Il Dragone Rosso - Parte Seconda
La lunga marcia della Cina contro gli standard proprietari dell'Occidente per emancipare il proprio enorme mercato
L'Hotel Marriot a Pechino ha le spine elettriche americane: due lame piatte e parallele, e tensione a 110-120 volt. Il Radisson, invece, è di stile europeo: 220 volt con spina a lame tondeggianti, identiche a quelle usate in Italia. Quando Marco Polo, da una cella della Repubblica genovese, dettò a Rustichello da Pisa i resoconti dei suoi viaggi attraverso l'Oriente e la Cina, le grandi catene alberghiere non esistevano ancora e la parola "standard" non aveva alcun significato. Poco più settecento anni dopo, è una delle chiavi con le quali la Repubblica popolare cinese vuole chiudere i lucchetti dei suoi cancelli e terminare la propria dipendenza dall'Occidente. È una necessità strategica ma anche un aspetto raramente raccontato della guerra degli standard, cioè il conflitto per imporre punti fisso nelle tecnologie adoperate da miliardi di consumatori.
Dal 1997 l'Accademia delle scienze di Pechino studia con determinazione il funzionamento di Linux, il sistema operativo gratuito e, soprattutto, modificabile sin nelle sue fondamenta. Al contrario, Windows - che Microsoft ha reso disponibile a partire dalle prime versioni - in Cina è percepito come un rischio: l'azienda fondata da Bill Gates è americana, il codice di Windows è segreto e il rischio di lasciare un asset fondamentale per la difesa come il sistema operativo sul quale funzionano i computer governativi e delle aziende chiave in mano agli "yankee" è un'opzione che i cinesi temono molto. Ci sono invece almeno quindici distribuzioni di Linux localizzate per il mercato cinese, come Co-CreateLinux, portato avanti da OpenDesktop.net, comunità tutta cinese. Altre invece vengono sviluppate in segreto negli istituti specializzati.
La Cina ha idee ben chiare su come costruire i suoi standard in molti settori. Dal 2000 ad oggi sono alcune centinaia di migliaia i giovani che si sono formati nelle università americane od europee. Quelle cinesi non hanno niente da invidiare, ma negli Usa c'è anche l'opportunità di lavorare nei laboratori universitari che contribuiscono alla definizione degli standard. Molti di questi, come l'IEEE, l'istituto degli ingegneri che definisce quali tecnologie ed algoritmi utilizzare ad esempio per la codifica della musica oppure per la trasmissione dei dati senza fili con il Wi-Fi, svolgono un ruolo chiave nell'industria elettronica.
Perché pagare le royalties e i diritti di proprietà intellettuali a paesi stranieri?
Non ci sono solo motivi militari a spingere la Cina verso l'autonomia degli standard. Per esempio, la distribuzione mondiale di film in formato Dvd è limitata da una codifica in regioni che separa i mercati occidentali e anche quelli orientali. L'Italia appartiene all'area due in cui vi sono anche gli altri stati europei, gli Usa all'area uno e la Cina all'area sei, separata dal resto dell'Asia e dell'Africa o del Sud-Est asiatico. Stesso criterio verrà utilizzato per la prossima generazione di lettori Dvd ad alta capacità. Per liberarsi da questo legaccio, la Cina sta portando avanti due tecnologie competitive con Blu-Ray di Sony e Dvd-Hd di Toshiba.
Un altro settore in cui gli standard separati potrebbero chiudere le porte di un mercato enorme, da 1,3 miliardi di persone, è quello dei software. Lo sviluppo dell'economia cinese la renderà entro dieci anni il primo paese al mondo per consumo di tecnologie informatiche: perché pagare le royalties e i diritti di proprietà intellettuali a paesi stranieri? I primi passi sono già stati fatti: gli ingegneri che si sono formati all'estero sono tornati e insegnano nelle università cinesi, i macchinari ad alta tecnologia sono stati dislocati dai fenomeni di esternalizzazione della produzione in Cina e anche la ricerca e sviluppo si sta trasferendo alla corte dei moderni Kublai Kahn rossi. Marco Polo non poteva raccontare a Rustichello da Pisa quel che l'Oriente avrebbe voluto dall'Occidente: conoscenza e standard proprietari, per emancipare i propri enormi mercati.
(pubblicato venerdì 12 maggio 2006)