) ci hanno convinto di essere una parte essenziale della nostra frenetica vita. Ma gli esseri umani sono riusciti a ordinare cibo da asporto per secoli e con grande soddisfazione. Così (opens new window) stiamo solo rendendo molto ricche pochissime persone (tipo qualche decina) e rovinandone centinaia di migliaia se non milioni di altre in tutto il mondo.
Snif snif
L'odore delle cose: un articolo spettacolare (opens new window). (Se avete il covid e non sentite più gli odori, magari per sempre, prendetelo come un articolo nostalgico e pieno di rammarico. Se vi può consolare io sono daltonico)
Tecnocrazia
Sono stato a Singapore forse una decina di volte in tutto, in vent'anni. Manco da tempo. È un posto strano, un po' freddo: girarlo la sera è come andare a giro per la downtown di una città americana. C'è il deserto. E qualche quartiere folkloristico. In realtà non si capisce Singapore se non si comincia a guardare cosa succede dietro le quinte, come si sono organizzati, cosa vogliono e come. Allora sì che si comincia ad aver paura. Questo articolo (opens new window) raccoglie il ragionamento e parla di "utopia" che è stata tradita ed è diventata un incubo di tecno-controllo. Non sono d'accordo. È sempre stato così. Ora è solo peggio e più visibile.
Nuovo sito
Tempo addietro, recensendo (opens new window) l'ultimo film di Wes Anderson, citavo tra gli altri la Paris Review. Che adesso ha rifatto tutto: grafica del trimestrale (opens new window) e del sito (opens new window). Ed è tanta roba.
Con occhi apertamente chiusi
I "sogni lucidi" (sorry, ma in italiano la traduzione tecnica è questa) sono i sogni in cui siamo consapevoli che stiamo dormendo e che riusciamo a influenzare parzialmente o completamente. Ora salta fuori che lo studio di questo fenomeno, che può essere attivato da chiunque, è fondamentale per capire cos'è e come funziona la nostra coscienza (opens new window), cioè la presenza alla mente della "realtà" che genera la consapevolezza. E vi faccio la stessa domanda che faccio ai miei studenti una volta all'anno: cos'è la coscienza? Cosa definisce la nostra consapevolezza? Perché pensiamo di esistere? La risposta non è banale e trovarla nei sogni è affascinante.
Multimedia
Smooooth
Sade Adu, la cantante nigeriano-britannica, ve la ricordate? E Lovers Rock (opens new window), il suo album del 2000 che richiama il sottogenere del reggae? Che storia! (opens new window)
Jam
Ascolto musica strana, lo ammetto. In un certo senso sto perdendo il controllo. Ma che ci volete fare. Qui c'è una bella Phish Funk Jams Compilation (opens new window). I Phish mi piacciono assai.
The harder they came
The Harder They Fall è uno di quei film con una colonna sonora così pazzesca (opens new window) che non puoi non pensarla come se fosse un album a se stante.
Genio! Capolavoro!
Lifehaker fa una carrellata (opens new window) di venti film talmente brutti che sono praticamente geniali.
Bowling Alone
Non so cosa ne pensate del bowling. Ci sono stato qualche volta, non lo considero una cosa che farei tutti i sabati sera, però ha il suo perché. Comunque, questo video (opens new window) che mostra come si fanno le palle da bowling è spettacolare.
Tsundoku
Il colore non conta
Passing (opens new window) è un film e prima ancora un romanzo. Il romanzo è del 1929 e l'ha scritto Nella Larsen, mentre il film di Rebecca Hall è stato appena fatto. Il concetto di "passing" in generale è quando una persona si presenta come membro di un altro gruppo: può riferirsi al genere, all'orientamento sessuale, alla religione, all'etnia e all'identità "razziale". Nel caso del romanzo, è la storia di due donne nere americane con la pelle molto chiara: una vive una vita tradizionale per la sua appartenenza etnica e razziale, l'altra "si fa passare" per bianca. Questo, nella storia del melange etnico degli Stati Uniti, è avvenuto più spesso di quanto non ci si possa aspettare soprattutto nelle grandi città e negli stati del nord, venendo spesso scoperto quando nipoti e pronipoti cercano di ricostruire la propria storia famigliare, ed è affascinante vedere come in realtà si sovrapponga e in qualche modo si muova accanto al bigottismo più profondo.
Propaganda
All'ombra di Mao (opens new window) è il libro scritto daMarco Sioli, professore associato di Storia delle Americhe all'Università di Milano per raccontare una storia molto particolare che coinvolge America e Cina. W.E.B. Du Bois. Storico, sociologo, scienziato politico, DuBois fu tra i pochissimi afroamericani a viaggiare molto in Asia e fu prima influenzato dal Giappone imperiale e poi dalla Cina del Grande balzo in avanti. Con sua moglie, la scrittrice Shirley Graham Du Bois, furono ben più che usati dalla propaganda cinese, come emerge dal saggio. Come scrive Giulia Pompili sul Foglio, «Erano entusiasti, acriticamente, com'era proprio di quel periodo super ideologizzato e che sembra riproporsi anche oggi. "Volevo annunciare a tutte le sorelle nere degli Stati Uniti, nelle Indie occidentali e in Africa – scrive Shirley Graham sul Quotidiano del popolo, – che c'è un nuovo fenomeno che può ispirare il vostro cuore e riempirlo di speranza. Il popolo cinese, una volta oppresso, discriminato e trattato con disprezzo, ora si è sbarazzato degli oppressori, degli imperialisti e dei proprietari di schiavi"». La storia non è finita bene.
Coffee break
Mostly Weekly è una newsletter libera e gratuita per tutti. Se volete supportare il tempo che passo a raccogliere e scrivere le notizie, potete farlo mandandomi proprio dei soldi direttamente su PayPal (opens new window) (che detto così sembra quasi un "in alto le mani, questa è una rapina", però vabbè ci siamo capiti).
Al-Khwarizmi
Dai microservizi ai miniservizi
A quanto pare lo sviluppo delle architetture che fanno funzionare i servizi in rete sta andando incontro a una nuova trasformazione: monitorate quel che succede nel cloud, perché l'api economy (che era una cavolata) si sta trasformando in qualcosa d'altro. Se ne parla qui (opens new window). Arrivano i miniservizi.
dd
Volete copiare della roba un blocchetto alla volta, senza che vi scappi niente. Siete su Mac o su Linux e quindi userete dd, ottima scelta. Però il comando è un po' silenzioso: come fare per avere un numero o addirittura una barra di progresso testuale nella riga di comando (la riga di asterischi che si riempie, mica fantascienza) che vi dica a) se sta funzionando e b) a che punto è? Sembra facile ma non è banale. Leggete un po' qua (opens new window).
Le reti neurali e i loro grafi
A un certo punto volevo tradurlo e metterlo sul mio sito perché, se anche un po' lungo e un po' troppo articolato in alcuni passaggi, è un articolo fenomenale (opens new window) per capire come sono fatte le reti neurali a grafo. Perché spesso si parla di cose che non si sanno, si fantastica, la gente (i media, le persone) ci mettono del suo e alla fine viene fuori la fantascienza magica. In realtà, nessuno si mette a fantasticare sulle proprietà di un cerchio: magari non sanno neanche calcolarne l'area ma sanno benissimo che è un cerchio, c'è il pi-greco e a scuola una volta ci hanno preso l'insufficienza. Ecco, quando parlo di cultura informatica parlo anche di questo: le persone dovrebbero sapere benissimo che una rete neurale a grafo è divertente quanto fare paginate di matrici a lapis, non capirci niente (è normale), magari essersi pure fatti bocciare per questo, ma soprattutto dovrebbero sapere che Ultron non c'entra niente. Sennò ridiventa fantascienza magica.
Asana
Forse non sapete cos'è Asana, o cosa sono i software per la gestione del lavoro organizzato per gruppi. Comunque, Asana è una web app e sta crescendo molto, passando da ambiti di produttività più piccoli alla prima serata, per così dire, cioè le grandi aziende. Un giorno potreste ritrovarvela anche voi (opens new window).
Naked RPi
Non so a quanti di voi è capitato di installare un Raspberry Pi o qualcosa del genere. La password che questo tipo di apparecchi utilizzano di default è facile ma non sempre uno se la ricorda. Qui le trovate tutte (opens new window). Utile anche se per caso ne beccate uno che non è stato ben configurato e ancora utilizza la password di default (voi l'avete cambiata, vero?)
Blink
Se usate un iPad con la tastiera, ma anche un iPhone, e un po' sviluppate o amministrate delle cose, pian piano vi starete rendendo conto che la riga di comando si è riuscita a ritagliare un suo spazio nell'ecosistema mobile di Apple. In particolare, kudos a Blink (opens new window), che è un gran bel prodotto. L'app è una shell professionale di livello desktop (opens new window), solo che sta in tasca. Qui spiegano per bene (opens new window) un po' di cose che si possono fare, e qui c'è la pagina di sviluppo su Github (opens new window) dalla quale se volete potete anche provare qualcosa.
Fairchildren
C'è un inventore e un'azienda che hanno avuto un ruolo chiave nell'orientare lo sviluppo non solo di tutta la Silicon Valley ma anche dell'informatica planetaria: si tratta di Fairchild che il seme da cui è nato moltissimo. In questo articolo (opens new window) il Computer History Museum della Silicon Valley racconta tutta la storia.
Fenomenologia della trackball
Se siete affascinati dalle vecchie tecnologie costruite all'alba dell'informatica, dovreste fare un passo decisamente indietro e risalire sino a uno dei primissimi puntatori: la trackball. Inventata dalla marina canadese (opens new window), predata non solo il mouse ma anche l'interfaccia a finestre. In realtà, la prima trackball, presa "di peso" dalla versione canadese a cinque birilli del bowling (che ha palle più piccole), era stata pensata per gestire il puntatore su uno schermo radar collegato al primo computer militare della Royal Canadian Navy per ottenere il sistema Digital Automated Tracking and Resolving, o DATAR.
Notch
Ho provato e recensito il nuovo MacBook Pro 14 (opens new window) con processore M1Pro (opens new window) per Wired Italia (opens new window). Il notch, di cui si è abbastanza parlato, in realtà è un non problema. Anzi, per me non c'è proprio niente di cui parlare. Ma qualcuno ha fatto anche l'app per nasconderlo (opens new window).
Una modesta proposta
tar -cf
Riprendo il discorso dell'introduzione: quando ho deciso di trasformare i contenuti di Mostly Weekly (opens new window) in qualcosa di un po' più long form non sapevo che avrei avuto un altro problema: avrei creato un backlog infinito che è tutt'altro che esaurito. È a ben guardare il problema dei feed, che forse sono diventati completamente inutili perché pompano troppa roba. E per noi poveri giardinieri della rete questo è un problema. Io sono solo e Internet è grande, molto grande. Qui sul tema dei feed ne parlava un po' di tempo fa (opens new window) Benedict Evans. Più in generale, spero di riuscire a girarvi cose che ho accumulato nel mio computer e che penso siano interessanti. Sennò faccio un solo, gigantesco, epico file tar e lo dono alla rete. Perché no.
I link non hanno alcuna affiliazione, puntano orgogliosamente solo all'oggetto culturale citato. Un giorno riuscirò a renderli non tracciati.
“A man must love a thing very much if he practices it without any hope of fame or money, but even practice it without any hope of doing it well. Such a man must love the toils of the work more than any other man can love the rewards of it”
– G.K. Chesterton
END
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