Il Natale che verrà
Sull'annusare il vento e la difficoltà di fare previsioni al tempo degli uffici stampa
Stamattina mi stavo chiedendo una cosa cosa: come sarà il Natale che verrà? Voglio dire: per i giornalisti in generale è una stagione dell’anno da monitorare. Soprattutto in periodo di crisi o comunque di trasformazione, il nostro compito è ascoltare e riferire. Ad esempio come si prevede che saranno i consumi, come si pensa che potranno essere le spese, gli acquisti. Però non è così semplice. Sono informazioni che aiutano le persone a farsi un’opinione e quindi incidono sui futuri comportamenti. La stampa è il sale della democrazia, l’orologio della società. Ma può diventare un cattivo influenzatore (o perlomeno scorretto), se utilizza il suo potere malamente.
Tutto questo lo sanno bene anche gli uffici stampa, che non mancano di inviare missive, segnalazioni, inviti, proposte. Ti scrivono quelli della ditta tal dei tali per dirti che sarà un Natale all’insegna della tecnologia, e quindi del rischio di virus e altre malattie digitali, per creare allarme e poi cercare di vendere i loro prodotti antivirus e vaccini per le malattie digitali. Ti scrivono per dirti che sarà un Natale di abbuffate e di infedeltà coniugali, dandoti persino le statistiche se a tradire saranno di più i maschietti o le femminucce, al Nord o al Sud, le giovani coppie o le vecchie. Tutto per farsi pubblicità come agenzia di appuntamenti per chi cerca in rete “incontri” fuori rete.
È un gioco che oggi giocano tutti. Ci sono infatti anche gli uffici stampa di prestigiose università che scrivono:
«Buongiorno Antonio, le propongo uno spunto sul boom, in periodo natalizio, di acquisti on line effettuati tramite smartphone. Attualmente utilizzano il proprio dispositivo mobile per navigare circa 20 milioni di italiani. Assieme a questo dato occorre considerare la proliferazione dell’e-commerce, che ha permesso agli utenti di smartphone di effettuare i propri acquisti con estrema facilità e senza alcuna limitazione spazio-temporale. Secondo i nostri dati il 30% dei volumi si concentra negli ultimi tre pesi dell’anno. Con un aumento del 20% sull’anno scorso»
E poco più sotto:
«Le interessa fare la fotografia di questo fenomeno (con un po’ di numeri) con uno dei docenti XXX XXX del XXX X XXX? Da dove avvengono gli acquisti (casa o in mobilità). Quale il peso e i vantaggi dell’e-commerce e a che punto di “confidenza” sono arrivati gli italiani con gli acquisti on line? Quali i vantaggi dell’acquisto con uno smartphone? Quali i siti più gettonati?»
Ecco, l’obiettivo è sempre quello: far sentire la propria voce, emergere dal silenzio e conquistare un minimo di risonanza. Per farlo, esiste appositamente quella razza straordinaria di professionisti che sono gli operatori degli uffici stampa e i PR, che gestiscono le pubbliche relazioni di una azienda, di una persona, di una istituzione.
Stavo pensando a quanto il gioco sia in realtà un cane che si morde la coda: anche gli osservatori, gli esperti, i centri di ricerca, le istituzioni hanno fame di visibilità e utilizzano uffici stampa e PR per promuovere le loro ricerche, la propria comunicazione: dal momento che non è soltanto la bontà di una informazione a fare notizia, ma anche quanto è pubblicizzata (servono intensità e quantità, un po’ come volt e watt, per intendersi), alla fine noi giornalisti, che in teoria facciamo da filtro a quello che viene dalla società, siamo in realtà anche il motore che rimette in circolo le informazioni nella società stessa, amplificandole. Se riferiamo di un sondaggio, aiutiamo il risultato di questo sondaggio a essere più “vero”, perché l’opinione rappresentata diventa più condivisa.
Tutto questo è molto filosofico, mi fa perdere un po’ di tempo tra cappuccino e brioche, ma non mi aiuta a capire meglio che Natale sarà. Ci sono i messaggi che arrivano da tutte le parti, ma il solo coglierli fa il gioco della parte che li produce. Come andranno le cose, invece? Si venderà di più nei negozi o con l’e-commerce? Oggetti di qualità oppure cose da poco? Per la casa, elettronica o abbigliamento?
E poi, trovo questo tweet (opens new window) di @mujiusa (opens new window) (l’identità americana della catena giapponese presente anche in Italia) che mi colpisce:
@mujiusa Touchscreen Gloves are sold out. Sorry for the inconvenience and Thank you for your understanding.
I guanti con i ditali che funzionano sullo schermo touch degli iPhone e degli altri smartphone dotati di schermo capacitivo non sono una novità. Muji li propone con il solito approccio minimalista (e negli Usa a 12,95 dollari) in una sola misura ma con più colori. Il giornalista economico/tecnologico che è in me sorride: già mi vedo a strutturare un ipotetico Touchscreen Gloves Index sulla falsariga di quello del Big Mac fatto dall’Economist una vita fa.
Ok, non potrebbe funzionare: i guanti non sono fatti localmente (vengono importati nei differenti paesi dove è presente Muji) e non usano prodotti locali facilmente reperibili. La fluttuazione dei prezzi in questo caso non vorrebbe dire un bel niente. Però, il fatto che siano andati esauriti, essendo così ben definita la loro destinazione d’uso (se non hai un apparecchio touch, probabilmente non te li compri) qualcosa vuol dire lo stesso. Ecco, il fatto che siano andati esauriti per me significa che negli Usa di apparecchi touch ce ne sono già tantissimi, che vengono usati spesso all’aperto e in movimento (quindi sono più telefonini che non tablet) e che per il Natale che viene, c’è da aspettarsi che la gente regali i guanti, più che un nuovo telefono. Il Natale che verrà sarà un Natale per gli accessori, più che per i prodotti principali. Mi sono fatto un’opinione. Almeno, credo.
(pubblicato martedì 20 dicembre 2011)