Elon Musk, l'uomo che vuole morire su Marte
La mia intervista ad Ashlee Vance, il giornalista americano che ha scritto una delle biografie più interessanti sul geniale imprenditore sudafricano
(ottobre 2017)
È una battuta secca, a suo modo geniale: “Sogno di morire su Marte. Ma non per un incidente di atterraggio”. Elon Musk è uno degli imprenditori più interessanti degli ultimi anni: paragonato a Steve Jobs ma anche ad Henry Ford e ad Howard Huges nonché all’immancabile (nella retorica d’impresa d’oltreoceano) Thomas Edison, è un sudafricano naturalizzato negli States (ma prima era diventato anche cittadino canadese) che è riuscito a innovare in modo travolgente in quattro mercati diversi: la finanza digitale, che oggi chiameremmo fintech, con PayPal; nell’auto elettrica con Tesla; nel settore dei vettori spaziali con SpaceX; e nella produzione di batterie elettriche con SolarCity. Senza contare treni sotto vuoto pneumatico e autostrade sotterranee.
Infanzia traumatica (vittima di episodi di bullismo), laurea in fisica, vita totalmente dedicata al lavoro con ritmi impossibili, tre divorzi, una cospicua ricchezza e il sogno profondo, considerato una fantasia impossibile dai soliti benpensanti: portare l’uomo su Marte. «È il destino dell’umanità: tornare fra le stelle. E poi abbiamo distrutto le risorse di questo pianeta: ci potremo salvare solo ricominciando da zero da un’altra parte».
Un pazzo? Un sognatore? Un apprendista stregone o un abile venditore di fumo, anzi di “olio di serpente”, come si diceva una volta nel vecchio West degli imbroglioni che turlopinavano i contadini delle grandi praterie vendendo acqua sporca dai presunti poteri lenitivi e balsamici oltre che curativi?
Ashlee Vance è un giornalista economico di Businessweek (oggi parte del gruppo Bloomberg) nato in Sudafrica come Musk ma cresciuto negli Usa. Ha appena compiuto quarant’anni, tre dei quali spesi a seguire passo passo Elon Musk. «Dopo aver scritto una storia di copertina per Businessweek sull’imprenditore sudafricano – mi spiega – ho capito che era un ottimo soggetto per un libro: la storia di questo straordinario e discusso personaggio».
Il libro esce adesso in Italia da Hoepli: Elon Musk: Tesla, SpaceX e la sfida per un futuro fantastico. È stato un lavoro facile? Vance ride cordialmente, come farà per tutta l’intervista: «Mica tanto. A cominciare dal fatto che Musk non voleva essere intervistato da me e mi ha chiuso l’accesso alle sue aziende».
E come ha fatto?
Ho girato per un anno intervistando duecento persone che lo hanno conosciuto o hanno lavorato con lui. A quel punto Musk ha capito che facevo sul serio e ho avuto accesso, per un totale di cinquanta ore, a uno dei più fenomenali imprenditori che abbia mai conosciuto. E poi ho fatto altre cento interviste a suoi dipendenti e collaboratori.
Il frutto di questo lavoro è un libro che è stato definito “fondamentale” per conoscere la traiettoria di Musk. Chi è l’imprenditore sudafricano?
Penso sia una domanda davvero difficile. Sennò non ci avrei scritto un libro sopra. Ci sono parti di lui che sono da showman, altre che sono un po’ troppo pop. Ma crede davvero nella tecnologia e le cose che fa sono vere. Nei primi anni era più difficile crederci, soprattutto perché è sempre stato al limite, cercando di acchiappare il finanziamento un attimo prima che una delle sue aziende fallisse. Ma è uno che ce la fa, che la porta a casa per così dire. E dal 2012 ha cominciato sistematicamente a realizzare quel che aveva promesso per anni.
Perché proprio Musk?
Pensavo che fosse una presa in giro, uno scherzo. Non un vero imprenditore. Nel 2012, quando c’è stata la svolta, ho capito che invece stava veramente mantenendo quel che aveva detto: il suo vettore arriva alla Stazione spaziale internazionale, le sue automobili cominciano ad essere prodotte e sono incredibili, SolarCity diventa un progetto pubblico. Insomma, è il momento che ha attirato la mia attenzione al punto da scrivere una cover story su Businesweek per poter fare una ricognizione e capire meglio cosa stava succedendo.
Cosa stava succedendo?
Musk ha saputo raccogliere e motivare migliaia di persone che lavorano per lui. E per lavorare intendo che moltissimi fanno ore e ore di straordinari per arrivare a dare vita a una serie di sogni: costruire razzi per andare su Marte, costruire automobili e batterie elettriche per non inquinare più, o almeno inquinare molto meno.
SpaceX in particolare è stata una vera sorpresa per tutti, no?
Certamente. Per me la cosa straordinaria è stato scoprire che nel cuore di Los Angeles c’è una fabbrica enorme che produce razzi facendo lavorare migliaia di persone giorno e notte: una incredibile energia che appena entri nella struttura ti si appiccica addosso e non si stacca più.
La prima mossa nel mondo dell’imprenditoria è stata PayPal: cosa voleva fare Musk?
I suoi piani erano veramente molto ambiziosi, ma il momento storico era sbagliato. Oggi sembra una storia lontanissima, ma prima che venisse comperato da eBay quello era un piano estremamente ambizioso. Musk voleva fare la prima internet bank per i suoi clienti con carte di credito, soldi, investimenti. Era il momento in cui tutti erano nervosi per la crisi della Silicon Valley, era il momento sbagliato e nonostante questo ha costruito un colosso dei pagamenti online sicuri. Poi, si è allargato dalla finanza al settore automotive, al settore aerospaziale e a quello dell’energia
Musk ha fondato e porta avanti anche altre aziende “minori”, come OpenAI e Neuralink, oltre a Hyperloop e altro. Ma come fa una persona sola, un imprenditore che vale secondo Forbes quassi 21 miliardi di dollari, a fare così tante cose?
Vive in un mondo in cui molta gente non vorrebbe vivere: dorme quasi ogni notte in una città diversa. Tra Los Angeles dove c’è SpaceX e i suoi figli e Tesla, nel nord della California, e altri posti dove deve a dare per i motivi più diversi. Lavora sostanzialmente sette giorni alla settimana. C’è un prezzo da pagare: tre divorzi, i bambini che non vede molto spesso. La difficoltà a mantenere le relazioni con gli amici. Sono stati per alcuni giorni assieme a lui, con riunioni che vanno avanti fino a mezzanotte, andando a casa devastato come se avesse corso una maratona, ma la mattina dopo è ricaricato e riparte come un razzo. E questo nonostante risponda alle mie email e a quelle degli altri fino alle due-tre di notte.
È il prototipo dell’imprenditore americano, l’incarnazione di un modello che è diventato l’archetipo del capitalismo industriale in tutto il pianeta?
È molto difficile trovare qualcuno che abbia fatto così tanto, ma tutto quel che ha fatto è diverso dalle attività dei suoi “colleghi” grandi imprenditori. Ford, Jobs, alla fine avevano costruito aziende super-solide. Invece, le attività di Musk sono sempre sull’orlo della bancarotta, sempre a fortissimo rischio. A differenza degli altri è sempre vicino all’orlo. Anche se oggi, a dire il vero, le cose stanno andando sempre meglio.
Ha sfruttato le possibilità del mercato?
Ha cambiato il mercato. Ha creato un modello di sviluppo per il mercato spaziale che prima non esisteva. Ha completamente trasformato dal di fuori il mercato automobilistico, uno dei più grandi, ricchi e immobili mercati del pianeta, portando la rivoluzione in casa dei giganti dell’automotive che infatti adesso sono stati costretti ad abbracciare la via dell’auto elettrica. Qualunque cosa faccia, la pensa come una rivoluzione.
Marte? È una cosa vera o è solo marketing?
Metà della gente pensa che la sua idea di andare su Marte sia uno scherzo, una mezza truffa e non gli crede. Ma l’altra metà ci crede ed è profondamente ispirata da questa idea: è un’idea per chi ama il pianeta Terra e l’umanità, per chi ama sognare, per chi vuole fare qualcosa di gigantesco nella propria vita. Ci pensi: se uno è bravo a scrivere codice perché spendere la propria vita facendo app inutili per lo smartphone? Sognare il viaggio su Marte è tutta un’altra cosa. E per lui andare sul pianeta rosso, terraformarlo e colonizzarlo è veramente la sua ambizione della vita.
Quali sono i lati oscuri di Elon Musk?
Ce ne sono vari. Elon per la strada è carino e simpatico. Alle volte molto carino e molto simpatico. Ma lavorarci è parecchio difficile: è uno di quei boss incredibilmente duri, che pretendono moltissimo. Le riunioni con lui sono durissime: chiude immediatamente quelle inutili, vuole fatti e vuole incontri in cui ci siano dei risultati, anche negativi ma si deve andare avanti. Urla alla gente. Si aspetta che chi lavora per lui lo faccia con la sua stessa passione. E siccome c’è gente che non vuole vivere come lui, c’è un notevole turnover. Ma ci sono anche quelli che sono motivati e spingono come matti, magari solo per alcuni anni ma ci mettono l’anima.
Ma pensa davvero di voler fare del bene all’umanità anziché diventare semplicemente ricco e potente?
Questa è una domanda esistenziale, alla base dell’etica stessa della Silicon Valley. Molti vogliono solo ricchezza, potere e belle donne. Altri bevono il loro stesso kool-aid, la loro stessa medicina, e cominciano a crederci ma in realtà quello che hanno creato è solo marketing e dollari, non migliora la vita di nessun cliente. E poi ci sono quelli che hanno progettato un piano pensato esplicitamente per migliorare la vita della gente e farci anche dei soldi. Musk appartiene a questa categoria e molti suoi dipendenti ci credono fermamente. Altrimenti non tollererebbero lo stile di vita che lavorare intensamente per Musk richiede.
È un tipo di imprenditore americano o il suo modello è esportabile anche negli altri paesi?
È difficile rispondere. Le sue aziende sono un po’ di tutti i tipi. SpaceX è una classica azienda americana, pensata per lavorare e ragionare con il governo federale e il settore aerospaziale nostrano, battendolo al suo gioco certamente, ma sempre e solo negli Usa. Ha legami con la Nasa e i militari, ovviamente. Invece, Tesla è un’azienda internazionale, che vende i suoi modelli di auto ovunque, senza problemi di nazionalità.
E lui?
Musk è figlio della sua infanzia, che racconto nel dettaglio. Bambino diverso, picchiato a sangue sino a farlo svenire dai compagni bulli in un Sudafrica tutto sport, mascolino, bianco, razzista. Anche suo padre, con cui viveva vicino a Pretoria dopo il divorzio dei suoi genitori, lo ha picchiato. È cresciuto solo, senza amici. Questo ha avuto un impatto enorme nella sua vita e adesso si comporta seguendo l’idea fondamentale di correggere i torti subiti e dare un’altra chance a tutto il mondo.
Alla fine del suo libro, lo considera un esempio da seguire, una lezione utile per tutti?
Da una parte no, perché è stato torturato da bambino e se vuoi davvero essere come lui, se vuoi trovare quelle risorse di energia e di volontà che lui impiega tutti i giorni devi aver passato quel che ha passato lui. Vivere una vita senza famiglia, senza mai rilassarsi.
E in positivo?
È il metodo: si focalizza su due o tre cose importanti e dà la priorità solo a quelle. Ha imparato a dire di no a migliaia di cose per riuscire a fare solo quelle che sono davvero in cima alla sua scala delle priorità. È l’unico modo e alla fine, mi ha detto, paradossalmente hai anche un sacco di tempo per pensare e devi difenderlo con le unghie e con i denti. Questa è la cosa che invece manca alla maggior parte degli imprenditori: sono travolti dalle cose urgenti e non hanno tempo per quelle importanti, tra le quali pensare è forse la più importante di tutte.
(pubblicato a ottobre 2017)